Società

Storia della vigilessa che Renzi vuole a Palazzo Chigi

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ROMA (WSI) – Si è parlato tanto delle fresche nomine ai vertici delle grandi aziende partecipate del Tesoro, Eni, Enel, Finmeccanica e Poste, ma una vicenda riguardante altre scelte “manageriali” e politiche del governo Renzi è rimasta inspiegabilmente nell’ombra.

La nomina di Antonella Manzione – capo dei vigili urbani di Firenze – come nuovo responsabile del dipartimento affari giuridici e legali di palazzo Chigi, è stata rispedita al mittente dalla Corte dei Conti che, in velocità, ha bocciato il nome proposto dal presidente del consiglio come “inadeguato”.

La signora che Matteo Renzi voleva portarsi con sé da Firenze, nell’ambito di un suo più ampio e ambizioso piano per ringiovanire le alte cariche statali, mantenendo la fedeltà tipica dei “cerchi magici”, non avrebbe infatti i requisiti per l’incarico, senza parlare dello smaccato nepotismo, come vedremo più avanti.

A Roma costituzionalisti e avvocati amministrativi sono in subbuglio. Non riescono a capire come sia possibile che il premier – giovane, innovativo, decisionista – abbia compiuto un errore cosi’ clamoroso, proponendo al vertice di quello che solitamento viene definito “ufficio legislativo” del governo, una vigilessa senza alcuna esperienza di leggi e regolamenti dello Stato.

Un ufficio, quello del dipartimento affari giuridici e legali di palazzo Chigi, dove si elaborano decine di decreti governativi (l’Italia legifera a suon di decreti legge dell’esecutivo), disegni e proposte di legge, regolamenti di attuazione delle norme. Un ganglio delicato della Repubblica, in passato gestito da esperti (eminenze grigie sconosciute al grande pubblico) con competenze ed esperienze settoriali di primo piano, quasi sempre Consiglieri o Avvocati dello Stato.

Manzione (leggi curriculum), non solo è considerata una renziana di ferro, ma è anche sorella dell’attuale sottosegretario agli Interni Domenico Manzione; Il Fatto Quotidiano lo definisce “un magistrato vicino a Renzi”, il quale difatti lo volle nell’esecutivo Letta.

La notizia secondo cui la vigilessa non viene ritenuta idonea per ricoprire la carica statale del “Dagl” è stata pubblicata dal quotidiano “Il Tempo”, da pochi altri media e dal deputato del Movimento 5 Stelle, e Vice Presidente della Camera, Luigi Di Maio, che dopo aver presentato un’interrogazione parlamentare sulla vicemda, ne ha scritto sulla sua pagina Facebook.

Una vicenda tutt’altro che secondaria, dal momento che per la prima volta un atto del governo Renzi viene impugnato. Come scrive Fabrizio Orefice su Il Tempo, “sebbene la magistratura contabile abbia valutato solo il merito di questo caso specifico, è evidente che si tratti del primo (e ci si augura ultimo) grande conflitto aperto tra Renzi e le altre altre istituzioni”.

Ma il giovane premier non si da per vinto. Non solo non ha ritirato la nomina (quindi mantiene come candidata Manzione) ma, secondo quanto risulta a Wall Street Italia, sta pensando al sistema per aggirare la Corte dei Conti. Poiche’ la magistratura contabile chiede il rispetto della legge n. 400 del 1988, che all’art. 23 per quella carica pretende sia scelto un magistrato (ordinario o amministrativo) delle giurisdizioni superiori, un Avvocato dello Stato, un professore universitario di ruoli e discipline giuridiche o un dirigente generale dello Stato, Renzi punta a inventarsi “un’equipollenza” tra dirigente generale degli enti locali (come il capo dei vigili urbani) e la figura di dirigente generale dello Stato.

Le conseguenze politiche arriveranno presto, mentre è aperto il conflitto tra premier e istituzioni. Nel frattempo l’ex sindaco di Firenze deve fare i conti con i danni d’immagine. D’ora in avanti per Renzi sarà più difficile vendersi come paladino della meritocrazia e rottamatore della burocrazia in antitesi al sistema Italia fondato su favoritismi, cricche e lobby.