Economia

Acqua non è più bene pubblico. Il blitz del PD di Renzi

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ROMA (WSI) – L’acqua non è più un bene pubblico. Un’altra novità del governo Renzi, che è diventata ufficiale con l’approvazione, da parte della commissione Ambiente della Camera e con il parere favorevole di relatore e governo, dell’emendamento del Pd, che apre alla gestione dell’acqua da parte dei privati.

Tale emendamento, relativo alla proposta di legge che ha recepito l’esito del referendum sull’acqua pubblica di cinque anni fa, ha proposto – e ottenuto – la soppressione dell’articolo 6 del testo, secondo cui il servizio idrico integrato quale servizio pubblico locale è privo di rilevanza economica. Di conseguenza, la proposta di legge stabiliva l’affidamento esclusivo a enti di diritto pubblico e vietava l’acquisizione di quote azionarie di società di gestione del servizio idrico integrato.

E invece ora i privati, grazie all’approvazione dell’emendamento del Pd e con il consenso del governo, potranno gestire i servizi idrici. A dispetto di quei 26 milioni di ‘Sì’ del referendum del 12 e del 13 giugno del 2011, quando il 54% degli elettori bocciò qualsiasi forma di privatizzazione dell’acqua.

M5S e Sinistra italiana hanno lasciato i lavori della Commissione per protesta e ritirato le proprie firme dalla proposta di legge. Così la deputata del M5S Federica Daga, che ha protestato davanti a Montecitorio, insieme ad altri membri della Commissione e ai comitati per l’acqua pubblica.

“Hanno fatto carta straccia di un testo che era arrivato in Parlamento con 400.000 firme nel 2007 e carta straccia del risultato referendario del 2011. Usciamo dalla commissione dopo la votazione della soppressione dell’articolo 6, il cuore della legge, e dopo che sono state abrogate altre parti fondamentali del testo. Se la votassero da soli, ritiriamo le firme”.

Nel blog di Grillo, la condanna è ferma:

“Il Pd ha affossato la legge popolare sull’acqua pubblica e calpesta la volontà di 27 milioni di italiani. La maggioranza ha votato a favore dell’emendamento del deputato piddino Borghi che cancella l’articolo che prevede che l’acqua sia pubblica, che la gestione dell’acqua sia pubblica e che le infrastrutture dei servizi idrici siano pubbliche”.

Ancora:

“Durante la votazione in Commissione ci siamo fatti sentire con interventi duri, ma non è bastato a fermare il Pd dal fare gli interessi della lobby. Così la nostra prima firmataria della legge, Federica Daga, ha ritirato la sua firma e insieme a lei tutto il M5S. Non vogliamo avallare con le nostre firme un simile scempio della volontà popolare! Il 29 Marzo la legge arriverà in aula alla Camera. Non possiamo consentire che la volontà dei cittadini venga tradita, quindi presenteremo i nostri emendamenti e una nuova proposta di legge. Seguiteci, fate sentire la vostra pressione per la nostra acqua pubblica e contro quelle potentissime società per azioni che ci stanno assetando usando le bollette come bancomat.Il Pd sta con loro. Il M5S sta con i cittadini”.

Il PD la vede diversamente: “nessuna privatizzazione”

Il PD tuttavia non ci sta, e per bocca di Chiara Braga, deputata e responsabile ambiente della segreteria del Pd, afferma:

“Non c’è nessuna privatizzazione, né svendita di un bene comune. Alla demagogia dei 5 stelle, replichiamo con risposte chiare e trasparenti ai cittadini. L’acqua è un diritto umano universale e il nostro interesse è che sia garantito un servizio di qualità per tutti gli italiani; che ci sia un uso responsabile e sostenibile della risorsa idrica; che venga data stabilità al settore e che siano create le condizioni perché si facciano gli investimenti necessari. Gli emendamenti che il PD ha presentato, e che stiamo approvando in queste ore, vanno proprio in questa direzione, nel rispetto delle indicazioni che arrivano dall’Unione europea, delle pronunce della Corte Costituzionale, dando per certo il controllo e la partecipazione pubblica alla gestione, senza stravolgere in alcun modo l’esito del referendum del 2011. Questo controllo viene invece affidato all’Autorità per l’energia e l’acqua, che rispetto a un ministero garantisce più autonomia e qualità dei servizi, come dimostrano anche le recenti sanzioni che la stessa autorità ha comminato ad alcune aziende di servizi, tutelando servizi e tariffe”.

Ma la dichiarazione è stonata: Renzi lavora da tempo al progetto

Una dichiarazione che tuttavia appare stonata. Come ha riportato di recente un articolo del Fatto Quotidiano:

“Nella pratica, Renzi lavora contro il referendum fin dallo “Sblocca Italia” del 2014, che indica l’obiettivo della sua azione nella concentrazione dei servizi pubblici locali nelle mani di poche grandi multi-utility capaci di competere all’estero. A livello normativo, tra l’altro, la cosa viene incentivata grazie alla previsione che “gestore unico” (obbligatorio per ogni ambito territoriale) divenga chi ha già in mano il servizio “per almeno il 25 % della popolazione” (ridono A2A, Iren, Hera, Acea, etc). Si passa poi alla Legge di Stabilità che incentiva i Comuni a privatizzare i servizi pubblici a rete (acqua inclusa) attraverso sconti sul Patto di Stabilità interno. Ora un decreto attuativo della riforma Madia della P.A. – oltre a spingere sulle solite fusioni in poche grandi realtà – cancella anche l’altro referendum, quello sulla tariffa: si dovrà tener conto della “adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato”.