Società

SCANDALO SPECULAZIONE SULLE MATERIE PRIME

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(WSI) – Il prezzo del petrolio vola e supera i 115 dollari il barile. Salgono anche i prezzi delle altre materie prime e soprattutto quelli dei prodotti agricoli. Ad esempio il prezzo del riso ha stabilito ieri un altro massimo storico e nell’arco di un anno è più che raddoppiato. Ad essere colpiti maggiormente dall’impennata dei prezzi dei prodotti agricoli sono i paesi poveri, dove una parte consistente del reddito delle loro popolazioni è consacrata alle spese per alimentarsi.

Non sorprende quindi che in molti paesi africani vi siano già state sommosse, che ad Haiti sia già caduto il capo del governo e che in Egitto l’esercito sia stato incaricato di produrre il pane per la popolazione. La paura della fame è risorta e in un numero crescente di paesi ha spinto i governi a vietare le esportazioni dei prodotti agricoli. La lista di questi paesi è sempre più lunga. Tra essi figurano grandi Stati produttori di derrate alimentari, come l’Argentina e il Kazahkistan, e paesi con grandi popolazioni come l’India e l’Indonesia.

È legittimo domandarsi che cosa sta succedendo. E in secondo luogo, quali conseguenze ha l’impennata di questi prezzi su un’economia mondiale già scossa da una grave crisi finanziaria.

L’impennata del prezzo del petrolio sembra sfidare le leggi della gravità, ossia la regola secondo cui quando l’economia americana e quella mondiale rallentano, diminuisce anche la domanda di greggio e quindi il prezzo diminuisce. Nelle ultime settimane, dato che il dollaro è rimasto relativamente stabile, l’andamento del prezzo del greggio ha sfidato anche la nuova regola secondo la quale sale per compensare il deprezzamento del biglietto verde americano. Il mancato funzionamento di queste regole viene comunemente addebitato all’insaziabile fame di petrolio di Cina ed India.

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Questa tesi, ripetuta come un ritornello, spiega l’aumento del prezzo del
greggio, ma non spiega l’impressionante accelerazione di questo movimento al rialzo. I principali attori del gioco delle ultime settimane sembrano essere altri: i paesi produttori e la speculazione finanziaria. I primi, accortisi che si stava allargando la differenza tra i prezzi alla consegna di petrolio e i futures sul petrolio, si sono spaventati del possibile calo del prezzo dovuto alla riduzione della domanda di greggio per la recessione americana e hanno immediatamente reagito.

Da un canto, l’Opec ha cominciato a ridurre la produzione di 300.000 barili il giorno e, dall’altro, la società petrolifera Lukoil ha reso noto che l’estrazione russa di greggio ha raggiunto un massimo e che quindi è destinata a diminuire nei prossimi anni. Dall’altro, la speculazione finanziaria ha moltiplicato le proprie «scommesse» sul rialzo del prezzo non solo del petrolio ma anche dei prodotti agricoli, provocando un ulteriore impressionante accelerazione del movimento al rialzo.

Anche la lievitazione dei prezzi dei prodotti agricoli viene addebitata al miglioramento della dieta alimentare di milioni di cinesi e di indiani, che è un fatto indiscutibile, ma che di nuovo non spiega l’impennata di questi prezzi. In realtà, la causa prima di questa impennata è la scelta del governo americano, di alcuni governi europei, del Brasile e di altri di varare politiche di sostegno ai «biocarburanti» (una scelta discutibile anche dal punto di vista ecologico). A ciò si aggiungono alcune cause più contingenti, come la siccità che ha rovinato i raccolti di alcuni paesi. Anche per i prodotti agricoli grande parte dell’impennata dei prezzi è però dovuta alla speculazione finanziaria.

Tutto ciò sembra una ripetizione di quanto successe negli anni Settanta. Anche allora questi prezzi salirono fortemente e anche allora la politica monetaria delle banche centrali fu molto espansiva. Il risultato finale fu la stagflazione, ossia un decennio segnato contemporaneamente da bassa crescita economica e da alta inflazione. La differenza fondamentale è che negli anni Settanta il rialzo di questi prezzi provocò la stagflazione, mentre oggi peggiora una realtà economica internazionale già fragile a causa della crisi del sistema finanziario.

La seconda differenza è che allora il movimento dei prezzi delle materie prime e di quelli dei prodotti agricoli non venne esacerbato dalla speculazione finanziaria, come invece avviene ora. Al punto da spingere a domandarsi dove ci porterà la «mania distruttiva» di grandi banche ed Hedge Funds.

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