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STAGFLAZIONE E BOLLE SPECULATIVE

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(WSI) – C’è nell’aria una paura di stagflazione da anni ’70, dice sul Financial Times Stephen Roach, uno dei più brillanti banchieri d’affari della Morgan Stanley. Provate a dargli torto. Le prospettive della congiuntura, nel medio periodo, restano nere. La bolletta petrolifera impone un conto salatissimo alle economie mondiali.

Per avere un’idea, nell’ultimo mese i consumi di benzina negli Stati Uniti sono scesi del 9%. Un dato che ha un solo precedente: gli anni della Seconda Guerra Mondiale. È vero che la stagflazione moderna è diversa da quella del passato perché oggi l’inflazione, priva dei vecchi meccanismi di indicizzazione, non ruota attorno alla spirale perversa prezzisalari. Ma questo, paradossalmente, complica le cose. Ed è altrettanto vero che oggi Usa e Europa importano inflazione dall’Asia, dove i prezzi corrono a ritmi del 7,5%.

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Parzialmente diverso è il quadro dei mercati, dove i problemi strutturali sono acuiti dai fenomeni speculativi. Nel breve periodo qualche «bolla» potrebbe esplodere. Dal grano al cacao, dall’olio alle commodities: gli aumenti esponenziali di queste ultime settimane non si spiegano solo con la «fame» di materie prime degli emergenti del «Bric». Prima dell’estate potrebbero in parte rientrare. E questo, come prevede George Soros, potrebbe generare un «rimbalzino» delle borse. Quello che non abbiamo capito è cosa aspettano i banchieri centrali a concertare una politica monetaria all’altezza della sfida. La Bce, finora, ha avuto ragione a tenere stretti i cordoni della borsa sulla stabilità dei prezzi, mentre la Fed ha pagato la manica troppo larga di questi anni. Ma ormai è giudizio unanime che un rafforzamento del dollaro aiuterebbe a calmierare il prezzo del petrolio, e quindi attenuerebbe l’impatto recessivo dello shock. «È troppo chiedere una collaborazione tra Francoforte e Washington?», chiedeva tre giorni fa James B. Stewart sul Wall Street Journal. Buona domanda. Si attende risposta.

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