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ULIVISTI CONTRO ROMANO: «UNA RESA A BERTINOTTI»

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(WSI) –
Troppe tasse e nessuna riforma coraggiosa. Troppe concessioni ai sindacati, alla sinistra radicale. Il giorno dopo l’approvazione in consiglio dei ministri della Finanziaria il fronte moderato dell’Unione, blairiano e ulivista, alza la voce. Contro una manovra che tradisce, sostengono, tutti i buoni propositi della vigilia. Il lamento, ma anche l’atto di accusa, si è levato innanzitutto da Orvieto dove ieri si è chiuso il convegno annuale di Libertà eguale, associazione che riunisce liberal Ds, esponenti della Margherita e della Rosa nel pugno.

Ad aprire le danze è stato Roberto Villetti (Rnp), denunciando come in questa Finanziaria manchi del tutto «una forte impronta riformista». L’aumento delle tasse? «Un alibi per rimandare riforme che pure erano state indicate nel Dpef». Almeno si fossero aumentati i soldi «per ricerca, istruzione». Invece: di là tasse, di qua tagli. La verità, ammette il senatore diessino Giorgio Tonini, «è che il tasso di riforme strutturali è decisamente meno visibile di quanto ci si augurava». Se resta così, spiega a Libero, si profila «una Finanziaria di mantenimento che non incide sui nodi della spesa».

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Si è detto che è solo un rinvio. «Lo spero, ma resta un campanello d’allarme: se significa rimandare di qualche mese, va bene. Ma se è il segno di una difficoltà riformista nel centrosinistra si pone un problema politico molto serio». Se si è arrivati a questo, infatti, è per le «resiste politiche e sindacali». Leggi Rifondazione, Cgil, Cisl, Uil. Non sempre si può fare quel che si vuole. Ma, come dice Daniele Capezzone , Rnp, «il governo nel Dpef si era impegnato ad agire sulla spesa pubblica».

E ora? «Ci ritroviamo con una manovra che agisce sulle entrate – le tasse – dando l’impressione di colpire imprese e ceto medio». Ma avverte: già in campagna elettorale l’Unione su questi temi è riuscita a «sciupare» 7-8 punti di vantaggio. Sempre da Orvieto boccia la manovra l’imprenditrice Marina Salomon : «La revisione delle aliquote è un cedimento alla sinistra-sinistra. Io ho votato questo governo, ma se la Finanziaria resta questa provocherà gravi danni di consenso nella classe media».

Fa la stessa analisi Lamberto Dini : «Troppe tasse e troppi pochi tagli alla spesa pubblica». Il motivo? Prodi è stato costretto a cedere «ai ministri di sinistra e di estrema sinistra». La controprova, del resto, è la soddisfazione della sinistra radicale. «È meno peggio di quello che temevo», commenta Alfonso Gianni , sottosegretario allo Sviluppo economico del Prc. Ora la battaglia si sposta in Parlamento tra chi, l’ala moderata, vuole modificarla e chi no, l’ala radicale. Prodi già medita la soluzione: un maxiemendamento che contenga tutte le modifiche e su cui porre la fiducia.

IL VINCITORE

Il presidente della Camera Fausto Bertinotti. Anche secondo molti esponenti della maggioranza è lui il vero vincitore di questa Finanziaria. Per Daniele Capezzone, esponente della Rosa nel Pugno, il testo paga proprio le richieste dell’ala più radicale della maggioranza di centrosinistra. E in Aula promette battaglia.

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