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TASSI USA: POCHI SPAZI PER NUOVI RIBASSI

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Recentemente sono state superate due pietre miliari della storia finanziaria degli Stati Uniti, una che ha attirato molti commenti, un’altra che e’ passata sotto silenzio.

Prese insieme, dicono molto su dove si trova la nostra economia nel mezzo dei grandi cambiamenti in corso.

A settembre, gli USA hanno ritirato un gruppo di obbligazioni del Tesoro emesse nel 1981. I bond avevano un tasso d’interesse del 15 3/4%, il piu’ alto che il governo abbia mai pagato per un prestito a lungo termine.

Un mese dopo, il 31 ottobre, con i costi dei prestiti a lungo termine al livello piu’ basso di una generazione, Washington ha annunciato la sospensione dell’emissione di obbligazioni a 30 anni.

I tassi d’interesse sono crollati con il rendimento dei bond a 30 anni in discesa il giorno seguente al 4,80% da circa 5,50% alla fine dell’anno scorso, mentre il rendimento sulle note a 10 anni e’ sceso al 4,24% da circa il 5%.

Sembrava che il mercato stesse improvvisamente anticipando la decisione della Federal Reserve di abbassare il tasso dei fondi federali di mezzo punto percentuale al 2%, il che e’ effettivamente stato approvato la settimana seguente.

Dopo 20 anni di calo dei tassi d’interesse che risalgono al 15 3/4% delle obbligazioni emesse dal Tesoro nel 1981, abbiamo raggiunto il punto in cui non possiamo ragionevolmente aspettarci che i tassi scendano ulteriormente.

E’ vero che gli USA sono in recessione, una situazione che generalmente pone una pressione al ribasso sui tassi. Per i tassi scendere dai livelli correnti starebbe a suggerire che non c’e’ una ripresa in vista.

Non scommettete su questo. Il fatto e’ che il governo si sta preparando a spendere come un pazzo, e la Fed sta facendo tutto cio’ che puo’ per stimolare l’economia.

Questa combinazione non ha mai fallito di spingere una ripresa.

Il mercato sembra poi essere d’accordo che i tassi d’interesse sono scesi troppo all’inizio di novembre. In una delle peggiori sconfitte del mercato, il rendimento dei bond e’ salito oltre mezzo punto dall’inizio del mese. Ora superano il livello raggiunto quando il Tesoro ha fatto lo scherzetto di eliminare le obbligazioni a 30 anni.

La scorsa settimana il rendimento dei titoli a 10 anni era tornato al di sopra del 5% e le obbligazioni a lungo erano salite al 5,39%. Cio’ significa che nel giro di settimane gli investitori hanno perso piu’ nel declino dei prezzi dei bond di quanto possano guadagnare in interessi in un anno.

Per Richard Sylla, professore di storia finanziaria alla Stern School of Business della New York University e coautore con il defunto Sidney Homer di ‘Una storia di tassi d’interesse’, le azioni del mercato suggeriscono che il declino di due decenni nei tassi d’interesse a lungo termine puo’ aver fatto il suo corso.

Nonostante il livello raggiunto dai rendimenti il primo di novembre, Sylla osserva che non sono scesi al di sotto del minimo raggiunto oltre tre anni fa quando il mondo temeva che la crisi finanziaria asiatica potesse trascinare con se’ l’economia globale.

Per capire i movimenti dei tassi d’interesse nel corso dei decenni, e’ importante notare che le tendenze del mercato a lungo termine sono definite da una serie di cicli con punte ascendenti (o discendenti).

Bisogna pensare alla riva del mare. Le maree salgono e scendono ogni giorno. Se la linea di alta marea pero’ sale sempre piu’ verso la spiaggia, c’e una tendenza definita. Se la linea di bassa marea inizia a ritirarsi, quella tendenza si e’ ribaltata. Ora sembra che la tendenza degli ultimi 20 anni della marea in ritirata si e’ trasformata in una bassa marea piu’ elevata dell’ultima.

Mentre alcuni economisti e esperti di bond suggeriscono che i rendimenti sui titoli a 10 anni possano scendere fino al 4%, pochi prevedono un livello inferiore.

Infatti, quello sarebbe solo leggermente inferiore al 4,16% toccato durante il fondo della crisi finanziaria globale del 1998.

Non prevedono pero’ nemmeno che i tassi d’interesse a lungo termine crescano. Quello che potremmo vedere nel prossimo anno e’ obbligazioni a lungo termine fluttuare tra il 4% e il 5%. E questo potrebbe continuare per parecchio tempo.

In altre parole, questo e’ il meglio che c’e’ per i debitori. I proprietari di case e i tesorieri aziendali stanno cercando disperatamente di bloccare questi tassi d’interesse.

