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SMART MONEY: COME INVESTIRE IN TEMPI DI CRISI

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(WSI) – Negli ultimi due report ho rilevato che i mercati finanziari, sia quelli azionari che delle commodity, sono attraversati da ricorrenti aspettative inflazionistiche seguite da ondate deflative. E ho fatto presente di temere, in particolare, l’emergere di nuove paure deflazionistiche.

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Nel report di giugno ho scritto che, sull’onda di attese deflative, «mi aspetto un rimbalzo del dollaro e dei T-bond di vecchia data, in parallelo con una correzione del mercato azionario nelle prossime settimane». Ho anche rilevato la relazione tra i diversi asset: azioni e commodity si muovono nello stesso modo (guidate dalle attese di crescita e di inflazione) mentre bond e dollaro si muovono all’ingiù. Ma, quando sale la «febbre deflazione», si rafforzano dollaro e bond mentre commodity ed azioni scendono. Perciò, concludevo che a fronte della ripresa delle quotazioni dei bond (a fronte di un calo dei tassi) e del dollaro, azioni e commodity (e le valute agganciate alle materie prime) potrebbero correggere i loro rialzi.

Quel che è notevole è che sia l’S&P500 sia l’indice Crb hanno toccato un massimo l’11 giugno per poi andare da allora sotto pressione (-8% l’S&P e -13% il Crb dai picchi di giugno all’inizio di luglio). A conferma della tesi, il 10 giugno i bond hanno toccato il minimo. Al pari, il 13 giugno il dollaro australiano e quello canadese hanno fatto il massimo sulla moneta Usa. E lo stesso vale per l’oro (990 dollari l’oncia il 3 giugno). Quel che è rilevante è che questi trend, pur riguardando categorie di asset diverse, sono scattati con un’impressionante sincronia, come non mi era mai capitato di vedere in precedenza.

A questo punto, è doveroso porsi un paio di domande. La prima: quale evento può spezzare questo fenomeno? È evidente che, prima o poi, azioni e bond torneranno a muoversi in sintonia (vi faccio notare che corporate bond e azioni si muovono nella stessa direzione solo dal 2008).

La seconda domanda, più facile, è invece: quanto tempo ci vorrà per spezzare l’abbinata? Non voglio tediare il mio pubblico con la solita alternativa deflazione/inflazione. Ma se i sostenitori della deflazione hanno ragione (cosa che potrebbe esser vera nel breve) allora saliranno bond e dollaro, mentre azioni, immobili, materie prime e corporate di rating basso finiranno sotto pressione.

Ma sono anche abbastanza sicuro che, in caso di deflazione, verremmo sommersi da una pioggia di stimoli monetari per correggere la rotta. Ed è ovvio che questo diluvio monetario inciderà sulla salute finanziaria degli Usa. Perciò, l’onda deflativa può prevalere nel breve, ma sarà poi sommersa da una reazione di segno opposto che scuoterà la fiducia nella stabilità del dollaro a stelle e strisce e del debito pubblico americano.

Che fare a quel punto? Innanzitutto, puntare sull’oro e sui titoli monetari. Inoltre, approfittando delle fasi di debolezza, accumulerei titoli di multinazionali di qualità (Johnson&Johnson, Merck, Procter&Gamble, Coca-Cola, Chevron e così via) che, nell’arco di dieci anni, batteranno i rendimenti dei titoli governativi. Inoltre, approfitterei delle fasi di ripiegamento per incrementare il portafoglio di titoli asiatici.

Fin qui ho affrontato il tema dello scenario deflazione. Ma nella seconda parte dell’anno assisteremo a un rimbalzo dell’economia dai livelli infimi in cui era precipitata. I rendimenti dei bond scenderanno così verso lo zero, mentre le azioni saliranno più del previsto.

Torniamo ora alla domanda: quando si romperà questa correlazione. Penso che sia ovvio che la sintonia durerà finché la terapia consisterà di deficit fiscali combinati con l’espansione monetaria. Ma io non credo che questa ricetta possa garantire una ripresa durevole e diffusa alla maggioranza dei cittadini. Al limite, si può riprodurre un trend drogato come quello del 2002/07, ma a rischio di una frattura politica e sociale.

Da un punto di vista economico, una crisi ha un valore ben preciso: ripulire la scena dagli eccessi accumulati nelle fasi di euforia, facendo giustizia degli imbrogli, delle pratiche equivoche e della corruzione che accompagna ogni fase di boom azionario. Purtroppo, stavolta, non è avvenuto nulla del genere. Anzi, la corruzione, la mancanza di trasparenza e le truffe sono oggi più diffuse che mai. La prossima crisi che di sicuro arriverà tra pochi anni sarà così grave che la classe politica non ce la farà a evitare un vero cambiamento.

Ma le soluzioni adottate dalla presidenza Obama comporteranno inevitabilmente, nel giro di pochi anni, lo scoppio di una crisi ancor più pesante: non ho idea di come reagiranno i mercati. Ma penso che la tendenza a speculare, favorita dalla politica della Fed a vantaggio di lobbies ben precise, e l’intero mercato dei derivati siano destinati a sparire.

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