Economia

Sovranità e moneta, Weidmann e Visco: inflazione è tassa che colpisce i più deboli

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Un incontro fra un migliaio di studenti e vari banchieri centrali, attualmente in carica e non. Lo scopo: educare le nuove generazioni a una maggiore consapevolezza finanziaria. E’ quanto avvenuto nella cornice fiorentina dello “Young Factor” organizzato da dall’Osservatorio Permanente Giovani – Editori, e che ha visto la partecipazione, fra gli altri,  del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, e del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann.

Il dialogo con gli studenti non ha risparmiato anche tematiche controverse come il divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia, l’evento che dal 1981 solleva l’istituto nazionale dall’obbligo di acquistare i titoli di stato rimasti invenduti alle aste di collocamento del Tesoro – un meccanismo che fino a quel momento aveva consentito di tenere sotto controllo i tassi d’interesse, che oggi, invece, fanno dannare il governo.

Oggi come allora, la giustificazione del provvedimento è la lotta all’inflazione: “Non vogliamo tornare a un mondo in cui l’inflazione è la soluzione dei problemi, perché l’inflazione è la tassa più ingiusta che c’è e colpisce i più deboli”, ha risposto Visco alla studentessa che aveva sollevato la questione. Il calo dell’inflazione, unito all’aumento dei tassi d’interesse derivato dallo stesso divorzio, fu fra le cause dell’esplosione del debito pubblico italiano nel corso degli anni Ottanta.

Ma quello del “divorzio” non è che uno degli snodi del filo rosso che unisce il processo d’integrazione europea, nel segno di una maggiore condivisione, ma anche della cessione di parti di sovranità. Sul tema è intervenuto Weidmann: “Se non siamo pronti a cedere sovranità a livello europeo, perché vogliamo essere noi a decidere a livello nazionale, che è quello che avete voi in Italia oggi, allora poi è molto difficile condividere le responsabilità delle conseguenze delle decisioni nazionali”.

Fra le righe si legge la ben nota posizione tedesca sull’integrazione economica: prima che i Paesi del Nord Europa possano decidere di condividere rischi con i Paesi periferici, magari creando un unico debito federale, è necessario che vengano date garanzie sul fatto che le realtà meno competitive ne possano approfittare proseguendo con politiche troppo espansive. “Queste decisioni nazionali prese a livello individuale dai Paesi dovranno essere conformi all’Unione monetaria. Possiamo integrare molto di più la politica fiscale, decidiamo assieme della politica fiscale, però dobbiamo anche convivere con le conseguenze di questa decisione”. Cioè, ad esempio, la perdita di autonomia nella determinazione del deficit.

E se la tentazione fosse quella di tornare appieno alla sovranità nazionale, anche dal punto di vista monetario, Visco ha avvertito: “I costi dell’uscita dall’Unione Europea sono enormi”, e “uscire dall’euro implica anche uscire dall’Europa; non è possibile tuttavia uscire dall’Europa restando nell’euro”. Non è una precisazione di poco conto, visto che gli ultimi sondaggi avevano fotografato un’opinione pubblica italiana critica con l’Ue, ma desiderosa di restare nell’euro. Secondo Visco “c’è stata una perdita di fiducia e c’è una ricerca di vie nazionali”. Ma “questi dubbi che derivano dalla paura del futuro, questa diffidenza va combattuta sul piano dell’economia perché è in gioco la stabilità monetaria che permette all’economia di crescere”.