Mercati

È il giorno della Fed: cosa aspettarsi dalla riunione di oggi

Dopo la Bce, che la scorsa settimana ha tagliato, per la prima volta dal 2029, i tassi di interesse, oggi i fari del mercato saranno puntati sulla Federal Reserve, che comunicherà la decisione sui tassi negli Usa.
Dopo il verdetto, seguirà la consueta conferenza stampa del presidente, Jerome Powell.
Sempre oggi è attesa la diffusione dei dati sull’inflazione. Questi ultimi potrebbero essere un test chiave, soprattutto dopo il rapporto sull’occupazione americana di venerdì scorso che ha allontanato le speranze di un avvio dei tagli dopo l’estate.

Tassi Usa fermi ancora sui massimi

Come ampiamente previsto dal mercato, domani la Fed resterà alla finestra a causa di un tasso d’inflazione che fa fatica a raffreddarsi. I tassi di interesse verranno dunque confermati nella forchetta tra il 5,25%-5,50%. Gli analisti non vedono nessun taglio prima di settembre, mentre c’è chi non esclude che per tutto il 2024 possa non mettere mano al costo del denaro.

La pensa così George Brown, analista di senior di Schroders, “la Fed avvierà il ciclo di riduzione dei tassi a settembre, e non a giugno, e quindi che i tagli saranno solo due nel 2024. Per il 2025 invece continuiamo a prevedere un solo taglio, sulla base della nostra aspettativa che l’inflazione a quel punto avrà raggiunto il target e che l’economia sarà in piena occupazione. C’è comunque il rischio che i tagli siano più tardivi e meno numerosi, o che non ce ne siano affatto”.

Questo perché l’inflazione resta nettamente sopra il target del 2% della FED. “Abbiamo rivisto al rialzo le nostre stime sull’IPC per il 2024, dal 2,7% al 3,1%, mentre abbiamo lasciato sostanzialmente invariate quelle per il 2025, al 2,2% rispetto al precedente 2,1%. Tuttavia, dato che i rischi per l’inflazione rimangono fortemente inclinati verso l’alto, e’ difficile dire se quest’anno vedremo dei tagli dei tassi da parte della Fed”.

Anche Xiao Cui di Senior Economist di Pictet Wealth Management, è della stessa idea “Continuiamo a prevedere due tagli dei tassi quest’anno, rispettivamente a settembre e a dicembre, in concomitanza con la decelerazione dell’inflazione e un rallentamento del mercato del lavoro. E’ probabile che la Fed diventera’ piu’ consapevole sia del rischio di una riaccelerazione dell’inflazione, sia di quello di un inatteso rallentamento del mercato del lavoro. E’ verosimile che i falchi e le colombe del comitato continueranno a discutere sull’equilibrio dei rischi”.

Inflazione e occupazione Usa

Sul fronte dell’inflazione di maggio, che sarà resa nota domani,  gli operatori si attendono un lieve calo dell’inflazione core, cioè la misura che esclude dal paniere le componenti più volatili come generi alimentari ed energia, dal 3,6% al 3,5%, mentre l’inflazione complessiva è prevista rimanere stabile al 3,4%.

“Si tratterebbe – ha spiegato Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm – di un nuovo piccolo passo nella giusta direzione, anche potrebbe non bastare: sembra infatti che il ritmo sostenuto di raffreddamento dei prezzi a cui abbiamo assistito lo scorso anno si sia praticamente arrestato, complice la solidità del mercato del lavoro statunitense, che sta continuando ad alimentare i consumi nonostante il forte aumento dei prezzi e degli oneri finanziari. Uno scenario che potrebbe spingere la Fed a mantenere invariato il suo approccio attendista: i policymaker hanno infatti più volte ribadito che saranno i dati a tracciare il cammino della politica monetaria e che, in assenza di un significativo movimento al ribasso dei prezzi, non sarà possibile ridurre gli elevati costi di finanziamento del Paese. Con un’inflazione ben oltre il target del 2%, dunque, la possibilità che la riunione di domani si concluda con un taglio dei tassi è praticamente inesistente. Gli analisti sono inclini a prevedere che il primo taglio avverrà solo in settembre, seguito da un secondo in dicembre. Se, tuttavia, il rapporto sull’inflazione di maggio dovesse mostrare una nuova impennata dei prezzi, i trader potrebbero essere costretti a ridimensionare le proprie aspettative, con il rischio di un crollo di azioni e obbligazioni”.

Jason Simpson, Senior Fixed Income Etf Strategist di SPDR ETF – State Street Global Advisors, spiega, parlando delle scelte della FED, che “la filosofia della banca centrale Usa è chiara: vuole essere sicura che l’inflazione non ricominci a salire. È quindi probabile che la dipendenza dai dati sia uno dei temi trattati nei commenti sulla decisione della banca centrale. A nostro avviso, c’è la possibilità che i numeri inizino ad apparire più favorevoli per un taglio dei tassi durante l’estate, in quanto ci aspettiamo che alcuni dati sull’inflazione più deboli inizino ad influire. Ad ogni modo, a seguito dei solidi risultati del report sull’occupazione/Payroll employment statunitense di venerdì scorso, le attese dei mercati suggeriscono che anche un taglio dei tassi a novembre non è ancora certo”.

Vale la pena ricordare che a maggio i dati sull’occupazione negli Stati Uniti sono risultati superiori alle stime. Sono stati creati 272mila posti di lavoro (escluso il settore agricolo) rispetto al mese precedente, mentre gli analisti attendevano un aumento di 190mila posti. Di contro, la disoccupazione è salita al 4%, rispetto al +3,9% del mese precedente.