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Bitcoin schizzerà di nuovo in alto per 4 motivi fondamentali

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Di Matteo Oddi

Non ci sono dubbi che nel 2018 l’euforia che circonda il bitcoin stia continuando a diffondersi e che le oscillazioni del prezzo della criptovaluta più famosa del mondo siano diventate un tema più o meno ricorrente anche al di fuori dei media specializzati.

Eppure è sotto gli occhi di tutti come, dopo aver superato i 20.000 dollari circa un mese, fa il bitcoin non abbia più saputo registrare impulsi rialzisti capaci di puntare nuovamente ai suoi massimi storici; e men che meno superarli.

Anzi, proprio in questo periodo l’indice di dominanza del bitcoin (ovvero la quota di mercato del BTC all’interno del mercato delle criptovalute) ha toccato un nuovo record negativo al 32,45%, evento che alcuni hanno letto come il chiaro segnale di un eventuale e inesorabile sorpasso ad opera di altcoin come Ripple o Ethereum.

Tralasciando le previsioni entusiastiche come quelle di Saxo Bank, i cui analisti ritengono che un bitcoin arriverà a valere 100.000 dollari entro nove anni, ritengo invece possibile individuare almeno quattro ragioni fondamentali che dovrebbero spingere il prezzo della criptovaluta ben oltre l’all time high di dicembre.

La scarsità

Il codice sorgente del bitcoin è caratterizzato da un tetto massimo di token che possono essere emessi: 21 milioni. Quel limite è già stato raggiunto all’80%, in quanto oggi Coinmarketcap calcola a 16,8 milioni il numero di monete virtuali attualmente in circolazione.

A questo si aggiunge che il mining (la procedura con cui vengono “estratti” nuovi bitcoin) è diventato nel tempo più difficile e costoso, senza contare il giro di vite annunciato in Cina, sede delle più importanti mining farm al mondo anche per via dei bassi costi dell’energia, attraverso una serie di provvedimenti che limiteranno pesantemente questo settore con serie conseguenze di breve termine sul lato offerta.

Vi è poi un altro elemento, spesso sottovalutato, che contribuisce in maniera significativa alla scarsità del bitcoin: lo smarrimento delle chiavi private. Infatti, secondo uno studio pubblicato a novembre da Chainalysis, un numero compreso tra il 17% e il 23% dei bitcoin in circolazione è andato perso in via definitiva.

La FOMO

La paura di essere tagliati fuori (detta FOMO, che sta per Fear Of Missing Out) ha rivestito un ruolo da protagonista nella corsa al bitcoin e alle criptovalute, soprattutto negli ultimi mesi.

La forte domanda da parte degli investitori che vogliono entrare in questo mercato è testimoniata da interviste come quella rilasciata recentemente a Bloomberg dall’amministratore delegato di Binance, un’exchange di Hong Kong, in cui si è appreso che la piattaforma è stata capace di aggiungere 240.000 milioni di nuovi iscritti in un’ora.

Ma al momento Binance resta un caso isolato rispetto al gran numero di siti che per via di problemi tecnici hanno temporaneamente limitato se non addirittura chiuso la creazione di nuovi account.

In questa situazione appare pacifico prevedere che al progressivo ripristino dei normali servizi sui maggiori exchange si accompagnerà un nuovo boom di investimenti e influsso di denaro che riguarderà tutto l’universo delle criptovalute, bitcoin compreso.

Gli investitori istituzionali

A dicembre il debutto dei futures sul bitcoin presso i listini di Cboe e CME ha segnato il primo vero e proprio punto di contatto tra la criptovaluta e i mercati regolamentati. Non a caso questo evento è stato probabilmente la forza trainante della scalata del bitcoin a quota 20.000 dollari.

Entro i primi sei mesi del 2018 anche Nasdaq e Tokyo Financial Exchange dovrebbero lanciare i loro contratti derivati sul bitcoin, mentre diverse società hanno fatto richiesta alla SEC, l’organo di controllo dei mercati finanziari Usa, di approvare degli Etf basati sul bitcoin. Inoltre la banca d’affari Goldman Sachs è pronta ad abilitare il trading di criptovalute per i clienti accreditati entro la fine di giugno.

«La direzione del trend è chiara: si prepara una maggiore esposizione del bitcoin ai grossi investitori istituzionali» come dichiarato da Anatoliy Kniazev di Exante.

L’adozione nei paesi in via di sviluppo

Il bitcoin ha incontrato enorme successo in paesi dove le valute locali sono state colpite duramente dall’inflazione e i cittadini hanno perso la fiducia nei loro governanti, come nel caso del Venezuela o dello Zimbabwe, nazione nella quale il bitcoin viene scambiato a un prezzo maggiorato di almeno il 30% rispetto al resto del mondo.

Secondo un recente rapporto di Goldman Sachs, economie in crisi come le precedenti potrebbero addirittura fare gettare le basi per dei casi di sostituzione delle valute tradizionali ad opera di criptovalute come il bitcoin.