Asia, il motore della crescita globale

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Articolo di Mariano Rocchi, consulente patrimoniale di Acquapendente (Lazio)

Il sorpasso ci sarà e avverrà molto prima di quanto si potesse prevedere: la Cina diventerà la prima economia del mondo scalzando gli Stati Uniti. Qualche anno fa si immaginava che questa “rivoluzione” si sarebbe innescata nel 2036, ma gli sviluppi degli ultimi periodi e, non da ultimo, la pandemia di Covid-19, hanno anticipato, e di molto, questo trend: il traguardo asiatico, spiegano gli analisti, sarà tagliato nel 2023.

Non c’è da sorprendersi, se si guardano i numeri cinesi: il peso della Cina sul Pil mondiale è in costante crescita da vent’anni a questa parte. Fermo al 4,3% nel 2003, l’anno dell’epidemia di Sars, è salito al 7,2% nel 2008, l’anno orribile della crisi dei subprime che ha messo in ginocchio tutte le economie occidentali, per impennarsi al 14,7% nel 2015 e attestandosi, nel 2020, quasi al 16%. Se si guarda al futuro, poi, in un orizzonte temporale che punta lo sguardo al 2024, la Cina guiderà la crescita mondiale con un’incidenza del 28%, contro l’11% degli Stati Uniti o, per rendere meglio l’idea, del 2% dell’Italia. Anche la corsa dell’India, con il suo 15%, è tutt’altro che da sottovalutare.

Perché la Cina sta accelerando in questo modo? Basta osservarla con attenzione: dal 2011 al 2020 la Cina ha visto crescere la sua popolazione del 6%, con un incremento del reddito medio del 251%. Dati incredibili che vanno a braccetto con un numero forse ancora più sorprendente: -34% di emissioni. Ciò significa che il paese che emette più CO2 al mondo, sta viaggiando a grande velocità, attraverso un piano strategico nazionale, verso un modello economico più sostenibile. È quella di cui sentiamo molto parlare oggi, la cosiddetta transizione ecologica, che si sta compiendo proprio in uno dei paesi più inquinati e inquinanti del pianeta.

E poi c’è la fotografia della sua popolazione: in Cina ci sono 380 milioni di millennials, tutti potenziali consumatori. Si tratta di giovani generazioni che, essendo ancora indietro con i consumi rispetto ai loro coetanei americani, ad esempio, ora stanno spingendo per recuperare.

E insieme alla crescita del reddito che abbiamo visto, questo fattore aumenta i consumi in maniera esponenziale: i giovani cinesi acquistano soprattutto beni di lusso e lo fanno prevalentemente sulle piattaforme di e-commerce, utilizzando i loro device e affidandosi all’influenza dei social network. Non solo, acquistano molti prodotti locali, con le grandi aziende cinesi che perciò acquistano valore sui mercati internazionali.

La pandemia di coronavirus, inoltre, non sta frenando, anzi, questo vantaggio sui paesi occidentali: la Cina, anche per quanto riguarda ad esempio i piani vaccinali che sono l’unica condizione per uscire da questa crisi, sta rispondendo in maniera molto decisionista e tempestiva all’emergenza. Insomma, in un simile contesto, la Cina ma anche altri paesi emergenti come l’India, non possono che crescere meglio dei paesi già sviluppati. È per questo che ormai è evidente a tutti come la locomotiva della ripresa globale per i prossimi venti o trent’anni sarà l’economia asiatica.

E questo come può incidere sugli investimenti di un risparmiatore italiano? Alla luce di questi cambiamenti macro-economici, è bene scommettere sull’economia cinese. In particolare, sarà sempre più importante investire da un lato su tutto ciò che riguarda i consumi cinesi, dall’altro su tutte quelle aziende e società che puntano, nelle loro politiche economiche e industriali, a diminuire drasticamente le emissioni di anidride carbonica. Meglio farlo, poi, con piani di acquisto programmati per abbassare la volatilità. Green e consumer, in sintesi, sono le due parole d’ordine per farsi guidare negli investimenti dei prossimi anni.