Quanto prenderò di pensione? Una simulazione

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di Domenico Martino, consulente finanziario di Milano

Quanto andrò in pensione e a quanto ammonterà il mio assegno? Sono domande ricorrenti che mi vengono rivolte dai miei clienti. La previdenza sta diventando, per gli italiani, sempre più un punto centrale nelle scelte di pianificazione finanziaria, ma visto l’ampio orizzonte temporale, i risparmiatori si chiedono quale sia la strategia più idonea.  È sufficiente accumulare un capitale su un conto corrente deposito o utilizzare degli appositi piani? 

La domanda non ha una risposta univoca, in quanto vi sono diversi fattori di cui tener conto, come l’aspettativa di vita, l’età in cui si inizia a programmare, il tenore di vita, le disponibilità finanziarie, le spese programmate, il tasso di crescita del reddito. Inoltre, c’è da considerare la possibilità di ulteriori modifiche alla normativa previdenziale, laddove lo Stato italiano a causa della nota e crescente pressione sul debito pubblico, non è più in grado di erogare un assegno pensionistico adeguato al tenore di vita delle persone. Le nuove pensioni, a causa delle continue riforme, non saranno più così ricche come quelle dei nostri nonni.  Nonostante queste variabili è comunque possibile costruire dei modelli che soddisfino le richieste dei clienti risparmiatori. 

 

Dal gap previdenziale al potere di spesa

Tali modelli devono tener conto del Gap Previdenziale, del Potere di Spesa e del Rischio Longevità. Ma andiamo con ordine.

La differenza tra l’ultimo reddito da lavoro e l’assegno previdenziale è nota come Gap Previdenziale, che può anche superare il 50%. Se, ad esempio, il sig. Mario durante la sua fase lavorativa guadagnava 100 mila euro annui, nella fase pensionistica percepirà 50 mila euro annui. La conseguenza immediata del Gap Previdenziale è, dunque, la riduzione continua del potere di spesa.

Con questi numeri i neopensionati, che non programmano la costruzione della rendita, hanno davanti a sé due scelte, che presentano, ognuna, delle criticità. 

Nel primo caso, il neopensionato sceglierà di ridurre il proprio tenore di vita in modo netto, adeguandolo al nuovo reddito percepito, ma ciò potrebbe risultare problematico. Vi potrebbero essere delle spese programmate, una situazione familiare particolare o semplicemente la difficoltà di rinunciare ad un certo stile di vita.
Nella seconda ipotesi, manterrà lo stesso tenore di vita precedente alla pensione, erodendo i propri risparmi.  Il questo caso è probabile che i risparmi accantonati no siano sufficienti per tutti gli anni a venire (
Rischio Longevità).

L’obiettivo della costruzione della Previdenza è di tendere all’annullamento, o quanto meno alla minimizzazione, del gap previdenziale e del rischio longevità, al fine di preservare il potere di spesa per tutta la fase post-lavorativa.  

Un modo per preservare il Potere di Spesa è l’utilizzo di un contratto di Rendita, nota nel mercato anglosassone come Annuity. La Rendita è un contratto assicurativo con il quale l’assicuratore si obbliga, a una certa scadenza e a fronte dei premi versati, ad erogare un ammontare minimo certo e rivalutabile. Facendo un esempio, la sig.ra Lucrezia s’impegna a versare 100 mila euro all’anno per 20 anni e, a scadenza, la compagnia di assicurazione le corrisponderà in modo certo almeno 80 mila euro annui per tutta la vita.

Per chiarire la fattispecie facciamo un esempio con l’utilizzo di un caso reale avente le seguenti caratteristiche: il sig. Luigi ha 61 anni ed è un dirigente d’azienda, sposato con Romina. Il suo risparmio ammonta a 1 milione di euro e, attraverso i calcoli dell’INPS e del suo tenore di vita, è stato stimato che, nel momento in cui smetterà di lavorare a 71 anni, avrà un Gap Previdenziale di circa 60 mila euro. Per permettere al sig. Luigi di continuare a mantenere il suo tenore di vita sono state formulate due ipotesi, la prima in cui si decide di non costruire una rendita e la seconda in cui si decide di costruirla.

Prima ipotesi

Il sig. Luigi non sottoscrivendo un contratto di Rendita investe, durante i suoi ultimi 10 anni lavorativi, il capitale in una gestione che gli consentirà di ricevere un flusso cedolare del 2% netto annuo. Quando cesserà l’attività lavorativa attingerà i circa 60 mila euro di Gap Previdenziale dal capitale investito rivalutato, chiamato tecnicamente montante. 

L’evidenza riportata nel Grafico 1 mostra che fino a 71 anni sia il capitale investito che il potere di spesa crescono in modo simile. Quando il sig. Luigi termina la sua attività lavorativa, invece, attinge dai propri risparmi rivalutati per colmare il suo Gap Previdenziale. Per tale motivo il capitale rivalutato comincia a diminuire di anno in anno, fino ad arrivare a 95 anni quando termina, diventando negativo. Se il sig. Luigi vive per più di 95 anni, e quindi si presenta il Rischio Longevità, dovrà indebitarsi o farsi sostenere dai suoi familiari più vicini.

 

Seconda ipotesi

Per il sig. Luigi viene pianificato un programma che prevede da un lato di investire il capitale in una gestione, che assicura un flusso cedolare del 2% netto annuo, e dall’altro di sottoscrivere un contratto di Rendita, che prevede il versamento di premi di 100 mila euro all’anno per 10 anni. Ogni anno verranno prelevati dalla linea di gestione i 100 mila euro da versare come premio alla compagnia di assicurazione.

Il Grafico 2 mostra una progressione del potere di spesa esattamente contraria rispetto all’ipotesi precedente e con delle differenze sostanziali. La prima differenza è che il Potere di Spesa, negli ultimi 10 anni di attività lavorativa del sig. Luigi è inferiore al capitale investito rivalutato, in quanto i 100 mila euro annui di premi versati nel contratto di Rendita diventano indisponibili. La seconda differenza è che il capitale si decumula ma non diventa mai negativo, anzi continua a produrre cedole. La terza sostanziale differenza è che, una volta in pensione il sig. Luigi inizia a percepire la rendita e il suo Potere di Spesa aumenta.

 

 

 La costruzione della Rendita elimina sia il Gap Previdenziale che il Rischio Longevità. Il sig. Luigi è in grado di spendere un certo importo fino a 105 anni e oltre. 

Si sottolinea che i due casi riportati non vogliono essere esaustivi ma puramente esemplificativi. Ogni risparmiatore, infatti, ha bisogno di una costruzione personalizzata della previdenza per due motivi: il primo è che ognuno ha una situazione patrimoniale con determinate caratteristiche e specifiche. Il secondo è che il contratto di Rendita è uno strumento sicuramente molto potente ma potrebbe essere non efficiente per tutti. 

Si ricorda che il cliente in questione è un 61 enne con disponibilità economiche sufficienti per costruire la strategia descritta. Altri casi potrebbero aver bisogno di soluzioni completamente differenti. 

L’aspetto fondamentale della costruzione della previdenza è quello di stabilire, insieme al consulente, un programma chiaro e con basi robuste che possono adattarsi a differenti scenari futuri. 

Questo articolo fa parte di una nuova rubrica di Wall Street Italia dedicata ai consulenti finanziari che vogliono raccontare le loro esperienze e iniziative professionali. Se siete interessati a pubblicare una vostra storia scriveteci a: [email protected]


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