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TREMONTI: «SULL’ECONOMIA, NESSUNO SI ILLUDA»

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(WSI) – Quello più consapevole del fatto che la crisi economico-finanziaria internazionale ha superato il livello di guardia è Giulio Tremonti. Forse è uno dei pochi inquilini del Palazzo a rendersi conto che la nuova variante sta bussando anche alle porta del nostro paese. Nel Transatlantico di Montecitorio il ministro dell’Economia non nasconde per nulla la sua preoccupazione. Del resto è da qualche anno che lui dichiara e scrive che il sistema così com’è rischia di collassare. Nè si scompone quando gli riferiscono che è l’uomo più impopolare – e temuto – della maggioranza visto che, nelle attuali condizioni, sta tenendo stretti i cordoni della borsa nella nuova finanziaria triennale.

«Ma come potrei fare diversamente? – si domanda Tremonti -. Qui nessuno si rende conto di quello che sta succedendo. Aprite le televisioni o andate a leggere le agenzie di stampa. Scoprirete quello che è successo oggi negli Stati Uniti e in Belgio. Siamo di fronte ad una crisi economica profonda. Metà del sistema bancario americano è stato nazionalizzato. Invece da noi c’è gente che ancora non vuole capire la gravità di quello che sta avvenendo. Eppure ho dimostrato di avere una certa capacità di previsione. Chi aveva scritto che si rischiava un nuovo ‘29?».

Le file degli americani agli sportelli bancari per ritirare i risparmi. La decisione dell’amministrazione di Washignton di aiutare se non adirrittura nazionalizzare alcuni istituti di credito al di là dell’Atlantico che stanno scricchiolando – gli ultimi nell’ordine Indymac, Fannie Mae, Freddy Mac – per rassicurare l’opinione pubblica Usa. Le borse di mezzo mondo – e piazza Affari è nel novero – che bruciano da giorni miliardi su miliardi di euro.

C’è uno scenario che non può non suscitare timori. Ma se Tremonti si cala non tanto nei panni della Cassandra quanto in quelli dell’analista oggettivo (rispetto ai suoi gridi di allarme il Governatore di Bankitalia è arrivato molto tempo dopo), c’è chi ancora minimizza e punta sull’ottimismo.

E’ un altro ministro, un altro economista, Renato Brunetta. Per lui tutto è sotto-controllo. «Sì – ammette – io sono più ottimista. Per me la crisi del subprime è limitata. E i fondamentali dell’economia mondiale, a parte il petrolio, vanno bene. Va bene la globalizzazione. Si sta sviluppando il mercato cinese. Semmai c’è un problema di fiducia che bisogna ridare ai cittadini. Ecco perchè bisogna stare attenti a parlare di crisi del ‘29. Sono, invece, d’accordo con Giulio sul fatto che c’è un problema di governance, di trasparenza. Che si è esagerato nei “derivati”, ma questi non sono problemi che possono portarci sull’orlo del precipizio».

Il “realista” che non nasconde il pericolo. L’”ottimista” che interpreta le notizie che rimbalzano dai mercati. In mezzo c’è Silvio Berlusconi, il quale anche se pensa positivo di natura questa volta non fa finta di non vedere i problemi. Anzi. Già ha descritto un futuro a tinte fosche durante la campagna elettorale. E ora pur scommettendo tutto sulla possibilità di raddrizzare le cose, pur lanciando il cuore – come fa sempre – oltre l’ostacolo, è conscio che una crisi del genere non va sottovalutata. Sull’ascensore di Montecitorio che lo porta nella sala della Regina dove ha riunito il gruppo del Pdl il premier cerca di mettere in risalto tutto quello che si sta facendo per evitare il peggio.

«La crisi è preoccupante – osserva – ma Bush sta facendo tutto il possibile per ridare fiducia alla gente. Ha preso delle decisioni importanti proprio per evitare che cittadini si demoralizzino».

La crisi internazionale è una drammatica realtà e nell’assemblea del gruppo il Cavaliere ci ritorna su appoggiando in pieno l’atteggiamento di Tremonti sulla Finanziaria. «Giulio – spiega – sta svolgendo un ruolo molto difficile. Deve dire di no ai ministri che gli chiedono fondi. E lo dico anche a voi, non dovete farvi illusioni: con l’aumento del petrolio, con una crisi economica internazionale di fronte alla quale i governi nazionali possono fare ben poco, hanno le mani legate, non è il momento di scherzare, Tremonti non può che rispondervi dei “no”».

Non è il momento delle cicale. Ma anche lì, tra le file della maggioranza, sono pochi quelli che se ne rendono conto. Sono pochi che comprendono perchè il ministro dell’Economia in questo momento vuole stringere a tutti i costi la cinghia della spesa. Tremonti deve sudare quattro camicie per convincere un deputato di An, Gianfranco Paglia, che le forze dell’ordine non hanno subito tagli.

Anche il sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto, mastica amaro per le stesse ragioni di paglia, ma si trattiene. E nel gruppo del Pdl non sono pochi quelli che vorrebbero una politica meno rigida con i cordoni della borsa. «Bisogna stare attenti – spiega sommessamente il deputato siciliano, Gasparre Giudice – io mi attengo alle decisioni del governo ma da qui a 3, 4, 5, mesi la situazione scoppia».

Mentre l’ex-ministro dc e ora deputato del Pdl, Paolo Cirino Pomicino, è ancora più lapidario: «Questa finanziaria è sbagliata da cima a fondo. Tremonti ci ha presentato un malloppone e nell’ultima pagina c’è scritto che il tasso di sviluppo dell’ Italia sarà un punto sotto la media degli altri paesi europei. E allora a che serve? Io capisco tagliare gli sprechi ma non si può tagliare tutto indiscriminatamente».

E c’è anche chi, come Santo Versace, arriva a lanciare una provocazione. «Qui – confida – la vera battaglia è contro l’evasione fiscale. E’ una priorità se vogliamo avere risorse per lo sviluppo. Se fosse stato per me io avrei confermato Vincenzo Visco vice-ministro dell’Economia». Siamo ai paradossi. Alle ironie bizzose. Le stesse che forse erano in voga sul ponte del Titanic.

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