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YARDENI: «WALL STREET, FINALE
A TUTTO TORO»

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(WSI) –
Alla fine la Borsa statunitense ce l’ha fatta: nuovo record di tutti i tempi, con il re degli indici azionari, il Dow Jones, che scavalca la soglia psicologica di 12mila punti e trascina tutti i listini. E per il futuro? La tendenza rimane favorevole sia al di qua che al di là dell’Atlantico. Intanto perché è alle porte il famoso semestre d’oro, quello che va da novembre ad aprile, che di solito è connotato da forti apprezzamenti in risposta al buon andamento della raccolta dei fondi. Ad esempio, dal 1987 ad oggi, la Borsa europea è stata negativa solo in due occasioni: dal novembre 2000 all’aprile 2001, e dal novembre 2002 all’aprile 2003, ossia in piena mattanza dei titoli high-tech. Poi c’è stato un caso di performance nulla a cavallo fra il 1994 e il 1995. Negli altri 15 casi il ritorno è stato sempre positivo. In media, nei 6 mesi in esame, gli investitori hanno portato a casa il 9 per cento. Non male.

IL FRONTE AMERICA. Il superguru di Wall Street Ed Yardeni che per la fine del 2007 l’indice S&P500 è in grado di toccare i 1.600 punti, con un balzo del 17% rispetto al livello corrente. La tesi d’investimento? A sentire lo stratega di Oak Associates, «una crescita discreta, tassi d’interesse stabili e una leggera espansione dei multipli spingeranno le quotazioni verso massimi inesplorati».

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Il fulcro sul quale Yardeni poggia il suo ottimismo è la risoluzione di una serie di problemi e minacce pendenti. «Dal 2001 – dice – il prezzo del petrolio è salito di 8 volte. Ciò ha messo le ali alle aspettative d’inflazione. La Federal Reserve si è trovata costretta ad alzare i tassi d’interesse, facendo pesare un’ipoteca sul settore immobiliare. Ora siamo sul punto di assistere a un’inversione del processo storico – prosegue – il greggio è arretrato a 60 dollari al barile, la politica monetaria vive una fase di stabilizzazione, e l’edilizia ha forse già superato il punto di massima vulnerabilità. Con minori apprensioni, la Borsa può decollare». Nella previsione di Yardeni, il peso dell’oro nero è determinante.

Sessanta dollari al barile è un prezzo caro, ma tutto sommato accettabile e congruo con un mercato azionario al rialzo. Il picco di 80 dollari, invece, recava in sé eccessi dovuti a un apice di acquisti speculativi. Basti dire che, secondo il New York Times, esistono almeno 450 hedge fund che si accapigliano ogni giorno sui prodotti energetici. «Per parecchi mesi – conclude Yardeni – la tendenza del petrolio sarà quella di una tenuta all’interno della fascia tra 55 e 65 dollari al barile».

E QUELLO EUROPEO. Nei primi 11 mesi del 2006, i listini del Vecchio Continente hanno portato a casa guadagni nell’ordine del 13-15%, includendo i dividendi. Cio’ nonostante, rischi di crolli non se ne vedono. Le valutazioni sono tuttora in linea con i fondamentali: mentre il grafico delle azioni segue una parabola ascendente, gli utili aumentano a un tasso di pari entità. In più «le condizioni di liquidità supportano le Borse», come spiega Kevin Gardiner, numero uno delle strategie per il colosso bancario Hsbc. «La massa monetaria è elevata – dice – l’attività di fusioni e acquisizioni sperimenta un forte dinamismo sotto l’impulso del basso costo del denaro e della robustezza dei bilanci. Tanto è vero che le scalate vengono pagate pronta cassa o ricorrendo al debito, e non attraverso operazioni carta contro carta com’è spesso avvenuto in passato».

Insomma, il buon momento delle piazze finanziarie europee prosegue. «L’unico rammarico è che il pubblico dei risparmiatori, dopo essersi dissanguato nella bolla della new economy, non ha invece affatto partecipato alla ripresa degli ultimi 4 anni, come indica il flusso di riscatti dei fondi – conclude Gardiner – Se la marea dovesse cambiare, il tradizionale risparmio delle famiglie potrebbe fornire un ulteriore tonico a una Borsa che già gode di ottima salute».

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