Editoriali

Silvio Berlusconi, il ricordo di Leopoldo Gasbarro, all’insegna dell’italianità

Ho incontrato Berlusconi per la prima volta nel settembre del 1993. Allora lavoravo per Programma Italia, l’attuale Banca Mediolanum. Avevo vinto un contest aziendale, che prevedeva come premio una cena ad Arcore con i presidenti Berlusconi ed Ennio Doris. L’impatto di Silvio Berlusconi fu davvero forte. Nella villa di Arcore, mi trovai proiettato in un mondo che fino ad allora avevo visto soltanto in tv. Dopo pochi minuti che eravamo arrivati, fece irruzione da lui Fabio Capello, allora allenatore di un Milan stellare e vederlo mi fece comprendere quanto il mondo creato da Silvio Berlusconi avesse già assunto dimensioni straordinarie.

All’epoca Berlusconi non era ancora sceso in politica, ma quella sera, a me e agli altri partecipanti alla cena, dopo averci accolto in maniera simpatica, affabile e amichevole, ci invitò a scendere nel suo teatro privato per scambiare quattro chiacchiere con tutti noi. Fu proprio allora che ci disse: “Guardate qui“. Aveva tra le mani delle spille con la bandiera italiana con il marchio di Forza Italia. Quel “Guardate qui” aveva in sè un programma politico, di ideali, di visioni, che Silvio Berlusconi ci anticipò proprio quella sera. Fu una confidenza, ma neanche tanto. Cercava già persone con cui condividere il suo progetto. Sarebbe sceso in campo qualche mese dopo, nel 1994. Da totale outsider, da quel momento, come ha sempre fatto nella sua vita, è diventato protagonista indiscusso della politica italiana e mondiale degli ultimi 30 anni.

Essere a contatto con lui regalava sensazioni particolari. Da un lato ti rendevi conto di essere a contatto con un uomo di spessore unico nel suo genere, ma dall’altro, proprio per le sue caratteristiche, abbatteva ogni barriera e ti faceva sentire più vicino a lui di quanto potessi aspettarmi. Quella sera, al di là dell’annuncio politico, ci regalò 4 ore di una compagnia simpatica, divertente, fatta di consigli commerciali, di visioni futuristiche, che poi ho riscontrato nel tempo essere sempre più vere. L’unico mio rammarico di quel primo incontro con Silvio Berlusconi era rappresentato dalla cravatta che indossavo. Per anni non ho usato la foto che avevo con lui proprio a causa della cravatta che avevo indossato. Poi è arrivato Photoshop…

La cosa che più mi ha colpito di Silvio Berlusconi è stata la stima che aveva di lui un altro grande uomo: Ennio Doris. Ho sempre guardato al presidente di Banca Mediolanum con un’ammirazione che continua a crescere nel tempo, anche dopo che ci ha lasciato. Ma quello che mi colpiva davvero, proprio in virtù della stima che avevo per Ennio Doris, era il rispetto, l’amicizia e il livello di stima altissimo che il presidente di Banca Mediolanum aveva per Berlusconi. Erano due uomini completamente diversi l’uno dall’altro, ma legati da un’amicizia indissolubile. Doris e Berlusconi hanno creato una delle aziende più importanti del mercato nel settore della consulenza finanziaria. Si sono legati con una semplice stretta di mano, perché una stretta di mano per uomini di valore come loro erano, valeva più di qualsiasi contratto. Un incontro fortuito a Portofino, poi una serie di incontri successivi a Milano, nel 1982 al Jolly Hotel di Milano 2 fu sancita la nascita di Programma Italia Investimenti, poi diventata Banca Mediolanum.

Berlusconi, checché ne dicano estimatori e detrattori, è stato l’unico vero protagonista italiano della politica degli ultimi 30 anni. C’erano i suoi programmi e quelli di chi lo osteggiava. Ha combattuto strenuamente contro una magistratura che avrebbe distrutto chiunque, tranne lui. Ha continuato imperterrito a cercare di portare avanti un percorso che la politica italiana, anche con molti tradimenti, non gli ha permesso di sostenere. Probabilmente era troppo avanti nel tempo rispetto a un contesto, quello italiano, che si è preoccupato maggiormente di contrastare il suo potere economico e mediatico, che di occuparsi della cosa pubblica. Non tocca a me ricordarne i tanti incontri importanti all’estero, nè altri aspetti della politica italiana. Tuttavia due cose mi hanno colpito nell’attaccamento di quest’uomo al paese:

  1. Ogni volta che incontrava un capo di Stato, un uomo o una donna importante che arrivavano dall’estero, gli regalava un prodotto italiano: spesso le cravatte di Marinella.
  2. Per chi qualche volta ha cenato a casa sua, che fosse Arcore o Villa Gernetto, il menù aveva sempre una sola caratteristica, anzi tre: era colorato di bianco, rosso e verde. Ogni piatto esprimeva i colori della bandiera italiana.

Lui è stato questo: italiano fino in fondo, in un paese da cui forse avrebbe potuto aspettarsi di più. Il resto dei ricordi nelle altre tre o quattro occasioni in cui l’ho incontrato li tengo per me, così come le sue strette di mano, sincere e motivanti.