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SU GM L’ OMBRA DEL CRAC FINANZIARIO

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(WSI) – Respingendo il compromesso con la Fiat – che sembrava l´ipotesi più ragionevole per tutti – la General Motors è mossa da una forza più potente della tattica. Si chiama disperazione. La più grande casa automobilistica mondiale versa in condizioni più gravi di quanto gli italiani abbiano capito. I mercati finanziari la trattano come un gigante malato, considerano il suo debito poco meglio di junk-bonds, obbligazioni spazzatura. La Gm potrebbe trovarsi un giorno sull´orlo di una crisi di tipo “argentino”. Il calo delle vendite, la competizione vincente dei giapponesi, sono l´aspetto industriale di una malattia più grave.

Pochi possono capirlo fuori dagli Stati Uniti: la Gm a causa del modello di Welfare americano si è trasformata da anni in qualcosa di diverso da una casa automobilistica. Qui la descrivono con una battuta crudele: «La Gm è un grande ente di assistenza sanitaria e pensionistica, che marginalmente si occupa anche di fabbricare automobili». Questo spiega la resistenza a pagare un´indennità alla Fiat per sbarazzarsi del “put”. I capi di Detroit non possono presentare a cuor leggero ai loro azionisti il costo di quell´indennità, nelle condizioni in cui versa il loro bilancio oggi. L´alternativa, certo, è una lunga battaglia giudiziaria che il Wall Street Journal definisce «complicata, una scommessa ad alto rischio per ambedue le aziende». John Lawson, esperto dell´industria automobilistica per la Citigroup, sostiene che la disputa con la Fiat «è un problema troppo grosso per lasciarlo nelle mani di un giudice».

Verissimo, ma per gli americani il margine di manovra è ridotto. In questi giorni oltre al problema Fiat i dirigenti della Gm stanno affrontando altre due crisi in simultanea: la crisi di fiducia sui mercati finanziari, dove corre voce che sia imminente un “declassamento” del rating sulle obbligazioni Gm; e un crollo di vendite nei suoi modelli più profittevoli, che costringe Detroit a nuovi tagli di produzione. E´ “the perfect storm”, la tempesta perfetta.

Su tutto incombe il costo del modello sociale americano. Negli Stati Uniti gran parte dell´assistenza sanitaria e del sistema pensionistico sono di fatto privatizzati, soprattutto a carico delle grandi imprese nei settori dove la manodopera è sindacalizzata. Per General Motors il peso dell´assicurazione sanitaria è insostenibile. L´anno scorso ha dovuto pagare 5,2 miliardi di dollari solo per garantire l´assistenza sanitaria a 1,1 milioni di persone: gli attuali dipendenti, i loro familiari a carico, gli ex-dipendenti in pensione e le loro mogli. La spesa per cure e medicinali aggiunge 1.400 dollari di sovrapprezzo su ogni automobile venduta dalla Gm. Il quadro peggiora se si considera l´onere della previdenza aziendale. In questo campo la Gm è penalizzata nei confronti con il suo principale rivale, la Toyota. L´azienda giapponese ormai produce negli Stati Uniti molti dei modelli che vende in loco ma le sue fabbriche sono giovani, e i dipendenti pure.

Consumano meno cure sanitarie. I pensionati americani a carico della Toyota si misurano in poche centinaia. La General Motors deve mantenere 422.000 anziani a fronte di 170.000 dipendenti in servizio. Fra pensioni e sanità, la differenza di costi “sociali” che pesa sul prezzo di listino tra un modello Toyota e un modello Gm arriva fino a 3.000 dollari. Per questo non è un paradosso affermare che il principale business della General Motors ormai è il Welfare. Con un divario di competitività così drammatico, la Toyota riuscirà a fare ben presto lo storico sorpasso scalzando la Gm dal posto di più grande produttore mondiale. Oltre al volume di produzione, sui profitti la casa giapponese è irraggiungibile: da sola fa un utile netto superiore alle “tre sorelle” di Detroit, Gm Ford e Chrysler. La produttività Toyota, misurata da The Economist, si è moltiplicata per sette negli ultimi 25 anni, il doppio dei progressi compiuti dalle concorrenti americane.

La rottura con la Fiat va inquadrata in giornate disastrose per la Gm. I suoi risultati nell´ultimo trimestre del 2004 sono precipitati del 37% e si prevede che peggioreranno ancora nel 2005. L´anno nuovo si è aperto male. Le vendite sul mercato americano sono scese a gennaio del 5,3% e soprattutto sono crollati modelli – come il vecchio fuoristrada Yukon – su cui l´azienda ha i più alti margini di profitto. La pacchia dei Suv è finita. La gamma delle case americane soffre di vecchiaia, mentre incalzano modelli giapponesi più attraenti. La quota di mercato domestico della Gm continua a scivolare, ora è al 25,8% mentre sale inesorabilmente Toyota. In Europa le cose vanno peggio, e da anni.

Sui mercati finanziari lo scenario “argentino” è stato per ora scongiurato dal provvidenziale intervento di una merchant bank Usa, la Lehman Brothers. Proprio quando le obbligazioni della Gm rischiavano di scivolare a livello di “spazzatura”, la Lehman ha cambiato il criterio di selezione dei suoi fondi inserendo un rating più indulgente, che per ora salva la Gm dall´onta dell´espulsione dai portafogli dei fondi. E´ una tregua momentanea, perché il declassamento da parte delle agenzie di rating rimane possibile. Che Detroit in queste condizioni non possa permettersi di comprare la Fiat, è ovvio. Ma perfino staccare un assegno è un´avventura.

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