Economia

Svimez: lockdown costa 47 miliardi al mese (3,1% del PIL)

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Il lockdown costa 47 miliardi al mese (il 3,1% del Pil italiano), 37 al Centro-Nord, 10 al Sud. Si tratta di 788 euro pro capite al mese nella media italiana, 951 euro al Centro-Nord contro i 473 al Sud.

Sono le previsioni messe a punto da un team di economisti della SVIMEZ, coordinati da Luca Bianchi, che, considerando una ripresa delle attività nella seconda parte dell’anno, stimano che nel Pil nel 2020 si ridurrebbe del -8,4% per l’Italia, del -8,5% al Centro-Nord e del -7,9% nel Mezzogiorno.

La straordinarietà della dimensione del lockdown –  si legge nello studio – emerge chiaramente della quota di impianti “fermi”: la SVIMEZ ne stima più di 5 su 10 in Italia.

“Nella media nazionale, senza considerare i settori dell’Agricoltura, le Attività finanziarie e assicurative e la Pubblica Amministrazione, crollano del 50% fatturato, valore aggiunto e occupazione. Il blocco colpisce duramente, sia pure con diversa intensità, indistintamente l’industria, le costruzioni, i servizi, il commercio”.

A livello territoriale – rileva lo studio – sono più interessate le regioni del Nord soprattutto in termini di valore aggiunto (49,1%, circa 6 punti percentuali in più rispetto al Centro e al Mezzogiorno).

In termini di occupazione, la forbice si annulla tra Nord e Sud: 53,3% nel Nord, 51,1% al Centro e 53,2% nel Mezzogiorno. In termini di unità locali, le differenze territoriali si ribaltano, segno di una maggiore parcellizzazione del tessuto produttivo nel Mezzogiorno dove le unità locali interessate dal lockdown raggiungono il 59,2% a fronte del 56,7 e del 57,2% rispettivamente nel Centro e nel Nord

Autonomi e partite iva a rischio

Se si analizza l’intero sistema economico, tenendo conto anche del sommerso, sono interessati dal lockdown il 34,3% degli occupati dipendenti e il 41,5% degli indipendenti.

Al Nord l’impatto sull’occupazione dipendente risulta più intenso che nel Mezzogiorno (36,7% contro il 31,4%) per l’effetto della concentrazione territoriale di aziende di maggiore dimensione e solidità. La struttura più fragile e parcellizzata dell’occupazione meridionale si è tradotta in un lockdown a maggiore impatto sugli occupati indipendenti (42,7% rispetto al 41,3% del Centro e del Nord).

Sono “fermi” circa 2,5 milioni di lavoratori indipendenti interessati: oltre 1,2 milioni al Nord, oltre 500 mila al Centro, quasi 800 mila nel Mezzogiorno.

Si tratta in larga parte di autonomi e partite Iva: oltre 2,1 milioni, di cui 1 milione al Nord, oltre 400 mila al Centro e quasi 700 mila nel Mezzogiorno. Le perdite di fatturato e reddito lordo operativo di autonomi e partite iva sono piuttosto uniformi a livello territoriale. La perdita complessiva di fatturato è di oltre 25,2 miliardi in Italia, così distribuiti territorialmente: 12,6 al Nord, 5,2 al Centro e 7,7 nel Mezzogiorno.

La compensazione statale di 600 euro prevista dal “Cura Italia” per i lavoratori autonomi copre “solo” il 30% della perdita di reddito lordo mensile di 2 mila euro in media nazionale stimata dalla SVIMEZ.

Rischio di default è maggiore per le medie e grandi imprese del Sud

Decisamente grigie le prospettive per le aziende, che già, prima del lockdown, si muovevano su un terreno scivoloso. Questo, secondo gli esperti di Svimez, riguarda soprattutto le imprese del Sud.

“Il blocco improvviso e inatteso coglie impreparate le molte imprese meridionali che non hanno ancora completato il percorso di rientro dallo stato di difficoltà causato dall’ultima crisi. Rispetto alla grande crisi, il processo di selezione, allora dispiegatosi lungo un arco temporale ampio, oggi è anticipato all’inizio alla crisi con un’interruzione improvvisa che ha posto immediatamente al policy maker l’urgenza di intervenire a sostegno della liquidità delle imprese, di ogni dimensione”.

Tuttavia, sulla base dei dati di bilancio disponibili per un campione di imprese con fatturato superiore agli 800.000 euro, le evidenze su grado di indebitamento, redditività operativa e costo dell’indebitamento “portano a stimare una probabilità di uscita dal mercato delle imprese meridionali 4 volte superiore rispetto a quelle del Centro-Nord” concludono da Svimez.