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WALL ST: FUTURES, NASDAQ PROVA A RISOLLEVARSI

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A mezz’ora dall’apertura delle contrattazioni a New York i futures sembrano intraprendere due vie opposte. Da un lato i futures relativi agli indici S&P 500 e Dow che stanno accentuando le perdite, dall’altro i contratti a termine del Nasdaq che cerca di risalire la china.

Un segno, quest’ultimo, che potrebbe correlarsi
alla revisione delle stime di crescita per il 2001 da parte di Juniper Networks (JNPR – Nasdaq), uno dei ‘big’ nel campo delle infrastrutture di rete.

Sul fronte opposto, non sembra avere effetti rilevanti il risultato trimestrale del gigante dei servizi finanziari Citigroup (C – Nyse). La societa’ ha chiuso i primi tre mesi dell’anno con un utile netto pari a 71 centesimi per azione, inferiore ai 76 centesimi per titolo dello stesso periodo del 2000. Il risultato e’ comunque superiore alle ipotesi degli analisti di Wall Street.

Le borse di New York erano chiuse venerdì ma sono aperte oggi.

Alle 15:00 (le 9:00 ora di New York) il contratto future sull’indice S&P 500 e’ in calo di 5,20 punti (-0,44%).

Il contratto sull’indice Nasdaq e’ in ribasso di 29,00 punti (-1,68%).

Il contratto sull’indice Dow Jones e’ in discesa di 55 punti (-0,54%).

Sul mercato obbligazionario, l’ultima emissione del titolo del Tesoro USA a 10 anni fa registrare prezzi a $988,1 e rendimenti al 5,15%.

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Sul fronte macroeconomico la giornata odierna non offre dati di particolare rilievo, ma la settimana si presenta ricca di appuntamenti.

Dopo i segnali contrastanti giunti giovedi’ scorso, con la frenata dei prezzi alla produzione a cui ha fatto da contraltare una nuova flessione della fiducia dei consumatori, tra martedi’ e venerdi’, gli investitori riceveranno ulteriori indicazioni per capire qual e’ realmente lo stato di salute dell’economia americana e quali potranno essere le prossime mosse della Federal Reserve in materia di politica monetaria.

“I dati in calendario questa settimana – commenta Ken Mayland, presidente di ClearView Economics – dovrebbero dare una spinta al mercato”.

Martedi’ alle 15.15 (le 9.15 a New York) sara’ pubblicato il dato sulla produzione industriale in marzo. Gli analisti di Wall Street prevedono una contrazione della produzione pari allo 0,1%. Se cosi’ fosse, si tratterebbe della migliore performance dell’industria USA degli ultimi sei mesi. Sia in gennaio che in febbraio, la produzione industriale americana era calata dello 0,6%.

“Il dato sulla produzione industriale e’ il piu’ importante di tutto il mese – continua Mayland – ma non credo che, indipendentemente dal quadro che emergera’, assisteremo ad un intervento della Fed prima della riunione del FOMC del prossimo 15 maggio”.

(Il FOMC, Federal Open Market Committee, e’ l’organo della banca centrale americana che decide in materia di politica monetaria, ndr).

Gli economisti sono divisi sui modi e i tempi di una possibile ripresa dell’attivita’ manifatturiera. Secondo David Greenlaw di Morgan Stanley Dean Witter “la crescita registrata nel settore automobilistico potrebbe essere sufficiente per spingere la produzione industriale sopra lo 0,4% in marzo”.

Opposto il parere di Joe Abate di Lehman Brothers, che anzi prevede una flessione dell’attivita’ manifatturiera in marzo dello 0,5%. Secondo Abate, nonostante la produzione di auto si sia confermata in ripresa, quella dei beni non durevoli continua invece ad essere debole. Per questo motivo l’economista di Lehman Bros indica una ripresa della produzione industriale solo a partire nella seconda parte del 2001, ma con una crescita limitata allo 0,5%, a causa della stagnazione degli investimenti delle imprese.

Martedi’ sara’ un giorno importante anche sul fronte dei prezzi. Alle 8.30 (le 14.30 a New York) il dato sui prezzi al consumo (CPI) potrebbe confermare le indicazioni positive giunte nella giornata di giovedi’ dall’indice dei prezzi alla produzione.

L’indice dei prezzi al consumo, secondo le attese degli economisti di Wall Street, dovrebbe crescere dello 0,1% in marzo, con una variazione positiva del ‘core index’ (l’indice depurato delle componenti volatili come trasporti e energia) pari allo 0,2%. Una crescita che porterebbe l’inflazione su base annua al 3%.

Secondo Mayland una riduzione dell’inflazione al 3% avrebbe un effetto positivo sui mercati. “In un contesto di bassa inflazione – aggiunge l’economista – il rapporto prezzo utili delle societa’ e’ infatti solito crescere”.

In calendario per questa settimana anche anche la rilevazione mensile sulla vendita di case nuove (sempre alle 8.30 di martedi’), la bilancia commerciale in febbraio, il Superindice sempre relativo a febbraio, l’indice della Fed di Philadelphia e il saldo di bilancio federale di marzo, entrambi riferiti al mese di marzo.