Società

TELECOM, TRONCHETTI:
«LI HANNO FATTI SCAPPARE»

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(WSI) –
In un’altra giornata particolare, molto particolare, Marco Tronchetti Provera al telefono appare nello stesso tempo sereno e rassegnato. Sereno perché convinto di aver fatto fino in fondo, anche questa volta, i passi necessari per far uscire Pirelli dalle sabbie mobili di Telecom nelle quali, improvvidamente, si cacciò con i Benetton nell’estate del 2001. Rassegnato all’impossibilità di spiegare a un lineare investitore straniero — anzi: americano — le contorsioni della politica italiana.

Ma non è certo agevole spiegare oltre confine neppure la rappresentazione scenica di un’assemblea degli azionisti più simile a una pièce teatrale, com’è stata ieri quella di Telecom. La telefonata con la quale AT&T annunciava di ritirare la propria disponibilità, facendo cadere cosi l’esclusiva, Tronchetti l’ha comunque ricevuta nel pomeriggio di ieri dal chief financial officer della multinazionale texana.

Richard Lindner, braccio destro di Edward Whitacre Jr., gli ha detto, in sintesi, che AT&T si alza dal tavolo Telecom Italia per l’assoluta incapacità di comprendere — almeno dal punto divista di un grande investitore industriale estero — tempi e modi della politica italiana. Per il timore del cambiamento delle regole in corso. Per la mano interventista dello Stato sempre in agguato in economia e per l’ipotesi di leggi speciali.

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E, non da ultimo, per il succedersi del tutto stravagante di dichiarazioni di ostilità, a partire dalle parole del premier Romano Prodi. Di più: sembra che anche le risposte date domenica scorsa a Lucia Annunziata dal vicepremier e ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, nel corso della trasmissione «In 1/2 ora» abbiano avuto il loro peso. Quell’accenno a un possibile blitz legislativo (per la verità vago) sul tema delle scatole cinesi, non sarebbe per nulla piaciuto. Perché, si sono domandati gli americani, anziché far parlare il mercato in Italia in due settimane si sono pronunciati tutti gli uomini politici?

Le esternazioni di Antonio Di Pietro sono apparse, specie dopo l’intervento sul caso Autostrade Abertis, assolutamente fuori luogo, ma certamente non ininfluenti. E così il grande dibattito sulla separazione della rete. Insomma, si sono chiesti alla fine al quartier generale texano di San Antonio: che cosa compriamo e come giustifichiamo ai nostri azionisti il fatto di pagare a 2,8-2,9 euro quello che sul mercato vale oggi 2,3?Le sinergie possibili sono conseguibili in una situazione in cui l’atteggiamento della politica (Prodi e D’Alema in primis) è così negativo? Tronchetti, a caldo, parafrasa Prodi al Sole24 Ore («Che bel capitalismo… ») e non ha dubbi sui pensieri degli americani: «L’Italia è davvero un bel Paese, un singolare mercato, complimenti!».

Il numero uno di Pirelli sottolinea anche la forte analogia — sempre dal suo punto di vista — tra gli esiti delle ultime ore e le trattative sfumate l’estate scorsa con Rupert Murdoch. Il Governo respinse il tycoon australiano perché non riteneva opportuno che chi già operava con Sky nel mercato tv italiano entrasse in forze anche nel colosso telefonico nazionale. E Carlos Slim che farà ora?Tra latini, sembra di capire, ci si intende meglio. Certe contorsioni appaiono piu digeribili. Ma è una magra consolazione. Slim andrà avanti, è la previsione di Tronchetti: ma l’esclusiva ormai non c’è più. E Pirelli ha ora le mani libere per trattare con gli altri europei e riprendere in mano il dossier Telefonica, quello che fu respinto dal management e produsse la rottura con l’amministratore delegato Carlo Buora e lo scontro finale con il presidente Guido Rossi.Ma ci sono anche le dichiarazioni di interesse di France Telecom,assistita da Morgan Stanley e dall’ex ministro del Tesoro Domenico Siniscalco, e di Deutsche Telekom.

Quello che proprio non è andato giù, a Tronchetti,sono state però le parole di D’Alema. Se Telecom è una bella azienda allora perché non riconoscere qualche merito a chi l’ha gestita in questi sei anni scarsi? Delusione, diceva domenica a Lucia Annunziata, perché non ci sono imprenditori disposti a rischiare in proprio. Forse Pirelli non lo ha fatto? Certo, poi di errori ne sono stati commessi. Ma i soldi la Bicocca li ha investiti di suo, e le perdite — più o meno tre miliardi di euro — alla fine si contano sul suo bilancio.

Il mal di testa a Tronchetti è però venuto anche dopo settimane di cattivi rumori di fondo: il possibile ritorno di Roberto Colaninno, i veleni sulle scatole cinesi. Tronchetti — seguiamo il suo ragionamento — è socio di controllo (52%)di Camfin,a sua volta azionista al 25,5% della Pirelli, dominus all’80% di Olimpia, veicolo finale per il 18% di Telecom. Una catena di controllo interamente italiana e inequivocabilmente più solida— nei numeri —di quella del«capitano coraggioso» mantovano. La cassaforte familiare di Colaninno deteneva in proprio non più del 4% di Hopa (oltre a quote indirette minori attraverso Fingruppo, comunque non controllata).

La holding bresciana, a sua volta, era padrona del 54%della lussemburghese Bell, che custodiva a cascata il 22,5% di Olivetti, ulteriore diaframma per la maggioranza assoluta di Telecom. Tronchetti rivendica, insomma, la trasparenza e l’italianità della propria struttura proprietaria, che poi negli anni ha accorciato. E sopporta a fatica, come ingiustizia —l’idea che Colaninno sia oggi al vertice della scala di valori del centrosinistra. «Li hanno fatti scappare, questo è il mercato italiano…».

P.S.: chi scrive ieri era ospite della Fondaciò Catalunya Obierta di Barcellona in una conferenza dal tema «Pubblico e privato in Europa». I politici italiani più citati, e non positivamente, sono stati nell’ordine: Di Pietro, il leader di Prc Franco Giordano e poi Prodi. La domanda che mi ha rivolto l’amministratore delegato di Abertis, Salvador Alemany, sul fatto se un contratto stipulato nel nostro Paese abbia valore indipendentemente da quale Governo vada al potere, è virtualmente girata a Palazzo Chigi.

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