Società

UNIONE, ATTENTA
AL BOOMERANG FISCALE

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Il contenuto di questo articolo esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

(WSI) – «Adesso ci vorrebbe
uno scatto di reni da parte di Romano
Prodi. Una scelta coraggiosa.
Il tasto giusto potrebbe essere
quello del taglio delle tasse
ai ceti medi. Ecco, sì: “un impegno
concreto: tagliare le tasse ai
ceti medi”. Sarebbe un claim efficacissimo
a pochi
giorni dal voto. All’insegna
del vecchio
adagio che l’attacco è
sempre la miglior difesa
».

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Arturo Artom,
40 anni, milanese,
presidente di Netsystem
e di Muvis, uno
degli imprenditori
italiani leader nell’innovazione,
già apprezzato relatore, a febbraio,
alla convention prodiana
del Palalottomatica, è un signore
alto e distinto,molto creativo, solitamente
ben fasciato in perfetti
gessati very english style. Il tema
su cui sogna uno scatto dall’Unione,
ovviamente, è quello tagliente
delle tasse e della rimodulazione
delle aliquote sui rendimenti
finanziari che l’opposizione
sta gestendo a dir poco
con grande confusione,esponendosi
a dieci giorni dal voto alla
propaganda della Cdl,che insiste
a dipingere il centrosinistra
come coalizione
“tassatutto”.

«Un incertezza,
non lo nascondo –
spiega Artom al
Riformista – che qui
al nord colpisce molto,
soprattutto in quel
famoso blocco dei
produttori, e nell’immaginario
collettivo del ceto medio». Meglio
metter qualche paletto, allora.
«Per cominciare – attacca Artom
– ricordo che tutta la polemica
di questi giorni nasce dalla
famosa proposta del taglio di
cinque punti del cuneo fiscale
fatta da Prodi. Proposta ottima,
che noi imprenditori abbiamo
molto apprezzato». Anche la rimodulazione
delle aliquote per
il presidente di Netsystem è sacrosanta.

«Ad esempio nella liberalissima
Inghilterra la tassazione
sui capital gain raggiunge
il 40%, anche se poi viene accompagnata
da una serie di detrazioni
fino al 40% sulle perdite
d’impresa». Il punto insomma è
un altro, per Artom. «Quando si
parla di tasse, argomento vischioso
per definizione, si deve
sapere che se non lo si gestisce
mediaticamente in modo perfetto,
senza sbavature, c’è il rischio
che a pochi giorni dal voto diventi
un boomerang». La dimostrazione
la si è avuta in queste
ore: ogni forza politica unionista
non ha resistito alla tentazione
di piegare la proposta a uso interno.
Naturale.

�� «Così, ad esempio, in tema di tassa di successione,
si galleggia tra la proposta di Bertinotti di
tassare i patrimoni sopra i 180mila euro, che in un
paese in cui l’82% dei cittadini è proprietario sarebbe
francamente assurdo, a quella di Bersani,
che fissa l’asticella a 500mila euro, a quella di Prodi,
che dice di voler tassare solo le grandi fortune,
ossia poche centinaia di persone».
Insomma una ridda di voci, un balletto di cifre
deleterio per l’Unione. Per questo Artom
propone una cosa molto semplice: «tirare subito
una riga netta. I segretari di partito si chiudano
in una stanza per un giorno intero e ne escano
sabato con una proposta forte e condivisa sull’intero
pacchetto fiscale: Bot nuovi e già emessi,
rendite finanziarie, tassa di successione, cuneo
fiscale, Irpef e via elencando. Occorre fare chiarezza
fino all’ultimo dettaglio, una volta per tutte
». Utilizzando lo scivolone mediatico di questi
giorni per attaccare, trasformandolo in punto di
forza. «Voglio dire: si stabilisca una volta per tutte
cosa si intende per ricco, sopra quale patrimonio
si è considerati tale, 800 mila, 1 milione di euro…
Ma poi la cifra oltre la quale tassare sia quella.

E si dica chiaramente, con nettezza, che sotto
quella soglia le tasse diminuiranno».
Proprio così dice Artom: diminuiranno. «E
parlo di taglio dell’Irpef sul ceto medio – aggiunge.
«Ben oltre i 7 punti percentuali sui depositi bancari
proposti finora. Sarebbe un claim efficacissimo
e coraggioso. Una proposta se vogliamo rivoluzionaria,
per l’Italia, ma che permetterebbe di dimenticare
il balletto di voci di questi giorni». E di passare
ad altri temi nell’ultima settimana di campagna.

«Perché, vedete, l’Italia non è un paese povero,
è un paese che cresce poco, che è cosa diversa».
A macchia di leopardo: «a fronte di aziende che
chiudono, ce ne sono altre che funzionano benissimo,
fanno profitti e innovazione, e stanno alla
grande sui mercati internazionali.Ecco, bisogna ripartire
da qui, basta retorica sul declino, tra l’altro
un po’ di ripresa economica comincia a vedersi –
ragiona Artom – Torniamo ai messaggi positivi, di
speranza, di fiducia, come in fondo Prodi ha già
fatto nel primo duello tv con Berlusconi.Aiutiamo
le forze produttive, che sono numerose nel paese.

Scommettiamo sul “ritorno alla crescita”, è questo
il messaggio da veicolare nell’ultima settimana di
campagna». Altrimenti succede come in questi
giorni in cui, qui al nord, ha preso a montare una
pericolosa incertezza davanti alla ridda di voci sulle
tasse. «Non sono un sondaggista – conclude Artom
-. Ma a naso è un (brutto) segnale che solo tre
settimane fa non riscontravo proprio».

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