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WORLDCOM FRENA I NUOVI INGRESSI IN BORSA

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Le offerte “iniziali” pubbliche di pacchetti azionari in borsa (IPO) hanno subito un duro colpo anche dalla vicenda WorldCom.

La Platinum Underwriters Holding (assicurazioni), che doveva fare la sua IPO di 920 milioni di dollari, l’ha rinviata a nuova data. Analogo rinvio per la Medco Health Solution della farmaceutica Merck.

La quotazione di CIT, il ramo finanziario di Tyco International, conglomerata in difficoltà, non può essere dilazionata ma raccoglierà se va bene 3,5 miliardi di dollari rispetto ai 5 attesi. In Europa, Prada è costretta a sospendere la sua quotazione per la terza volta.

Senza IPO il mercato azionario si incartapecorisce, si inaridisce un canale di finanziamento prezioso per la crescita delle imprese. Le critiche che, sulla base di vicende come Enron e WorldCom, si fanno ora al modello finanziario americano, sono però fuori luogo.

Nei modelli renani o giapponesi, in cui non vi è democrazia finanziaria, manca il ricambio di energie e il marcio si macina in famiglia con effetti peggiori.

Il fatto è che gli analisti finanziari, anziché fornire informazioni complete dei vari indicatori di performance delle imprese, guardavano al semplice rapporto fra utili prima delle imposte, degli interessi passivi e degli ammortamenti (Ebitda), e capitale investito.

Ma il modello dell’economia aperta degli Usa e i suoi vantaggi non si riassume nell’Ebitda. Neanche quando è esposto senza trucchi.


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