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(WSI) –
Quando i mercati finanziari crescono del tre o quattro per cento al giorno, nessuno ci fa caso. Ma quando, giorno dopo giorno, perdono quelle stesse percentuali, ecco che diventa quasi un dramma. Ieri il Financial Times, per esempio, ha aperto i suoi servizi con «corsa alle vendite per il panico» e «forte ribasso». Ma non faceva altro che riferire una perdita dell’1,4% nell’indice azionario S&P 500 in America, che lo portava a una flessione dello 0,8% rispetto al primo gennaio. Che cosa si dirà oggi per il calo del loro indice Ft-Se 100, che ha perso il 4%? La fine del mondo?

Dunque forse si sta facendo troppo chiasso sul calo delle azioni questo mese e sui problemi relativi al mercato del debito. Il presidente francese Nicolas Sarkozy, addirittura, ha interrotto le sue vacanze in America per scrivere una lunga lettera alla cancelliera tedesca Angela Merkel su quanto sta accadendo e per fare una precisazione: che occorre aprire un’inchiesta sul ruolo delle agenzie di valutazione del credito (rating).

Non voglio dire che Sarkozy abbia torto, ma qui non si tratta di cose sulle quali i presidenti francesi e i cancellieri tedeschi dovrebbero consultarsi. Sì, le agenzie di rating, come Moody’s e Standard Poor’s, incoraggiano gli investitori a fidarsi, ed è quello che è successo sia al mercato americano dei mutui ad alto rischio (subprime) sia a tutti quegli scaltri strumenti finanziari da esso derivati. Le agenzie possono soltanto basare la loro valutazione su dati storici, e quando i titoli sono nuovi, i dati storici non ci rivelano un bel niente.

Però, bastava il nome di questo mercato a farci drizzare le antenne: subprime. Questo significa che le persone che prendono denaro a prestito in questo mercato, per comprarsi la casa, sono clienti a rischio elevato. Se la loro situazione economica peggiora, con ogni probabilità non saranno in grado di restituire il prestito. Negli ultimi cinque anni, l’America ha conosciuto una forte crescita nel prezzo delle abitazioni, proprio come in molti Paesi europei — Gran Bretagna, Francia e Spagna — alimentata da bassi tassi d’interesse. Prima o poi quella bolla sarebbe scoppiata. E quando è successo, i debitori più deboli sono diventati inadempienti. Chi ha comprato titoli collegati ai loro debiti è destinato a subire perdite. Ed è quello che sta accadendo oggi.

Nessuna inchiesta sulle agenzie di rating sarà in grado di modificare questo dato fondamentale. Allora, bisogna preoccuparsi e fino a che punto? Ci sono tre cose da dire. La prima è che lo scompiglio in atto nei mercati finanziari non è ancora terminato. Man mano che i creditori vanno in perdita, diventeranno più cauti nel prestare ancora denaro, e questo a sua volta avrà ricadute su tutte quelle società che chiedono prestiti per un’infinità di scopi in tutto il mondo. Ci vorranno diversi mesi prima che tutto il processo completi il suo iter. La seconda è che si tratta in realtà di un processo salutare, in termini economici.

Quando le cose vanno bene, i tassi di interesse sono bassi e il credito è facilmente disponibile, ecco che individui e società si mettono a fare pazzie. L’unico modo per arginare quella pazzia è proprio con il sopraggiungere, di tanto in tanto, di qualche scossone al mercato.

La terza è che il mondo in generale, e anche l’Europa, ha tutti i mezzi per assorbire questo sconvolgimento senza riportare troppi danni. La crescita economica a livello mondiale ha conosciuto i suoi migliori 4 anni degli ultimi 40. Quella crescita ha avuto molti protagonisti, dall’America alla Cina, dal Giappone all’America Latina e, specie nell’ultimo anno, vi ha preso parte anche l’Europa, man mano che tutti i Paesi contribuivano all’espansione degli altri. Le società hanno rastrellato profitti eccezionali e molte di esse hanno ripianato i debiti e costituito riserve di liquidità.

Forse la crescita, a causa di questo inconveniente, sarà rallentata l’anno prossimo, anziché nell’anno in corso. Ma il rallentamento non sarà troppo doloroso. Potrebbe, semmai, contribuire a raffreddare il prezzo del petrolio e l’inflazione. Una quarta considerazione che si potrebbe aggiungere, tuttavia, è che quando i mercati attraversano un periodo di turbolenze si rischia sempre di trasformare un dramma in una crisi o persino in una catastrofe. Di solito, questo accade quando i politici cominciano a immischiarsi.

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