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UE PERDE TERRENO SU USA E CINA, ITALIA IN RITARDO

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L’Ue è in affanno nel comparto della ricerca, e fatica a mantenere il ritmo di Usa e Giappone, mentre alle sue spalle si comincia ad intravedere la Cina, che sta facendo passi da gigante. L’Italia è ancora nel gruppetto di ritardatari, ma ha cominciato ad allungare il passo, anche se pesa molto la scarsa tendenza delle sue imprese ad innovare.

E’ questa la fotografia che emerge del maxi-rapporto “Dati-chiave 2005 su scienza, tecnologia e innovazione”, che sarà presentato domani dalla Commissione europea e che l’Ansa é in grado di anticipare. Il rapporto, di oltre ottanta pagine, analizza la situazione europea alla luce dei dati più recenti disponibili, relativi al 2003. Il dato che emerge più chiaramente è la “stagnazione” delle spese per ricerca e sviluppo nell’Ue, che nel 2003 si sono fermate all’1,93% del Prodotto interno lordo (Pil), e che crescono ad un ritmo che rende impossibile centrare l’obiettivo di spesa del 3% del Pil in ricerca entro il 2010.

Anzi, continuando di questo passo l’Ue non solo vedrà aumentare il gap con gli Usa – che hanno speso nel 2003 il 2,59% del Pil – e con il Giappone (3,15%), ma alla data del 2010 si vedrà raggiunta dalla Cina, che nel 2003 ha sborsato l’1,3% del Pil, ma la cui spesa cresce ad un tasso annuo superiore al 10%. Tra gli Stati membri, la Svezia e la Finlandia guidano la classifica dei Paesi che investono di più in innovazione (rispettivamente 4,27% e 3,49% del Pil), mentre, come prevedibile, le ultime posizioni sono occupate sostanzialmente da Paesi che hanno aderito di recente all’Unione (Cipro, Lettonia e Polonia).

L’Italia, con un’intensità di spesa dell’1,16% del Pil, contro una media Ue di 1,93%, supera solo la Spagna, l’Irlanda e la Grecia tra i vecchi Stati membri, e precede i nuovi arrivati, ad eccezione della Slovenia e della Repubblica Ceca. Tuttavia per tasso di crescita delle spese in ricerca e sviluppo si trova in buona posizione: la sua intensità di ricerca cresce del 5,2% l’anno, contro una crescita media Ue del 2,4%. Secondo gli esperti europei, a spiegare il divario di prestazioni tra Ue, Usa e Giappone è soprattutto il diverso apporto delle imprese alla ricerca.

Per Washington e Tokyo, la spesa degli imprenditori in innovazione rappresenta rispettivamente il 2,36% e l’1,78% del Pil, mentre in Europa si scende all’1,23% e, dato ancor più preoccupante, il contributo del settore privato è in diminuzione dal 2000. Si tratta di un problema di particolare rilievo per tutti i nuovi Stati membri e, tra i vecchi 15, soprattutto per Portogallo, Grecia e Italia, Paese in cui la spesa in ricerca e sviluppo delle imprese rappresenta appena lo 0,55% del Pil ed è molto distante dai livelli dei primi della classe (Svezia con il 2,95% e Finlandia con il 2,46%).

I problemi e le lacune dell’Ue si spiegano anche sotto il profilo delle risorse umane. L’Europa, infatti, forma un maggior numero di laureati in discipline scientifiche di Usa e Giappone, ma non è in grado di sfruttare questo potenziale e lascia che buona parte di queste risorse, soprattutto quelle più giovani, vengano attratte da altri Paesi. Nel 2003 nell’Ue c’erano solo 5,4 ricercatori ogni 1.000 occupati, contro i 10,1 del Giappone e i 9,0 degli Usa. Il problema della fuga di cervelli non solo sottrae risorse preziose, ma sta anche determinando un aumento sensibile dell’ età media di ricercatori e scienziati nell’Ue, che si tradurrà in una carenza di personale qualificato ancora più grave nei prossimi anni, dato che nel 2003 il 35% circa dei ricercatori europei aveva tra i 45 e i 64 anni.(ANSA).