Iniziano a manifestarsi le prime crepe tra gli oligarchi russi sia tra quelli arricchitisi durante le privatizzazioni selvagge degli anni ’90, sia e tra quelli venuti alla luce o rimasti a galla nel ventennio del potere di Vladimir Putin.
Non è ancora una rivolta in piena regola. Ma alcuni nomi si mostrano contrari nei confronti della guerra in Ucraina e che stavolta appaiono decisi a esporsi in una presa di distanza dallo zar del Cremlino si allungano.
D’altronde, in pochi giorni, hanno pagato a caro prezzo “il passaporto russo” e la vicinanza al presidente. Secondo la rivista americana Forbes, avrebbero già perso 128 miliardi di dollari. Sono gli effetti non solo del crollo dei mercati e del rublo, ma anche delle sanzioni che hanno colpito direttamente i loro patrimoni. Una cifra enorme, destinata a crescere alla luce delle nuove misure intraprese dagli Alleati per fermare l’avanzata russa in Ucraina.
Un nuovo colpo è arrivato ieri con la pubblicazione sulla Gazzetta europea la lista dei 26 oligarchi che entrano in black list. L’elenco è lungo e prestigioso e va dal portavoce di Putin, Dmitri Peskov, a Igor Sechin, ceo del colosso petrolifero Rosneft. Congelati gli asset all’estero anche per Mikhail Fridman e Petr Olegovich Aven, legati ad Alfa Group e alla principale banca nazionale, Alfa Bank, al ministro dei Trasporti, al titolare del Dicastero dell’Edilizia e a Sergei Pavlovich Rodulgin, tra gli oligarchi piu’ vicini allo zar. Nomi chiave dell’economia russa che l’Ue ha colpito ritenendoli correi dell’attacco all’Ucraina. Con la speranza che Putin sia fermato dal suo stesso cerchio magico.
Le prime critiche esplicite di super miliardari storici portano la firma di due pesi massimi come Oleg Deripaska e Mikhail Fridman: pronti addirittura a strizzare l’occhio alle proteste di piazza di questi giorni, sfociate nella solita raffica di arresti. Mentre più sfumata appare la posizione dell’astutissimo Roman Abramovich, sempre più a rischio di vedersi tagliato fuori dall’impero (squadra di calcio del Chelsea inclusa) che si è costruito a Londra, il quale ha preferito al momento inventarsi come mediatore volontario a margine dei problematici negoziati avviati oggi tra Mosca e Kiev alla ricerca delle condizioni di una qualche tregua: su richiesta “della parte ucraina” e non si sa con quanto favore del Cremlino.
Oligarchi russi: chi ha perso di più, i primi tre
Tornando a Forbes, secondo i calcoli della rivista americana, i primi tre oligarchi ad aver perso di più fino ad oggi sono Vagit Alekperov, presidente della più grande compagnia petrolifera indipendente della Russia, la Lukoil (- 3,8 miliardi di dollari) ; Alexey Mordashov, azionista di maggioranza del gruppo dell’acciaio Severstal, che ha guidato per 19 anni come amministratore delegato (- 3,3 miliardi di dollari ) e Suleiman Kerimov, la cui fortuna deriva dalla sua quota del più grande produttore d’oro russo, Polyus (-2,6 miliardi di dollari).