In Edicola

Il futuro del credito alle imprese è Fintech

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Questo articolo è tratto dall’edizione di luglio-agosto del magazine Wall Street Italia, che si può sfogliare in anteprima gratuitamente e scaricare comodamente al seguente link.

Di Sergio Zocchi

Il settore del credito alle piccole e medie imprese sta vivendo una fase di grande mutamento a seguito della crisi finanziaria globale e dell’introduzione di coefficienti patrimoniali più severi con l’entrata in vigore della direttiva Basilea 3. Le Pmi sono il cuore delle economie europee: secondo le stime di Eurostat rappresentano più del 99% del totale delle imprese comunitarie, impiegano più del 66% della forza lavoro e, in molti casi, sono il maggior driver di innovazione.

Oggi, le maggiori difficoltà incontrate dalle imprese di minori dimensioni nel perseguire opportunità di sviluppo sono quelle legate all’accesso alle fonti di finanziamento per cui le banche rappresentano ancora, nella maggior parte dei casi, l’unico canale di approvvigionamento. Si tratta di criticità sistemiche destinate a durare ancora a lungo aprendo la strada a canali innovativi (come il Fintech) che vanno a intercettare quella specifica domanda di finanziamento non soddisfatta dai canali tradizionali.

La finanza alternativa si declina in molteplici forme (tra cui P2P lending, invoice trading e crowd-funding) e, pur rimanendo un fenomeno ristretto se confrontato con il settore bancario, negli ultimi dieci anni è cresciuta in maniera esponenziale. Come evidenziato dalla ricerca “Sustaining Momentum” condotta dal Cambridge Centre for Alternative Finance dell’università di Cambridge e pubblicata lo scorso mese di settembre, la Cina rappresenta il mercato più grande al mondo (100 miliardi di dollari), seguito dagli Stati Uniti (34 miliardi di dollari) e dal Regno Unito (2 miliardi di dollari), mentre l’Europa continentale rimane ancora un mercato largamente inesplorato, alle prese con un quadro regolamentare che presenta molte specificità locali.

I dati del mercato italiano

Nel 2015, il mercato italiano della finanza alternativa e Fintech ha raccolto un totale di 32 milioni di euro, con un tasso di crescita rispetto all’anno precedente del 287%, il più elevato tra i Paesi europei. Ciononostante, il volume complessivo è ancora ridotto con una quota di mercato del 3% rispetto al resto dell’Europa (Regno Unito escluso), così come limitato è il valore pro capite (0,52 euro) che ci posiziona al 19° posto rispetto alle 32 economie analizzate dal rapporto.

Per quanto riguarda nello specifico il P2P lending alle imprese, dall’inizio dell’attività a maggio 2017 le piattaforme online italiane hanno erogato 12 milioni di euro.

Non solo negli Stati Uniti e nel Regno Unito, ma anche in Germania e in Francia il P2P lending sta ormai emergendo come una nuova asset class per gli investitori istituzionali in un’ottica di diversificazione del portafoglio. Si tratta, infatti, di Paesi che sono in grado di generare volumi significativi potendo così vantare un track record importante.

I vantaggi del finanziamento P2P

Cosa trova di diverso un’azienda che si rivolge per un finanziamento a piattaforme di P2P lending rispetto al canale bancario? La velocità e la semplicità del processo di erogazione del credito, in controtendenza rispetto ai tempi e alla complessità delle procedure normalmente richieste dal canale bancario.

La richiesta di finanziamento viene fatta tipicamente online e il flusso di informazioni tra la piattaforma e l’impresa passa prevalentemente in rete. Non vengono richieste garanzie personali o assicurative visto che i fondi non pro- vengono dal capitale dell’istituto di credito ma vengono raccolti dagli investitori che “prestano” i propri risparmi a fronte di un rendimento atteso proporzionato al livello di rischio del singolo progetto.

Oggi il direct lending rappresenta una modalità per trasferire risorse finanziarie direttamente all’economia reale, così come i Piani individuali di risparmio (Pir) introdotti dalla Legge di Bilancio 2017. Un portafoglio Pir è un “contenitore” composto da diversi strumenti finanziari prevalentemente di equity e debito diretti alle imprese. Deve essere investito per almeno il 70% in titoli quotati o non, azioni o obbligazioni, di società quotate o non, con stabile organizzazione italiana.

L’impatto reale dei Pir sull’economia del nostro Paese è attualmente limitato dalla tipologia di strumenti che possono essere ammessi in base alla normativa in vigore. Le Pmi italiane, infatti, tipicamente si finanziano tramite forme differenti di debito. È quindi auspicabile allargare quanto più possibile la tipologia di strumenti finanziari ammessi ai Pir per attingere maggiormente al serbatoio di liquidità delle famiglie italiane.