Società

SFIDUCIA DAL 70% DEGLI ITALIANI
PER PARLAMENTO
E GOVERNO

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(WSI) –
È proprio vero. La sfiducia verso la politica e i suoi esponenti è sempre più diffusa. Il fenomeno è stato sottolineato sul Corriere di domenica nell’editoriale di Romano e nell’intervista di D’Alema, anche se naturalmente con taglio differente. Lo stesso giorno — non a caso, a riprova della realtà del fenomeno — Diamanti si è occupato del tema su Repubblica (leggere anche l’articolo LA CASTA: COME MONTA L’ANTIPOLITICA).

Peraltro, tutti i dati, dall’Eurobarometro agli ultimi sondaggi, confermano il medesimo scenario: ad esempio, solo il 30% degli italiani ha fiducia nel Parlamento e grossomodo lo stesso numero manifesta consenso per il governo.

La sensazione prevalente nei cittadini è che i politici — in modo pressoché indifferenziato, compresi quelli del proprio partito — siano disinteressati alle problematiche vere del Paese e abbiano in mente soprattutto l’esigenza di essere rieletti. L’80% ritiene che i «politici sono interessati ai voti della gente e non alle sue opinioni». E il 77% pensa che «gli uomini di governo non sono realmente interessati a quel che succede alla gente come me». Anche la nostra modesta esperienza personale sembra confermarlo: i sondaggi dovrebbero servire per conoscere attese e bisogni dei cittadini, anche in vista dell’attuazione di politiche volte a vincere, un domani, le elezioni.

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Diversamente da quel che accade in altri Paesi, sono però pochissimi i politici italiani che li commissionano e li utilizzano a questo fine. L’attenzione per le ricerche si accende solo in vista delle elezioni, quando tutti chiedono di prevedere il risultato, l’unico dato che sembra interessare davvero. La sfiducia verso la politica si traduce sia in atteggiamenti esplicitamente negativi (disgusto, diffidenza, rabbia, noia, che vengono espressi dal 58% dei cittadini), sia con l’indifferenza, manifestata da circa un italiano su quattro.
Rispetto al passato, quest’ultima reazione sembra trovare oggi sempre maggiore diffusione.

Insomma, la risposta all’impressione, più o meno giustificata, del disinteresse dei politici verso il Paese è un crescente disinteresse dei cittadini verso la politica. Emerge sempre più frequentemente il distacco, la rassegnazione. E, di conseguenza, la decisione di «far da soli». Nel lavoro, come nelle relazioni sociali, ci si «arrangia». La strategia più diffusa è quella dell’individualismo.

Lo mostra indirettamente anche un’inchiesta recente: circa un terzo (31%) di un campione di piccoli imprenditori ha dichiarato di prevedere che, nei prossimi mesi, l’economia del Paese sarebbe andata «male». Ma alla domanda sul proprio settore, l’atteggiamento diviene meno negativo e i pessimisti scendono al 27%. Riguardo alle prospettive della propria impresa, infine, la stragrande maggioranza (96%) diviene molto ottimista. Segno della fiducia nel «io me la cavo». La scelta della opzione individualista è determinata, oltre che da alcuni tratti del nostro carattere, dalla percezione dell’assenza — o dell’irrilevanza — di regole certe e di un supporto dei poteri pubblici. È, direbbe Diamanti, la strategia adottata «nonostante la politica».

Resta il fatto che una somma di risposte individualistiche alla competizione economica internazionale e/o ai bisogni della vita sociale rischia di travolgere il Paese. E ci sarà allora chi se la prenderà con la politica e con i suoi protagonisti.

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