Società

SFIDA ALL’ OK CORRAL CON I GIUSTIZIALISTI

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(WSI) – Prima delle elezioni avevo consigliato a Silvio Berlusconi, dalle colonne di Panorama, di tenersi alla larga dai temi della giustizia. C’è tanto da fare che quelli, pensavo, possono venire dopo. Non immaginavo però che la giustizia, per mano di alcuni suoi più smaniosi amministratori, le avrebbe ancora una volta escogitate tutte per non tenersi alla larga da lui. Credevo che la stagione dello scontro tra politica e toghe potesse considerarsi finita e che la caccia al Cavaliere fosse avviata a conclusione, soprattutto perché l’area ideologica in cui certi pm avevano trovato in passato legittimazione era uscita devastata dal confronto elettorale. Con il senno di poi, mi sbagliavo: quella che pareva una legislatura cominciata bene, capace di metter mano ai guai del Paese, sta precipitando in un vortice di veleni in cui rischia di essere risucchiato lo stesso governo.

L’operazione, diversamente dal passato, non mira ad abbattere il presidente del Consiglio per via giudiziaria, ma a demolirne l’immagine pubblica, a minarne il profilo istituzionale, così da renderlo impresentabile, in Italia e all’estero. Qualcuno pensa che le telefonate, i pettegolezzi, le spiate dal buco della serratura possano fare molto più di una condanna in primo grado, soprattutto se la sentenza rischia di essere riformata nel secondo o in Cassazione per evidenti vizi di forma. Non importa che nelle chiacchiere bollenti non si ravvisino profili di reato: bastano quelli provocanti di belle ragazze in cerca di una parte. E così è un inseguirsi di voci su presunte intercettazioni a sfondo erotico-ministeriale e confidenze d’alcova su cui non è apposto alcun segreto giudiziario.

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Una campagna che ha una diabolica efficacia e che non è nuova. Trent’anni fa, con un mix forcaiolo e gossiparo molto simile, L’Espresso riuscì ad abbattere Giovanni Leone. Il presidente della Repubblica fu descritto come un tangentista anche se era innocente, fu ritratto in copertina come un clown, fu messo in croce per le sue amicizie, fu sbeffeggiato perché aveva una bella moglie e dei figli dipinti come monelli. Grazie alla codardia del suo partito, la Dc, e alla protervia dell’opposizione, il Pci, il capo dello Stato fu accompagnato alla porta, salvo poi essere riabilitato vent’anni dopo. La giornalista dell’Espresso che si era resa responsabile di quella caccia all’uomo fu condannata, ma nessuno lo ricorda più.

Così come nessuno rammenta che, per un curioso caso, Leone fu l’unico presidente favorevole alla separazione delle carriere tra pm e giudici: in un messaggio alle Camere ammonì il Parlamento sul lassismo giudiziario, invocando meno scarcerazioni facili, soprattutto meno ferie e concorsi e formazione più scrupolosi per i magistrati. Rinviò alle Camere la legge sull’elezione dei membri del Csm, la stessa che in seguito alla reiterazione del Parlamento aprì le porte dell’organo di autogoverno delle toghe alle correnti e alla politicizzazione.

Chi credesse dunque che il problema della giustizia e dell’uso politico che alcuni gruppi editoriali fanno della giustizia e del pettegolezzo siano un problema esclusivamente di Berlusconi sbaglierebbe. Il problema della giustizia, della sua ideologizzazione e dell’irresponsabilità dell’azione penale, mischiato al ruolo che alcuni centri giustizialisti svolgono, non riguarda solo il Cavaliere, ma la democrazia stessa. Il tema non è sorto nel 1994, con la discesa in campo di Berlusconi, ma tiene banco dal giorno in cui è nata la Repubblica.

Nel 1954 il ministro Michele De Pietro (quasi un omonimo dell’attuale leader della corrente forcaiola) cercò di porre un argine a un potere giudiziario che si autoamministra con un’autonomia che anche all’estero giudicarono non avere eguali in Europa continentale. Ma la riforma fu bloccata dalle proteste dei giudici. Ogni tentativo di rompere l’intangibilità dei magistrati nel corso degli anni si è infranto contro lo strapotere delle toghe. Dal referendum sulla responsabilità civile alla riforma del Csm, ogni prova si è risolta in ulteriore rafforzamento dei giudici.

Quella in cui è impegnato Berlusconi appare dunque come una sfida all’Ok Corral, un duello all’ultimo sangue, dove non è sicuro che a vincere sarà la legge, anche se si presenta sotto le ali della giustizia.

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