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VUOI BATTERE L’INDICE? COMPRA GLI SCARTI DELLO S&P

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L’indice S&P nelle sue versioni: small-cap, mid-cap e large-cap e’ l’indicatore maggiormente seguito dai gestori dei fondi che guardano agli Stati Uniti come mercato finanziario di riferimento. Tuttavia gli investitori che, attraverso una gestione attiva, volessero provare a battere questo benchmark (parametro di riferimento), farebbero meglio a comprare le azioni che vengono eliminate dall’indice.

Questi sono i risultati di una ricerca condotta da Jon Markman, Managing editor di MSN MoneyCentral. I titoli esclusi dai tre indici, per motivi non inerenti a cambiamenti di assetto societario, hanno ottenuto una performance media del 42,3% mentre, quelli aggiunti hanno perso il 2,4%.

Esiste un fondamento logico per questo risultato? Vediamo innanzitutto qualche dato e come vengono selezionate le azioni che formano l’indice dello S&P.

Gli indici sono sostanzialmente tre: lo S&P500 (large-cap) che ha una capitalizzazione di circa 10.400 miliardi di dollari, lo S&P400 (mid-cap) con una capitalizzazione di 816 miliardi di dollari e lo S&P600 (small-cap) che capitalizza “solo” 354 miliardi di dollari.

Il patrimonio investito prendendo come punto di riferimento questi indici e’, rispettivamente di: 1.000 miliardi di dollari per lo S&P500, 25 milardi di dollari per lo S&P400 e 8 miliardi di dollari per lo S&P600.

I criteri utilizzati dallo Standard & Poor’s Index Committee per selezionare le azioni da includere negli indici, non seguono delle regole fisse ma sono informati a cinque linee guida:

  1. analisi delle contrattazioni: il titolo deve essere adeguatamente trattato
  2. assetto proprietario: per poter replicare l’indice, gli investitori hanno bisogno di societa’ che offrano una buona quantita’ di titoli, e’ necessario quindi che il flottante sia sufficiente allo scopo
  3. analisi fondamentale: le societa’ devono mostrare un utile netto positivo escluse le componenti straordinarie, il criterio tuttavia puo’ essere derogato
  4. capitalizzazione di mercato: con una capitalizzazione tra i 300 e i 400 milioni di dollari le azioni vengono incluse nello S&P600, dai 400 milioni al miliardo le azioni passano allo S&P400 mentre oltre questo limite vengono incluse nello S&P500; anche questo criterio viene interpretato in maniera soggettiva
  5. capacita’ di rappresentanza: il comitato cerca di mantenere il peso dei singoli settori inclusi nell’indice, in linea con quello del mercato in generale

La selezione parte da un data base di 10.000 azioni dalle quali vengono esclusi automaticamente:

  • i titoli di societa’ che hanno il loro core business e il comando delle operazioni al di fuori degli USA
  • i certificati rappresentativi di azioni e certificati immobiliari
  • i titoli che sono stati oggetto di IPO negli ultimi sei mesi per lo S&P400 e lo S&P600 e quelli oggetto di IPO negli ultimi dodici mesi per lo S&P500

Al di la’ delle regole utilizzate dal Comitato dello S&P, il giudizio di fondo sul suo operato e’ abbastanza chiaro. Il processo di selezione e il criterio di soggettivita’ utilizzato e’ tale che per quanto riguarda le azioni da includere nell’indice, vengono avvantaggiate le societa’ che godono dei favori del mercato e che hanno un buon tasso di crescita.

Quando per qualche motivo, il favore del mercato viene a mancare, i fondi che seguono lo S&P cominciano a vendere l’azione. Il fondamento logico della ricerca condotta da Jon Markman quindi e’ che al momento dell’uscita dall’indice, i venditori del titolo hanno finito di operare. Acquistando le azioni proprio in quel momento, gli investitori possono sfruttare, con buona probabilita’, un generoso rimbalzo.

A conferma di quanto scoperto da Mr. Markman, la storia dei tre titoli piu’ noti esclusi dallo S&P500 nel corso dell’anno: Enron (ENE – Nyse), Global (GX – Nyse) e Broadvision (BVSN – Nasdaq). La loro performance dal momento in cui sono stati esclusi dall’indice e’ stata rispettivamente del +108%, +239,5% e +147,3%.

Ovviamente non tutti i titoli sono stati cosi’ generosi con gli investitori. Tuttavia confrontando i titoli esclusi dall’indice S&P500 nei primi undici mesi dell’anno con quelli che li hanno rimpiazzati, la performance e’ stata del +70,3% contro –1,9%. Un risultato che autorizza a rivedere sotto un altra luce quelli che investono “contro” il mercato.

Francesco Leone e’ analista di Wall Street Italia