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Bill Gross e Jeff Gundlach: shortate Bund. Sell off continuano, da flash crash

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ROMA (WSI) – Il sell off che ha colpito alla vigilia il mercato del reddito fisso dell’Eurozona non è stato una semplice parentesi. Anche oggi proseguono le vendite, che continuano a prendere di mira soprattutto i Bund tedeschi. Le vendite hanno portato i tassi sui Bund decennali a superare anche la soglia dello 0,30%, dopo che ieri i rendimenti sono raddoppiati, nell’arco di una sola sessione, balzando da 14 a oltre 29 punti base. Si è trattato del rally più forte dal gennaio del 2013.

Il volume dei contratti futures sul Bund è volato a 1.099.253, al massimo dallo scorso 5 marzo. In crescita anche i tassi sui BTP e Bonos a 10 anni, che oscillano rispettivamente attorno all’1,51% e 1,53%, dopo aver segnato balzi del’ordine di 12-13 punti base alla vigilia.

Si può parlare di inversione del trend? Sicuramente, il mercato del reddito fisso dell’Eurozona sta iniziando a stancare. Stando a quanto riporta Bloomberg, “gli investitori hanno dato un segnale molto chiaro sul fatto che stanno perdendo la pazienza, con i rendimenti dei bond dell’area che si attestano ai minimi record” e che sono spesso negativi.

La fuga dal reddito fisso ha fatto tra le sue vittime soprattutto i Bund tedeschi, tra gli asset rifugio per eccellenza. Scontati anche i risultati dell’asta tedesca, che non è andata a buon fine, dal momento che la domanda è stata di 3,649 miliardi di euro, inferiore al target di 4 miliardi fissato: è la prima volta, dallo scorso 21 gennaio, che un’asta avente per oggetto bond tedeschi con scadenza a cinque anni non raggiunge il target. E, tecnicamente, è la terza emissione di bond, in Germania, che è risultata non coperta quest’anno, stando ai dati di Bloomberg.

Le vendite stanno colpendo però anche altri bond sovrani dell’Eurozona, tanto che il valore complessivo del mercato del reddito fisso dell’Eurozona – stando al Bank of America Merrill Lynch’s Euro Government Index – è sceso di ben 55 miliardi di euro, a 5,844 trilioni, soltanto nella giornata di ieri, al minimo dallo scorso 30 marzo.

Intervistato da Bloomberg, Steven Wieting, responsabile strategist globale degli investimenti, a New York, presso la divisione di private bank di Citigroup, ha affermato: “Non ci sono ragioni per accettare rendimenti negativi”.

Wieting ha comunicato a tal proposito che Citigroup, ieri, ha tagliato l’esposizione verso i Bund tedeschi, a favore dei Treasuries Usa, su bond con scadenza tra i cinque e i sette anni.

Occhio tra l’altro, alla possibilità concreta che l’inflazione in Eurozona rialzi la testa, dopo la pubblicazione del dato relativo all’offerta di moneta M3 da parte della Bce, che ha messo in evidenza un rialzo, su base annua, +4,1% nei primi tre mesi dell’anno, al ritmo maggiore dal 2009.

Ancora, il tasso di inflazione in Germania ha accelerato il passo ad aprile dallo 0,1% di marzo allo 0,3%. I timorihanno così contribuito agli smobilizzi, dal momento che l’inflazione riduce il valore degli interessi sui bond. E oggi sono arrivati anche i numeri sull’ inflazione dell’Eurozona, che ha segnato una ripresa – con il tasso salito a zero – ponendo fine a un periodo di deflazione tecnica durato quattro mesi (anche se gli analisti invitano alla cautela, nel cantare vittoria sulla presunta fine della deflazione).

Sulle vendite scatenate sui BUnd hanno poi inciso sicuramente i consigli arrivati prima da Bill Gross e successivamente da Jeff Gunlach, il titano dei Bond di DoubleLine Capital: entrambi hanno suggerito di shortare i titoli di stato tedeschi. Anche Yngve Slyngstad, amministratore delegato del fondo sovrano di gestione patrimoniale della Norvegia, numero uno al mondo e del valore di $900 miliardi, sta scommettendo sul fatto che i recenti guadagni dei bond non dureraranno.

Nello spiegare il trend delle ultime sessioni dei Bund tedeschi Christoph Rieger, responsabile del mercato del reddito fisso di Commerzbank, ha parlato di “cascata di eventi” e di fattori dietro al sell off, come: “l’offerta di bond e l’inflazione più alta in Germania e nell’Eurozona; i rischi ribassisti messi in rilievo dalla Fed; la politica monetaria accomodante su base globale, che alimenta le aspettative di inflazione”.

Si parla di “ampi volumi di scambio sul mercato dei futures, con la presenza di operazioni di stop loss e pochi dealer che mostrano l’intenzione di voler stare dall’altra parte, così come è avvenuto nel flash crash dei Treasuries Usa, lo scorso 15 ottobre”. (Lna)

Fonte: Bloomberg

Fonte: Bloomberg

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