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Tassi negativi: senza sarebbe peggio per le banche svizzere

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Le Banche svizzere stanno soffrendo sotto il peso dei tassi di interesse negativi da ormai oltre due anni e si sarebbe portati a pensare che un cambiamento di strategia verso un graduale irrigidimento monetario da parte della banca centrale non potrebbe fare che bene alla redditività degli istituti di credito del paese. E invece è vero il contrario. Un rafforzamento del costo del denaro e del franco svizzero sarebbe altrettanto se non più disastroso, come mostra un nuovo studio citato dalla testata finanziaria Finews.

La Svizzera è diventata negli ultimi tempi la leader mondiale dei tassi di interesse negativi. Far pagare le banche e le società per avere il privilegio di depositare il loro franchi svizzeri nei forzieri della banca centrale non ha dissuaso gli istituti del credito svizzere dallo sborsare lo 0,75% per ogni deposito effettuato presso la Banca Nazionale Svizzera.

L’intento della banca centrale è quello di ridurre gli investimenti in franchi e l’atteggiamento della banca centrale non cambierà presto. La scorsa settimana il presidente dell’autorità di politica monetaria svizzera Thomas Jordan ha ribadito che il metodo eterodosso verrà seguito ancora a lungo, sottolineando che la politica dei tassi di interesse negativi è uno degli strumenti fondamentali della strategia monetaria del suo istituto.

Lo status quo verrà mantenuto fino al 2018, con le autorità svizzere che non mostrano dunque di avere alcuna compassione per le banche, le quali stanno subendo un netto calo dei profitti provenienti da interessi e commissioni. UBS e Credit Suisse sono in crisi patrimoniale e dovranno aumentare i cuscinetti di capitale.

Banche oggi hanno meno potere concorrenziale

Secondo gli analisti di Morgan Stanley un passo indietro rispetto al regime dei tassi sotto zero senza una chiara direzione politica sarebbe in realtà dannoso e svantaggioso per le banche. Nello studio della big di Wall Street si dice che le banche hanno interesse a evitare di caricare i costi dei clienti come successo nel 2015.

Allora le banche hanno potuto alzare gli interessi pagati anche se avrebbero dovuto abbassarli. Oggi non riuscirebbero a fare lo stesso, se non altro perché la concorrenza per i mutui è più agguerrita, in quanto proveniente anche da settori non puramente bancari. Le banche, insomma, nella situazione attuale si trovano con una minore leva negoziale e meno potere concorrenziale.

Stando ai calcoli di Morgan Stanley un nuovo taglio di 25 punti base dei tasse farebbe evaporare 2-3,5% dei profitti di UBS e Credit Suisse. Un’altra riduzione al ribasso sarebbe inoltre uno choc per gli investitori, dal momento che i mercati non scontano un ulteriore ammorbidimento monetario.

L’unica via d’uscita senza subire danni per le banche sarebbe un immediato ritorno alla normalità con i tassi di interesse da riportare subito in territorio positivo, come suggerisce la società di consulenza Wellershoff & Partners. Tenuto conto dell’atteggiamento estremamente cauto tenuto ultimamente dal board della SNB, sembra però uno scenario altamente improbabile, che i commentatori di mercato si sentono di escludere.

Tassi negativi: senza sarebbe peggio per le banche
Board members of the Swiss National Bank (L/R) Vice President Fritz Zurbrugg, President Thomas Jordan and Member of the Board Andrea Maechler pose after a press conference in Bern on June 15, 2017.
The Swiss National Bank has kept its monetary policy unchanged at its quarterly meeting, not deviating from its line in the wake of a new turn of the screw of the US Federal Reserve. / AFP PHOTO / Fabrice COFFRINI (Photo credit should read FABRICE COFFRINI/AFP/Getty Images)