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SINISCALCO: ”SIAMO A RISCHIO MERCATI”

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“ANDRÒ domani in Parlamento per fare un’operazione verità sui conti pubblici. Dirò alle commissioni riunite di Camera e Senato come stanno le cose, farò un nuovo quadro aggiornato che servirà come base per il Documento di programmazione e per la Finanziaria 2006. Questa volta non si scherza, l’Europa e soprattutto i mercati sono pronti a giudicare con molta severità i nostri prossimi passi. È vero, con questi dati sul Pil siamo un caso unico nel Continente e occorre un’azione di rilancio. Ma se cederemo alla tentazione di allentare le maglie del rigore, sarà una doccia scozzese”. Domenico Siniscalco si riposa qualche ora in famiglia dopo la trasferta lussemburghese di venerdì e sabato.

Questa mattina alle 7,30 convocherà il Ragioniere generale dello Stato, Vittorio Grilli, e tutti i suoi uomini. Il nuovo mostro da combattere si chiama recessione, anche se il premier preferisce usare il termine, non meno inquietante, di stagnazione. Quel flash dell’Istat sui due trimestri negativi per la ricchezza nazionale, unico caso in Europa, ha cambiato di colpo la scena politica nazionale, ha messo a nudo tutte le debolezze del sistema Italia.

E il ministro dell’Economia si è trovato improvvisamente sulla poltrona più scomoda del Paese. I suoi margini di manovra sembrano ridotti al lumicino: da una parte l’Europa ci dà una fiducia condizionata, promette il suo aiuto a patto che il governo italiano non faccia follie fiscali. Dall’altra il premier, e con lui Tremonti e la Lega, insistono per una manovra straordinaria di rilancio anche a costo di sforare abbondantemente il tetto al deficit.

Lui, il ministro dell’Armonia, in mezzo a tentare un’ultima mediazione, a scongiurare la deriva anti-europeista ma nello stesso tempo a evitare la sindrome di Hoover, che in piena recessione decise una bella manovra restrittiva. “Sì, non voglio finire come lui, non voglio avallare una Finanziaria che in nome del rigore finisca per strozzare il Paese, per stenderlo definitivamente. Ma non voglio neppure che per rilanciare l’economia si finisca con un deficit al 6 per cento del prodotto lordo. Sarebbe una follia”.

Un dilemma serio il suo: se la ricchezza del Paese si riduce, sale il rapporto tra deficit e Pil e per farlo rientrare occorre imporre sacrifici, che a loro volta deprimono ancora di più il prodotto lordo. Come uscire da questa trappola? “Ne possiamo uscire solo con una Finanziaria seria e equilibrata, che rilanci, aggiusti e non strozzi”. Pochi minuti dopo l’ultimo consiglio dei ministri, di fronte alla sparata del collega leghista Calderoli sulla necessità di anticipare tutto il taglio dell’Irap con la Finanziaria 2006, Siniscalco aveva avuto un gesto di stizza: “Non esiste, non esiste, dobbiamo fare delle cose serie”.

Di lì a poco, in conferenza stampa, il presidente Berlusconi annunciava la cura Calderoli del “tutto subito”. E delegava proprio lui, il responsabile dell’Economia, a sondare l’indomani i ministri europei e la Commissione di Bruxelles sulla possibilità di un taglio dell’Irap di 12 miliardi da fare tutto in un colpo. Sondaggio non troppo pressante, in verità. “Vedremo se sarà possibile – aveva dichiarato il ministro – ma una cosa è certa: non faremo strappi con Bruxelles e con l’Ecofin”.

Non è un caso se ora Siniscalco ci mette in guardia dal rischio, ancora tutto teorico, di un deficit proiettato verso il 6%. Proprio a Lussemburgo i tecnici della Commissione europea avevano fatto un semplice ma terrificante calcoletto aritmetico: se, in assenza di grandi manovre di rilancio, il deficit 2006 arriverà tendenzialmente al 4,6%, aggiungendovi un punto di tagli Irap, eccoci proiettati verso il 6.

“Non voglio neppure pensarci – dice il ministro – quel che mi preme dire è che è arrivato il momento di rimettere la barra al centro, di rifare seriamente i conti. E soprattutto si far sapere che se non cambiamo la nostra ottica delle politiche di rilancio, l’economia andrà sempre peggio”.

È finita insomma l’epopea dei tagli Irpef? L’illusione che sventagliando a casaccio le aliquote, le famiglie si arricchiranno, come ricordava fino a qualche mese va Berlusconi? Chi si aspettava un ministro sdrammatizzante, solo moderatamente pessimista, sbaglia di grosso. E almeno sul confronto internazionale, la sua analisi coincide con quella del presidente di Confindustria Montezemolo. “È inutile girarci intorno, questi due trimestri consecutivi sotto zero sono un caso tutto italiano. In Europa sono preoccupati, eppure venerdì e sabato ho trovato un grande rispetto per noi e una sincera fiducia nel fatto che ce la faremo a uscire da queste secche. E però ci mandano anche dire che non è il momento di scherzare. E poi fosse solo un problema europeo…”.

Siniscalco non vuole neppure ventilare la possibilità di una bocciatura dell’Italia da parte delle agenzie di rating, di un costo del debito che potrebbe salire perché declassato. Usa un termine molto più generico ma pur sempre efficace: “mercati”. “Siamo sempre nel mirino dei mercati, non dimentichiamocelo. È questa una delle mie più forti preoccupazioni”. Perché se la spesa per interessi sui Bot dovesse impennarsi, eccoci ripiombare in un paradossale ritorno al futuro, in uno scenario che riporta alla mente gli anni in cui il deficit saliva automaticamente a prescindere dalle spese vive dello Stato. No, il ministro sa che quell’Italia è ormai lontana, che l’euro ci fa da scudo sui tassi. Ma fino a un certo punto.

Dunque, rilancio dell’economia sì, ma con prudenza. Con la necessaria gradualità. “La manovra sull’Irap la faremo sicuramente, e la faremo anche per decreto subito, perché solo tagliando oggi, lo sgravio potrà avere effetto nel 2006”. Ma dimentichiamoci la megamanovra antieuropeista. Almeno questa è l’intenzione del ministro.

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