Società

Banchieri centrali ammettono: “QE non funziona”

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NEW YORK (WSI) – A credere negli effetti positivi del Quantitative Easing è solo la numero del Fondo Monetario Internazionale, intervenuta da Davos dove in questi giorni sono riuniti 2500 leader economici e politici.

Per la maggior parte dei banchieri centrali e per una serie di economisti che prima lo appoggiavano, il piano di acquisto di titoli di Stato non serve all’economia reale e anzie avvantaggia in grandi player del mondo finanziario, aiutando a creare ineguaglianze.

L’ex numero uno della Bank of England – Mervyn King – ha detto che un ulteriore piano di QE non farà bene all’economia reale. Gli fa eco Alan Greenspan, l’ex governatore della Federal Reserve che di programmi straordinari di allentamento simili ne ha visti ben tre. “Non ha aiutato l’economia”, dice il banchiere di lungo corso.

Anche Liam Halligan, l’inventore della frase Quantitative Easing, concorda. Molti accademici ed economisti di punta della Federal Reserve e architetti del piano QE giapponese avvertono che il programma può provocare deflazione e danneggiare l’economia sul lungo termine

Gli Stati Uniti per esempio hanno avuto il piano di stimolo maggiore che la storia ricordi, ma non hanno ancora risolto il problema della domanda debole. L’idea di fondo che dopo sei anni gli stimoli monetari debbano ancora essere la risposta ai problemi dell’economia reale sembrerebbe sbagliata.

Ieri William White – l’economista che preventivò la crisi del 2008 con largo anticipo, ha criticato aspramente il piano, dicendo che è “destinato a fallire” e che rischia di aggravare i problemi dell’area euro.

White, a capo della Commissione di Revisione dell’Ocse, è stato chief economist di BIS (la banca centrale delle banche centrali). Per lui la guerra al QE rischia di mandare il sistema finanziario fuori controllo.

Gli economisti osservano inoltre come un QE così strutturato, che sarà peraltro lanciato nei termini voluti dalla Germania, non fa che aiutare i ricchi e penalizzare i più ‘deboli’.

Alcuni si spingono a dire che il programma di allentamento monetario aumenta le ineguaglianze, un fenomeno che non fa bene all’economia. Un funzionario della Federal Reserve ha definito il QE Usa il “maggiore piano di salvataggio indiretto di Wall Street di tutti i tempi”.
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E il consulente speciale del premier Shinzo Abe, Koichi Hamada, colui che si può definire il padrino delle politiche monetarie lasse del Giappone, ammette che è come “uno schema Ponzi“, dando ragione de facto al noto investitore svizzero Marc Faber.

In particolare adesso che i mercati hanno grandi attese per la riunione odierna della Be, come ha sintetizzato Larry Summers, ex Segretario di Stato Usa, anche lui ospite nelle montagne svizzere a Davos per il World Economi Forum, “l’Europa non può permettersi di non avere un QE”.

Il programma è necessario per scongiurare la deflazione a breve termine, ma “non è sufficiente”. Draghi sembra determinato ad adottare un piano di acquisto di titoli di stato che allargherà il bilancio della Banca centrale di Francoforte di almeno 500 miliardi e forse più di mille, ma dovrà scendere a compromessi con la Germania.

Gli insider scommettono su un piano da 500 miliardi di euro come minimo. Una cifra inferiore equivarrebbe a una ‘sconfitta’ per i rialzisti e l’euro si indebolirà. La Bce vuole portare il suo bilancio a 3 trilioni dai 2,2 attuali.

È dall’anno scorso che ha avviato una sorta di QE, ma il programma non prevede lo shopping di titoli governativi, bensì solo asset privati come covred bond e Abs.

Va ricordato, tuttavia, che un piano di Quantitative Easing in un’Unione Monetaria non è un’unica entità federale, bensì rappresenta 19 stati separati tra loro con livelli di debito pubblico e qualità del credito differenti. Si va dalla tripla A della Germania alla spazzatura della Grecia.

La mutualizzazione del debito e dunque delle perdite sarà la chiave. Probabilmente, se la Bundesbank l’avrà vinta, ogni banca centrale nazionale sarà responsabile dei bond che acquista dal proprio governo e dovrà assorbire da sola eventuali perdite provocate da questi titoli.

Un’altra clausola che verrà inserita proprio per far fronte al nodo Grecia è che il debito giudicato non sicuro (non ‘investment grade’ per intenderci, e in questo caso entrerebbe in gioco anche il Portogallo) venga comprato solo se il paese sta rispettando o si è impegnato a rispettare i termini del programma di sostegno esterno.

Fonti:

The Telegraph

The Telegraph

Bbc

Washington’s Blog

Washington’s Blog