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SE LE BANCHE SOSTITUISCONO LE BORSE

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La Commissione Europea avanza un progetto di riforma dei mercati finanziari, che suscita già le ire della Federazione Bancaria Francese (Fbr).

Secondo la Commissione, alle banche d’affari dovrebbe essere consentito in tutta Europa di comperare e vendere direttamente, in modo privato, titoli delle società quotate in Borsa, senza avvalersi delle società di intermediazione finanziaria e senza piazzare in Borsa le contrattazioni.

Ciò è attualmente permesso in Gran Bretagna e in Germania ma vietato in Francia, in Italia e in Spagna. Una conseguenza di questa proposta sarebbe la non trasparenza: i prezzi non sarebbero resi noti prima, ma solo dopo le operazioni.

Se questo sistema si sviluppasse le quotazioni ufficiali delle Borsa non vorrebbero dire quasi nulla, perché fuori dal loro listini pubblici, avrebbero luogo masse di contrattazioni a prezzi ignoti.

La Fbr obietta che se si volessero abilitare le banche d’affari a comportarsi come Borse, bisognerebbe che esse avessero la medesima trasparenza.

Ma alle banche d’affari questa pubblicità preventiva non piace e la Commissione Europea, nella sua proposta, si adegua a ciò, pur sostenendo che lo scopo della nuova regola è di aumentare la concorrenza sui mercati finanziari.

Come se un requisito necessario della concorrenza non fosse la pubblicità dei prezzi: che è prescritta anche per i negozi di frutta e verdura, obbligati ai cartellini sulle ceste.

Consentendo alle banche d’affari di sostituirsi alle Borse, creando secondi e terzi mercati riservati, si possono incentivare manipolazioni e imbrogli a danno degli azionisti, come quelli che sono emersi negli Stati Uniti e che George Bush tenta non senza fatica di correggere.

E’ probabile che il governo francese dica no al progetto. Ma è anomalo che, mentre dalle vicende americane viene un invito a creare muraglie cinesi per arginare i conflitti di interessi fra banche d’affari, imprese quotate in Borsa e loro managers, a Bruxelles si pensi invece di armonizzare l’Europa su uno spregiudicato capitalismo affaristico: commistione di interessi fra banche d’affari, società da esse finanziate e loro amministratori, per giunta in regime di opacità legale del mercato.

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