Società

TELECOM:
TUTTO COME PRIMA

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(WSI) – La telenovela Telecom si arricchisce di una nuova puntata. Non sarà l’ultima. Né la più avvincente. In questa puntata vedremo uscire nuovamente di scena chi era alla guida del gruppo nel mezzo di una fitta serie di inquietanti vicende di spionaggio. Da qui in poi le deviazioni societarie collegate alle intercettazioni telefoniche potranno essere affrontate, speriamo dipanate, senza la sua presenza ingombrante.

Bene. Non appaiono però nuovi protagonisti all’orizzonte, non si vedono volti nuovi. Anche gli stranieri di questa puntata, gli spagnoli di Telefonica, c’erano già, paradossalmente chiamati in causa proprio da chi oggi esce di scena. Il resto del cast è già stato ampiamente sperimentato, peraltro senza grande successo di critica e di pubblico. Tutti gli attori di questa puntata appaiono soddisfatti, distesi. Chi esce di scena, la Pirelli di Tronchetti Provera, si vedrà riconosciuto il prezzo pattuito con gli americani e i messicani.

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La porta di ingresso in Telecom verrà ristrutturata: Olimpia potrà uscire da una situazione finanziaria che si era fatta molto intricata, con l’azzeramento delle riserve, l’agenzia delle entrate alle costole e un debito salito a tre miliardi da ripianare. E i difensori dell’italianità potranno vantarsi di avere difeso la patria, schierando le loro truppe fin oltre la foce dell’Isonzo. Ma per il grande pubblico non c’è di che gioire. Non si vede alcuna rivoluzione alle porte per un’azienda che ha dimezzato il proprio valore di mercato negli ultimi 5 anni.

Mediobanca, Generali e Intesa erano già nel patto di sindacato di Pirelli, con una quota superiore al 22 per cento. Saranno ancora loro a controllare Telecom. Non a caso, hanno trovato un escamotage per non pagare alcun premio di controllo. Chi lo pagherà, e salato, è solo Telefonica, destinata a versare più di quei 2,82 euro per azione che erano stati promessi da AT&T e American Movil. Perchè Telefonica ha accettato di pagare un premio di controllo così alto per acquisire una quota di minoranza, che non offre neanche la possibilità di designare i nuovi vertici di Telecom? Lo scopriremo forse alla prossima puntata.

Una cosa è certa: Telefonica è anche l’unico componente del nuovo gruppo di controllo che ha le idee chiare sul da farsi. Operando da tempo nel settore, a differenza dei nostri banchieri e assicuratori, conosce quali siano le opportunità del mercato, sia in Italia che in America Latina. Speriamo che voglia davvero valorizzare Telecom e non stia pensando ad altro. La domanda è lecita perchè la struttura piramidale di Telecom esce solo rafforzata da questo accordo.

Questo significa che ci sarà ancora una netta separazione fra diritti di controllo e interesse alla valorizzazione dell’azienda. Nulla vieta che si continui ad assistere a una sequenza di nuovi risultati deludenti succeduti dalla beffa finale di cambiamenti nel gruppo di controllo senza alcun premio per gli azionisti Telecom. Sono proprio queste strutture societarie che rendono ottimale per chi ha il controllo cederlo senza che ciò crei valore per tutti gli azionisti.

Il Governo avrebbe fatto bene allora ad occuparsi delle scatole cinesi, ricordando che il suo programma di legislatura contemplava la necessità di «incidere sulle forme di chiusura proprietaria come gruppi piramidali, accordi e patti di sindacato», proponendo l’adozione di misure che limitassero l’oggetto dei patti di sindacato «a questioni proprietarie e non gestionali». È un problema che trascende la vicenda Telecom e che andava affrontato comunque, ma che la vicenda Telecom (due cambi del gruppo di controllo avvenuti senza alcun beneficio per gli azionisti di minoranza) ha portato drammaticamente alla ribalta, dando un pessimo segnale ai lavoratori che stanno in questi mesi valutando l’opportunità di partecipare ai mercati finanziari.

E’ un problema grave, perchè dalla scelta dei lavoratori potrebbero nascere quegli investitori istituzionali, i fondi pensione, che garantirebbero gli intessessi dei piccoli azionisti presso il management e i gruppi di controllo, mettendo in moto un processo virtuoso per la nostra corporate governance e la dimensione dei nostri mercati finanziari.

Di altro sembra, invece, essersi occupato il Governo in queste settimane, tra le visite a Ibiza e le telefonate a Trieste. L’eroe tutto francese della battaglia per l’italianità di Telecom, il presidente di Generali Antoine Bernheim, ha ieri dichiarato di essere stato contattato dal Ministro Padoa Schioppa riguardo alla vicenda Telecom e di avere chiesto un sostegno al Governo per un’eventuale cordata italiana.

Speriamo che la prossima puntata ci sveli che il Ministro si è in quella occasione astenuto dal prendere alcun impegno e che l’esecutivo davvero non intervenga in alcun modo, dovesse la cordata italo-iberica trovare sulla strada qualche ostacolo inaspettato. Altrimenti finiremmo una volta di più per alimentare i sospetti che dissuadono molti investitori stranieri dall’intervenire nel nostro Paese, che ha già subito dalla vicenda AT&T un forte danno alla propria immagine.

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