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UBS: PER L’IMMOBILIARE USA UNA CRISI DRAMMATICA

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(WSI) – Siamo al terzo ma molto probabilmente non all’ultimo atto della disastrosa avventura di UBS nel mondo dei finanziamenti al mercato immobiliare americano, che per il momento comporta perdite complessive per 37 miliardi di franchi, un nuovo aumento di capitale di 15 miliardi di franchi e le dimissioni di Marcel Ospel, ossia dell’uomo che era di fatto diventato la bandiera dell’istituto nato dalla fusione tra SBS e la vecchia UBS. Le misure annunciate rischiano comunque di non essere sufficienti per mettere la parola fine alle tribolazioni della maggiore banca svizzera. Ma procediamo con ordine.

Le svalutazioni e le perdite di circa 19 miliardi su titoli collegati con il mercato immobiliare americano e su crediti strutturati sono impressionanti, tanto più che si aggiungono ai 18 miliardi di perdite già denunciate l’anno scorso. Se si considera che UBS chiuderà il primo trimestre con una perdita netta attorno ai 12 miliardi, si possono trarre due conclusioni. In primo luogo, anche il bilancio dell’intero 2008 si chiuderà nelle cifre rosse; in secondo luogo il rosso del primo trimestre intacca pesantemente i mezzi propri della banca, che non a caso ha dovuto contemporaneamente annunciare un aumento di capitale di 15 miliardi, la cui urgenza è confermata dal fatto che è già stato interamente sottoscritto da quattro banche (JP Morgan, Morgan Stanley, BNP Paribas e Goldman Sachs). In parole povere, UBS si è trovata nella condizione di non poter aspettare i tempi «relativamente lunghi» della ricapitalizzazione sul mercato e di dovere garantire immediatamente la disponibilità di questi capitali. Ciò è stato fatto dalle quattro banche menzionate, che naturalmente non partecipano gratuitamente all’operazione.

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Questo è il secondo aumento di capitale: il primo, di circa 13 miliardi, era avvenuto l’anno scorso con la sottoscrizione di obbligazioni convertibili obbligatoriamente da parte di un fondo statale di Singapore e da parte di un anonimo investitore arabo. Quindi vi è un’ulteriore diluzione di capitale per gli azionisti UBS, che hanno già visto l’azione scendere sotto i 30 franchi.

Ieri non è stata comunque posta la parola fine a questa vicenda. Il costo complessivo dell’avventura in terra americana, già a tutt’oggi molto elevato, rischia alla fine di risultare ancora più salato. I motivi sono numerosi: ci limitiamo ai più evidenti. Innanzitutto l’esposizione di UBS nei confronti dei titoli legati al mercato immobiliare americano è stata ridotta, ma non azzerata. La stessa banca ha sottolineato che l’esposizione collegata ai mutui subprime è diminuita da 27 miliardi di dollari a 15 miliardi e quella relativa ai mutui Alt-A (quelli a tasso fisso per un periodo iniziale) è stata ridotta da 26 miliardi a 16 miliardi. La banca ha inoltre annunciato che creerà un’unità speciale (una specie di «bad bank»), dove verranno collocati questi titoli con l’obiettivo di ridurre progressivamente l’esposizione dell’istituto.

Le perdite dovute ai titoli collegati con il mercato immobiliare americano sono tuttavia solo una parte delle posizioni a rischio. UBS, come le altre banche attive nell’investment banking, non ha scommesso solo sulla cartolarizzazione dei mutui ipotecari, ma è esposta in numerosi altri campi che oggi la crisi finanziaria ha reso estremamente rischiosi, come le linee di credito agli Hedge Funds, i prodotti strutturati, le assicurazioni sui crediti, i crediti ponte alle operazioni di Private Equity, ecc. L’esposizione sul mercato immobiliare americano è quindi solo una parte, e probabilmente non la più importante, del complesso delle posizioni a rischio. E’ dunque prevedibile che se non ritornerà la calma sui mercati e soprattutto se non verrà superata questa grave crisi finanziaria, da UBS, come dagli altri istituti, proverranno altre sgradite sorprese. E’ dunque di difficile comprensione il rimbalzo registrato ieri dal titolo in borsa. Probabilmente è da leggere come un segnale di sollievo per avere scampato pericoli ancora maggiori.

Questa vicenda ha comunque prodotto anche danni che non possono essere contabilizzati. Il marchio UBS ha indubbiamente subito un pesante danno di immagine sia in Svizzera sia all’estero. Ma forse c’è di più. Le traversie dell’istituto leader a livello mondiale nel settore della gestione patrimoniale hanno molto probabilmente intaccato anche l’immagine di sicurezza dell’intera piazza finanziaria svizzera. Non sorprende che di fronte ad un bilancio così negativo, Marcel Ospel abbia dovuto rassegnare le dimissioni. Sorprende invece che alla guida di un istituto in difficoltà venga proposto un uomo, Peter Kurer, che ha diretto il dipartimento legale e di compliance. Forse è il segno dei tempi. Dopo le spericolate avventure degli «uomini di mercato», occorrono oggi legali in grado di confrontarsi con regole nuove e soprattutto con autorità di sorveglianze destinate ad essere molto più severe. E’ un ulteriore segno che questa crisi è destinata a sancire la fine degli eccessi del sistema finanziario e soprattutto della nuova ingegneria finanziaria.

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