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TREMONTI SVEGLIATI, PER EVITARE L’ARGENTINA

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(WSI) – C’è ampio consenso sulla priorità della crescita attuata con mezzi realistici (efficienza, ordine) e non idealistici (burocratismo, tasse). Venerdì scorso lo si è visto nella convergenza, o nella non troppa divergenza, tra il governo, la Confindustria, l’opposizione e i sindacati. Bene. Ma ora c’è una nuova questione: per fare più crescita saranno sufficienti azioni ordinarie oppure ci vorranno iniziative straordinarie?

Il governo, al momento, ha annunciato solo misure del primo tipo, pur forti, di riparazione pragmatica dell’irrealismo applicato dal centrosinistra dal 1963, peggiorato e incancrenito nei decenni successivi. Misure ordinarie quali la rimozione dei vincoli allo sviluppo, l’inserimento di funzioni verticali di comando in un assetto istituzionale orizzontale, il rientro dagli eccessi di tassazione, la riduzione dei costi energetici eccetera.
Queste politiche certamente aiuteranno il paese a “rialzarsi”e a crescere. Ma difficilmente lo “rilanceranno”.

L’Italia, dai primi anni Novanta, è in stagnazione endemica per motivi strutturali senza modificare i quali non potrà fare un salto espansivo. Le questioni strutturali da affrontare sono: (a) il peso degli interessi annuali sul debito; (b) il fatto che ci sono due Italie e solo una di esse, il Nord, è una società industriale, mentre il resto del paese è a traino; (c) il welfare italiano ha mantenuto l’impianto nazionalsocialista datogli originariamente dal modello fascista/dirigista, aggravato in peggio, nel dopoguerra, dall’assistenzialismo.

La combinazione di questi tre fattori ha creato una crisi competitiva e di modernità del sistema, attutita dalla vitalità del Nord che ha limitato il declino, ma senza riuscire a invertirlo. Per ottenere un vero rilancio sarà inevitabile risolvere i tre problemi. In quale sequenza? Il terzo, il welfare, implica un cambiamento sostanziale di modello che dovrà necessariamente essere graduale per evitare crisi sociali. Quindi, a questo livello, la riforma in grado di sostenere il rilancio del paese sarà lenta e dovrà essere molto finanziata.

L’impulso iniziale alla crescita nel Sud e il suo turbo-potenziamento al Nord implicano detassazioni e investimenti di grande volume. Ma lo spazio è minimo perché la spesa pubblica è rigida (composta per lo più di stipendi) e poco tagliabile. Quindi per finanziare “a catapulta” l’assetto di crescita resta solo la cancellazione di una parte del debito per ridurre il costo annuale degli interessi (settanta miliardi di euro circa) e così liberare nel medio termine uno o due punti di prodotto interno lordo per la stimolazione fiscale. Mossa comunque saggia di fronte al rischio sia di inflazione e di tassi crescenti sia per l’obbligo al pareggio di bilancio entro il 2010 impostoci dall’Unione europea.

In conclusione, per passare dal “rialzo” (aggiustamento e riordino) al “rilancio” (nuovo modello orientato alla crescita) bisogna partire da un’operazione straordinaria sul patrimonio e sul debito. Sveglia.

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