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Siria e Turchia verso la guerra. Usa militarizzano la Giordania

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New York – Dopo il lancio di mortai e le rappresaglie degli ultimi giorni, secondo gli esperti di strategie e conflitti militari internazionali, la prospettiva di una guerra tra Turchia e Siria e’ sempre piu’ vicina: superato il tasso del 50% delle possibilita’.

Nel giorno in cui Ankara ha annunciato che usera’ “maggior forza” se verra’ nuovamente attaccata, l’editorialista dell’Atlantic, Robert Wright, candidato al Pulitzer, sottolinea come spesso nella storia le guerre sono combattute da paesi che non le vogliono (vedi Prima Guerra Mondiale).

Nel caso in questione sono almeno quattro i fattori che potrebbero accendere la miccia delle ostilita’. In primis la belligeranza della Turchia, che potrebbe arrivare alla conclusione che la guerra e’ l’alternativa preferibile e piu’ facilmente percorribile per interrompere il lancio di mortai dal confine siriano. Primo motivo che giusticherebbe una scelta cosi’ drastica sarebbe il persistente flusso di rifugiati siriani verso il paese confinante e la mai risolta questione curda.

Il ‘attraente’ l’idea per chi in America e’ favorevole al conflitto internazionale contro il regime di bashar al-Assad.

In terzo luogo la Siria e’ consapevole di non potersi permettere di ignorare l’importanza del ruolo giocato dal confine turco. Se la Siria non vuole una guerra – e i missili siriani che continuano a colpire la Turchia rischiano di scatenarla – allora perche’ il paese non fa di tutto per impedire che questo accada? Oppure, perche’ non chiede l’installazione di una ‘zona cuscinetto’ sulla parte siriana della frontiera?

Forse proprio perche’ quello a cui vuole arrivare e’ un conflitto “giustificato” dalle circostanze. Il regime sta lottando per la sua sopravvivenza e la resistenza e capacita’ combattiva dei suoi nemici trova la sua linfa vitale proprio lungo il confine con la Turchia.

Il quarto elemento – e forse il piu’ decisivo di tutti – verte sul fatto che in un certo senso Ankara e’ gia’ in guerra aperta contro il regime di Damasco. I ribelli, infatti, non sono solo armati e finanziati in Turchia, bensi’ dalla Turchia (cosi’ come dalle forze alleate all’Occidente e agli Usa in Medioriente, come Arabia Saudita e Yemen).

A proposito del confine tra Turchia e Siria, tanto vitale per la sussistenza delle forze ribelli, gli Stati Uniti intanto hanno dispiegato circa 150 militari in Giordania per fornire un contributo all’accoglienza dei rifugiati siriani ed essere pronti ad agire nel caso in cui il regime di Damasco dovesse perdere il controllo delle sue armi chimiche.

Questa “task force” è stata accolta in un centro di addestramento dell’esercito giordano situato a nord della capitale Amman, a una cinquantina di chilometri dalla frontiera siriana, ha detto un responsabile statunitense confermando un’anticipazione del New York Times.

La missione dei 150 militari è di aiutare l’esercito giordano a gestire il flusso di rifugiati siriani sul territorio. Secondo il capo della diplomazia giordana, Nasser Jawdeh, la Giordania ha accolto fino ad oggi oltre 200.000 rifugiati provenienti dalla Siria.

I militari americani, secondo quanto si è appreso, si terranno pronti a lanciare un’operazione militare per mettere al sicuro le armi chimiche siriane nel caso in cui Damasco dovesse perderne il controllo.

Per contattare l’autore Twitter @neroarcobaleno; daniele@wallstreetitalia.com