Gli interessi hanno iniziato una tendenza al rialzo negli anni sessanta. Infatti Brian Wesbury, capo economista di Griffin Kubik Stephens & Thompson ritiene che l’aumento dei rendimenti sia iniziato nel 1965 quando le tasse, la spesa e la regolamentazione governativa sono tutte aumentate mentre Lyndon Johnson allo stesso tempo portava avanti la guerra del Vietnam e i programmi Great society.

Allo stesso tempo, la Fed ha mantenuto bassi i tassi per spingere la crescita per controbattere la presenza del governo. La combinazione di denaro facile e presenza imponente del governo ha creato un aumento dell’inflazione che ha gonfiato il rendimento dei bond per 16 anni.

Gli anni ottanta e novanta segnano un capovolgimento di queste tendenze, iniziato veramente alla fine del 1979 quando l’allora presidente della Fed Paul Volcker ha cambiato politica, utilizzando il bersaglio della liquidita’ monetaria come schermo per aumentare i tassi d’interesse al 20% per schiacciare l’inflazione.

I tagli fiscali, il ridimensionamento governativo e la riduzione della regolamentazione, iniziati sotto l’amministrazione Reagan, sono le politiche principali dietro il crollo dell’inflazione e del rendimento dei bond degli ultimi 20 anni, ha aggiunto Wesbury. Anche la crescita di tecnologia e produttivita’ ha aiutato a mantenere a freno l’inflazione.

Dopo che i sovietici hanno raccolto la richiesta del presidente Reagan di eliminare il muro di Berlino, la fine della Guerra fredda ha permesso un ulteriore declino della spesa governativa per la difesa e ha rilasciato risorse per l’economia privata.

Paul Kasriel, capo economista di Northern Trust, vede ora un rovesciamento della situazione e prevede che i tassi aumenteranno come risultato.

Per quanto riguarda l’inflazione, Kasriel aggiunge, “due importanti banche centrali, la Fed e la Banca Centrale Europea, stanno stampando un sacco di denaro e non sembrano preoccupate”.

La rapida espansione dell’offerta di denaro invariabilmente spinge l’economia e , con ritardo, manda al rialzo l’inflazione – ed entrambe puntano a tassi piu’ alti, non piu’ bassi.

La banca centrale USA e’ sotto pressione per spingere l’occupazione, nota l’economista.

L’inflazione, nel frattempo, sembra essere stata tenuta sotto controllo dal taglio dei prezzi energetici. Il livello generale dei prezzi, pero’, dipende non da una singola merce, ma con il tempo, dal denaro.

Come anche il piu’ casuale osservatore sa, la banca centrale ha tagliato i tassi 10 volte quest’anno per un totale di 4 1/2 punti percentuali.

La Fed ha ridotto radicalmente i tassi anche negli anni novanta, a un minimo del 3%, ma ha generato poca crescita.

La differenza ora e’ che l’offerta di denaro e’ in rapida crescita, mentre allora la riserva di denaro era stagnante.

Christine Callies, chief US investment strategist di Merrill Lynch, nota che l’espansione delle scorte di denaro, M3, dopo la revisione dovuta all’inflazione, e’ il 10,5%, il piu’ alto tasso annuo degli ultimi 28 anni.

Per il presente, persino un ribassista accanito come il capo economista di Morgan Stanley Stephen Roach si e’ mosso a scrivere “fine del rally dei bond” subito dopo che i rendimenti hanno toccato il minino il primo novembre.

A quel punto il livello dei tassi d’interesse a lungo termine rifletteva tutte le buone notizie sulla riduzione dell’inflazione.

Ed Yardeni, chief investment strategist di Deutsche Bank Alex. Brown che e’ diventato noto negli anni ottanta per aver previsto la riduzione dei rendimenti al 7%-8% quando erano quasi al doppio, pensa poi che il lungo scivolone dei tassi e’ “prossimo alla fine”.

Con l’economia in generale (prodotto interno lordo ai livelli correnti del dollaro) in una prolungata crescita annua del 4%-5% (3% di crescita reale e 1%-2% d’inflazione), le note del Tesoro a 10 anni dovrebbero essere simili. Questo lascia poco spazio per il declino dei rendimenti a lungo.

Yardeni, infatti utilizza il tasso del 5% del Tesoro a 10 anni nel suo modello di valutazione a lungo termine del mercato azionario.

Dobbiamo concordare. L’economia non puo’ piu’ contare su una costante tendenza al ribasso in cui ogni avvallamento ciclico dei tassi sia piu’ basso di quello precedente. I tassi d’interesse a lungo termine hanno semplicemente raggiunto livelli consistenti con una crescita moderata accompagnata da inflazione modesta.

Qualunque cosa al di sotto della gamma del 4% vista recentemente richiederebbe all’economia di muoversi nella direzione di quella giapponese, dove un decennio di quasi depressione ha portato i tassi prossimi allo zero senza alcun effetto evidente.

Come dimostrano gli schemi attuali di finanziamento auto, i tassi d’interesse a zero hanno impatti potenti sull’economia americana.

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