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Taglio Irpef: altra beffa. Lo sconto può anche annullarsi

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Roma – La doppia operazione, giù l’Irpef su l’Iva, ancora deve approdare in Gazzetta Ufficiale ed è già oggetto di un serrato dibattito. Gli effetti lordi della riduzione di un punto delle aliquote dal 23 al 22 per cento (sotto i 15 mila euro) e dal 27 al 26 (sotto i 28 mila euro) vanno dai 150 ai 250 euro fino a redditi di 26 mila euro, dove si trova circa l’80% dei contribuenti. Al di sopra dei 28 mila euro di reddito, dove si cumulano i due punti pieni di aliquota, il vantaggio sarà di 280 euro.

Tuttavia questi vantaggi rischiano un effetto-erosione. Le prime proiezioni elaborate ieri su alcuni casi-campione significativi, puntano il dito sull’efficacia e la effettiva entità del taglio dell’Irpef. A mangiarlo sarebbe, come nota la Cgia di Mestre, soprattutto l’aumento dell’Iva di un punto che scatterà nel luglio prossimo. Un rischio che forse potrà essere evitato: il ministro dell’Economia Grilli starebbe pensando di scongiurare anche l’aumento di un solo punto di Iva: il tempo ci sarebbe giacché il taglio Irpef partirà a gennaio e il rincaro Iva a luglio.

L’altra erosione, secondo alcune elaborazioni, arriverà dal tetto massimo alla detraibilità di 3.000 euro imposto a chi guadagna sopra i 15 mila euro. In pratica lo sconto sul netto da pagare dell’Irpef, dovuto a detrazioni importanti come i carichi familiari, il lavoro dipendente, le spese sanitarie e quelle per il recupero del patrimonio edilizio, non potrà superare i 3.000 euro penalizzando soprattutto i contribuenti con redditi alti e capacità di spesa, ma anche i redditi bassi. Infine il semplice intervento sulle aliquote, spiegano i tecnici, non elimina il rischio di incapienza alimentando il fenomeno anche per redditi intorno ai 15 mila euro.

REDDITO BASSO (14.900 euro lordi)
Gli ultimi finiscono per rimetterci

Poco o abbastanza? Per i redditi bassi, intorno ai 15 mila euro, il beneficio per una famiglia media sarà di 149 euro: al mese 12 euro. Se poi aggiungiamo come fa la Cgia di Mestre il peso dell’inflazione dovuto all’aumento dell’Iva, il beneficio si riduce a 99 euro l’anno. Ma c’è un altro problema, anche questo sollevato ieri dalla Cgia, l'”incapienza” (che riguarda coloro che hanno un reddito così basso da non potersi detrarre nulla e da non poter beneficiare di nessun calo di aliquote). Questa categoria è collocata a 8.000 euro: nel limbo della no tax area possono beneficiare di una detrazione uguale al peso delle tasse e dunque non c’è modo di aumentare i loro redditi. Anzi con l’Iva spenderanno quest’anno 23 euro in più. Il rischio è che limitando l’intervento alla riduzione delle aliquote il problema resti aperto anche per i redditi intorno ai 15 mila euro ampliando l’area di chi non ha spazio per detrarre le spese.

REDDITO MEDIO (23.000 euro lordi)
Benefici top, ma c’è la tagliola del 3mila euro

Quando ci si avvicina al cumulo dei due punti di Irpef (dal 23 al 22% e dal 27 al 26%) gli effetti si vedono di più. Ad esempio una famiglia di un impiegato, con solo il figlio a carico (e moglie che lavora) beneficia per il solo taglio dell’aliquota di 230 euro di risparmio sulle tasse in busta-paga. Le detrazioni non sono moltissime: tra quelle da lavoro dipendente e quelle per il figlio a carico, si arriva quasi a 1.200 euro. Può continuare a detrarre questa cifra dal netto dell’Irpef da pagare. In questo caso infatti, l’impiegato resta al di sotto del tetto alle detrazioni disposto dal governo (che scatta per redditi sopra 15 mila euro). Per lui ci sarà un risparmio, grazie al ribasso delle aliquote, di 230 euro: non è il massimo risparmio possibile ma è più di quello che prendono i redditi bassi. C’è ovviamente da considerare l’effetto Iva: un aggravio di 68 euro, dice la Cgia, considerando il paniere di beni di questo tipo di famiglia. Alla fine il guadagno si riduce ma sarà comunque tra i più alti: 162 euro.

Ma se superi il tetto sei fritto. La nuova regola – se sarà confermata dal testo che si attende in uscita sulla “Gazzetta ufficiale” – e che prevede che non si possano detrarre dalle tasse più di 3.000 euro rischia di mangiarsi ogni diminuzione di aliquota. È il caso di un impiegato con coniuge e due figli a carico, con lo stesso reddito dell’esempio precedente (23 mila euro lordi) che già raggiunge quasi 2.000 euro per carichi familiari e ha 580 euro detrazioni per il lavoro dipendente. Se le nuove disposizioni, come pare, imporranno di cumulare nel tetto anche queste componenti, i margini diventerebbero assai stretti. Il nostro impiegato sarebbe costretto a gettare nel cestino 115 euro di detrazioni e dunque di ridurre della metà il beneficio di 230 euro dovuto al ribasso delle aliquote di due punti. Infine l’effetto-Iva: secondo la Cgia di Mestre a questi livelli di reddito – cioè 23 mila euro lordi – può incidere per un centinaio di euro sulle spese per consumi: di conseguenza il guadagno si riduce a 6 euro.

REDDITO ALTO (55.000 euro lordi)
Alla fine i benestanti ci perdono

Un beneficio di 280 euro dovuto al godimento pieno del taglio di due punti dell’Irpef per i due primi due scaglioni di reddito, ma questo taglio viene vanificato dal tetto alle detrazioni e dall’inflazione che probabilmente aumenterà nella seconda metà dell’anno con il rincaro dell’Iva. È il caso di un reddito di 55 mila euro lordi il cui titolare, con coniuge e due figli a carico, può beneficiare di 955 euro di detrazioni. Anche se a questo livello la detrazione per lavoro dipendente è pari allo zero, ad aumentare il menù degli sconti possono intervenire mutui, spese sanitarie o assicurative. Nel nostro caso il totale delle detrazioni supera di 149 euro il tetto detraibile e dunque il beneficio del taglio Irpef scende a soli 131 euro. Secondo la Cgia di Mestre, inoltre, il prezzo pagato per rincaro dell’Iva da una famiglia di questo tipo è di 141 euro. E così alla fine ci sarebbe aggravio di 10 euro nel 2013 rispetto a quest’anno.

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