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SE TEHERAN RIDE, PYONGYANG PURE

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(WSI) –
La Corea del nord ha fatto ieri mattina il suo test atomico, sotterraneo e ammantato dalla solita opacità, per poi irridere il mondo: “Fateci i complimenti”.

E’ un test “inaccettabile” secondo il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush. E’ un test “imperdonabile”, secondo il neopremier giapponese, Shinzo Abe, ieri in Corea del sud dopo l’importante visita a Pechino. La Russia ha chiesto una “reazione immediata”, la Cina non ha nascosto la sua preoccupazione (irritata) e il Consiglio di sicurezza si è riunito d’urgenza per definire la strategia dopo il monito – caduto nel nulla – di venerdì.

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Per l’Europa della porta sempre aperta al dialogo il confronto con l’Iran che corre verso la Bomba non va neppure accennato – così ha detto ieri il capo della diplomazia di Bruxelles, Javier Solana – ma è chiaro che l’assenza di muscoli internazionali sul dossier nucleare di Teheran ha fatto e fa eccitare il dittatore di Pyongyang.

Tanto che negli ultimi mesi Kim Jong Il ha cadenzato a ritmo perfetto – ha una passione per il balletto, del resto – i suoi annunci con l’altalena diplomatica dell’Iran: il suo culto della personalità gli impedisce di lasciare lo scettro del più cattivo a uno come Ahmadinejad; la sua fame di soldi gli impone di tenere alta la tensione con la comunità internazionale. La quale non può più farsi dettare i tempi e i modi della sua azione da quello o da quell’altro regime.

A questo serve il riavvicinamento voluto dal Giappone nei confronti di Seul e Pechino. A questo serve una strategia chiara e concertata sulla proliferazione nucleare, senza aspettare che il circolo dei “rogue states” si doti della Bomba.

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