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UN GOVERNO INDEGNO: COLPO DI SPUGNA SUI CRACK FINANZIARI, SALTANO ANCHE PARMALAT E CIRIO

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(WSI) – Una vera e propria depenalizzazione di una gran quantità di reati. E soprattutto un nuovo colpo di spugna su quelli che si classificano come i reati dei colletti bianchi. Una manovra tra l’altro che mette a rischio, forse non nella loro interezza, ma almeno in parte, i principali processi attualmente in corso in Italia.

Se la norma sul ‘processo breve’ sarà approvata dal Parlamento, ci sarà l’estinzione per gran parte dei reati nel processo per i crac Parmalat e Cirio, per le scalate alle banche Antonveneta e Bnl, per corruzione nel processo Eni-Power e poi per i processi Thyssen, Eternit e lo scandalo rifiuti della Regione Campania.

La mannaia del processo breve incombe su molti dibattimenti e di fatto potrebbe rendere impraticabili quelli per reati le cui pene sono inferiori a dieci anni. Sì, perché l’unico modo per sfuggire alla prescrizione, che oggi colpisce già il 10% dei procedimenti, è che il reato commesso dagli imputati non sia tra quelli che debbano essere dibattuti a processo in sei anni (due anni per ogni grado di giudizio), quindi sia tra le eccezioni previste dal disegno di legge, oppure le cui pene superino i dieci anni.

Difficilmente potranno essere perseguiti tutti i reati societari, come il falso in bilancio e il falso in prospetto, quelli tributari, diventati tanto di moda con lo scudo fiscale voluto dal ministro Tremonti, la bancarotta preferenziale, la corruzione, le truffe aggravate, l’appropriazione indebita. Si salvano l’aggiotaggio e l’insider trading perché le pene previste, per una svista – come sottolineano i maligni – del legislatore, superano i dieci anni. Il principale ostacolo alla realizzazione di questi processi sono i tempi ristretti: è quasi impossibile, partendo dalla richiesta di rinvio a giudizio, fissare l’udienza preliminare, svolgerla e fissare poi la prima udienza del dibattimento e concluderlo entro due anni. A volte passano diversi mesi dal rinvio a giudizio alla prima udienza. La richiesta di giudizio per il crac Parmalat è avvenuto a luglio del 2007 e la prima udienza è stata fissata a marzo 2008, ben otto mesi dopo. Il processo a Parma è a rischio proscioglimento e andrà avanti solo per quei reati con pene superiori a dieci anni. Calisto Tanzi andrà certamente a giudizio, ma non chi è stato accusato di bancarotta preferenziale. Lo stesso discorso vale per il processo Cirio, i cui due anni teoricamente previsti per il primo grado sono già trascorsi. Si salverebbero, sempre grazie a pene superiori ai dieci anni, i processi per aggiotaggio: i più noti sono quelli di Milano per le fallite scalate dei furbetti del quartierino ad Antonveneta e Bnl (aperto anche a Roma), quello che vede imputate le banche per Parmalat, tutti comunque sulla soglia della prescrizione se si tenesse conto solo dei due anni per il primo grado di giudizio.

Il processo per i rifiuti in Campania, che vede tra gli imputati il governatore Antonio Bassolino, rischia di essere fortemente ridimensionato. Alcuni reati come la truffa e la corruzione potrebbero cadere uno dopo l’altro. A Torino è in bilico il processo Thyssen, perché concedendo le attenuanti generiche previste a seguito del risarcimento alle vittime, la pena scenderebbe sotto i dieci anni mentre quello contro la Eternit, nonostante il gran numero di parti offese coinvolte, dovrebbe riuscire a vedere il traguardo per via dei reati contestati, tra i quali il disastro doloso. A Milano, verrebbe depotenziato il processo della Santa Rita, la clinica degli orrori: in bilico le accuse per lesioni, mentre andrebbero avanti quelle per omicidio. E poi non vedranno mai la luce tutti quei processi per truffa che spesso avvengono a danno di piccoli risparmiatori e consumatori. Con la beffa che chi si vedrà prescritto il reato potrà tornare a fare quello che faceva prima.

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