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Banche italiane in caduta libera: cosa sta succedendo

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In attesa dell’avvio del primo tentativo di colloqui tra Russia e Ucraina (atteso oggi alle 14 italiane) per cercare di metter fine alle ostilità, le borse europee continuano a viaggiare in territorio negativo, con le banche che  pagano il prezzo più salato dalle vendite.
Tra i titoli milanesi a maggiore capitalizzazione, sono in profondo rosso le banche, con UniCredit giù dell’11% e Intesa Sanpaolo del 6,3%. I due istituti di credito – emerge dalle tabelle della Bri, la ‘banca centrale delle banche centrali’ con sede a Basilea – sono fra i più esposti, assieme a quelli francesi, verso la Russia con 25,3 miliardi dollari ai quali vanno aggiunte altre esposizioni potenziali come i quasi 6 miliardi di garanzie.

Allarme per la Sberbank Europe

A pesare sul settore, anche l’allarme lanciato dalla Banca Centrale Europea sulla situazione finanziaria di Sberbank Europe, controllata europea della banca russa Sberbank, e sulle altre due sussidiarie sotto la sua sorveglianza, in Croazia e Slovenia, affermando che “sono in una situazione di dissesto o rischiano di fallire a causa del deterioramento della loro situazione di liquidità”.

La banca austriaca Sberbank – ricorda l’Istituto di Francoforte – è interamente controllata dalla Sberbank of Russia, il cui azionista di maggioranza è la Federazione Russa (50% più un’azione con diritto di voto). Sberbank Europe ha filiali anche in Bosnia ed Erzegovina, Repubblica Ceca, Ungheria e Serbia.
La BCE ha dunque preso atto che la banca non sarà in grado di pagare i propri debiti o altre passività alla scadenza, avendo registrato notevoli deflussi di depositi a causa delle tensioni geopolitiche. Ciò ha comportato un deterioramento della posizione di liquidità delle controllate europee di Sberbank e, realisticamente, non ci sono misure disponibili per ripristinare questa posizione a livello di gruppo e in ciascuna delle filiali.
I depositanti al dettaglio – ricorda la BCE – sono protetti fino all’importo di a 100.000 euro grazie ai sistemi di garanzia dei depositi in essere in Austria, Croazia e Slovenia.

Sullo sfondo, il blocco selettivo dello Swift

Sullo sfondo il forte inasprimento delle sanzioni economico-finanziarie nei confronti della Russia, tra cui il blocco selettivo dal circuito interbancario Swift, e lo spettro nucleare agitato da Vladimir Putin.

Tra le misure più dure e incisive prese per fermare le mire espansionistiche di Putin c’è anche il blocco delle riserve detenute dalla Banca Centrale Russa al di fuori del paese. Secondo gli ultimi dati disponibili la Banca Centrale Russa dispone di 640 miliardi di dollari di riserve: il 32% sono in euro, il 16% in dollari Usa, il 7% in sterline, il 13% in yuan e il restante 22% in oro. E’ probabile che le riserve in valuta siano sui conti della stessa banca centrale a Londra, New York, Francoforte e Vienna: il blocco ne impedisce l’utilizzo per difendere il rublo sui mercati valutari e fornire liquidità al sistema bancario.

Nel fine settimana USA ed UE hanno, inoltre , annunciato quella che è stata definita dal Ministro delle Finanze francese “l’arma nucleare finanziaria”, ovvero l’esclusione “mirata” dal sistema internazionale dei pagamenti SWIFT di alcune banche russe (mirata in quanto si cerca di evitare uno shock energetico in Europa). In ogni caso l’esclusione dallo SWIFT porterà inevitabilmente a mancati pagamenti e al blocco di parte del flusso di beni, servizi e materie prime, con un’inflazione che, verosimilmente, sarà più elevata e più a lungo di quanto atteso.

Per tutta risposta Putin ha ordinato di mettere in stato di massima allerta le forze armate nucleari, mentre stamattina la Banca centrale russa ha aumentato il tasso di interesse di riferimento al 20% (dal 9,5%), introdotto la vendita obbligatoria per gli esportatori dell’80% dei ricavi in valuta forte e vietato ai broker di eseguire gli ordini di vendita dei titoli da parte di stranieri.

FED e BCE: cambiano i piano

Con l’invasione russa dell’Ucraina, si modificano anche le previsioni sulle politiche monetarie. In particolare, crollano le possibilità che la Federal Reserve decida di alzare i tassi d’interesse a marzo di 50 punti base. Come emerge dal Cme FedWatch Tool, per i trader c’e’ ora il 91% delle possibilita’ che la Fed decida di alzarli solo di 25 punti base. Stessa musica per la BCE, che potrebbe rinviare il rialzo dei tassi.

A questo proposito, il membro del consiglio direttivo Bce, Robert Holzmann, in un’intervista a Bloomberg, hai spiegatoL

“E’ chiaro che ci stiamo muovendo verso la normalizzazione della politica monetaria – ha detto – E’ possibile, tuttavia, che ora la velocita’ sia leggermente ritardata”.

I governatori avevano deciso nel corso dell’ultima riunione di rimandare al meeting di marzo eventuali decisioni circa le prossime mosse di politica monetaria che potrebbero prevedere una fine degli acquisti netti prima di ottobre.

“L’incertezza e’ indubbiamente aumentata a causa degli sviluppi in Ucraina – ha spiegato – Analizzeremo attentamente quanto fortemente sara’ influenzata l’economia”.