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S&P 500 SCALERÀ QUOTA 2000

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(WSI) –
Siamo alle soglie di un eccezionale boom del mercato azionario americano (e questo nonostante il rialzo dell’ultimo periodo). Presto vedremo nuovi massimi di tutti i tempi, ed entro il 2010 mi aspetto l’S&P 500 a 2000 punti (rispetto ai 1.500 attuali). E sarà proprio la tecnologia a guidare la cavalcata, ponendo fine a sette anni di traversie dopo lo schianto del Nasdaq di inizio Duemila. Adesso vi spiego l’origine di tanto ottimismo.

Per incominciare, Wall Street non è cara. Secondo una moltitudine di parametri fondamentali, la Borsa newyorchese è sottovalutata di circa il 30-40% rispetto al suo valore di equilibrio. Perché tanta certezza? In definitiva basta affidarsi agli utili. Nel primo trimestre dell’anno, i due terzi delle società quotate hanno guadagnato più di quanto avessero indicato gli analisti di professione.

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Se immaginiamo l’S&P 500 come un’unica grande azienda, il suo utile medio per il 2007 dovrebbe essere di circa 93 dollari. E poiché l’indice passa di mano a 1.500 punti, vuol dire un rendimento di oltre il 6%, con la prospettiva di aumentare anno dopo anno. Sono cifre incoraggianti se pensiamo che il costo del denaro per le multinazionali statunitensi è del 6% nominale, che diventa del 4% al netto delle imposte. Insomma, con il costo del denaro al 4%, e il rendimento degli utili al 6%, non c’è niente di meglio che indebitarsi e finanziare il riassorbimento delle proprie azioni (e ogni sorta di fusione e acquisizione). Questa è la ragione per cui sono stati ritirati dal mercato titoli e quote societarie, pari a un controvalore di 600 miliardi di dollari.

S&P 500 A 2000 PUNTI. Per tutti questi motivi, quindi, scommetto sul forte apprezzamento della Borsa Usa, con la possibilità per l’indice S&P500 di balzare dai 1.500 punti attuali ai 2.000 punti entro la fine del 2010. La mia tesi non necessita di un’economia florida e vibrante, ma si basa su un percorso di sviluppo normale. Ossia ritengo che l’espansione della ricchezza nazionale viaggerà al 3%, e l’inflazione al 2 per cento. In questo scenario gli utili possono marciare al passo del 7-8% l’anno. Non si tratta di indulgere in fantasie, giacché di solito i profitti corrono più rapidamente della congiuntura grazie all’ausilio del debito.

Facciamo adesso un po’ di semplice esercizio matematico. Abbiamo già detto che gli utili dell’S&P500 valgono circa 93 dollari. Se le mie congetture sono corrette, saliranno a 115-120 dollari nel 2010. Applicando un multiplo di 17 si arriva alla quotazione di 2.000 punti. E ciò in un clima di crescita e di inflazione moderate. Cioè siamo stati prudenti in tutte le nostre supposizioni. Certo, a un dato punto, l’esuberanza si impadronirà degli operatori e delle famiglie com’è accaduto in passato. Assisteremo a una seconda bolla speculativa, ma per ora almeno non la prendo in considerazione. Il rialzo del quale abbiamo parlato è invece pienamente supportato dai fondamentali.

TUTTI I PERICOLI. Sono incline a pensare che il potenziale di ritorno sia oggi preponderante rispetto ai rischi esistenti nel mercato azionario. L’inflazione è ben contenuta all’interno dei limiti prefissati dalle autorità monetarie. A volte si nota una qualche effervescenza, però poi tutto rientra nella normalità. Ugualmente significativa è la robustezza dimostrata dall’America alle prese con la crisi del settore immobiliare. Essa ha cagionato un rallentamento, ma è improbabile che il rallentamento sfoci in una recessione.

In primo luogo perché il 95% della forza lavoro è impiegata. La disoccupazione per gli adulti con una laurea in tasca non supera il 2%, per i diplomati è al 4% e per il resto della popolazione al 7 per cento. I redditi salgono, e quando gli americani hanno soldi da spendere, si può contare su di loro perché li spendano. In breve, non è un clima da recessione. Si potrebbe ribattere che nel mondo ci sono attualmente diversi conflitti latenti. Che la situazione in Iraq desta sconforto. Che la peste aviaria è dietro l’angolo. Tuttavia, operare delle scelte in attesa della catastrofe o della tragedia sarebbe un po’ come aspettare Godot. Io preferisco invece essere investito al cento per cento.

*David Kotok e’ stato tra i fondatori, nel
1973, della Cumberland
Advisor, di cui
è responsabile degli
investimenti. Articoli
e commenti sono apparsi
su «The New York
Times», «The Wall Street
Journal» e «Barron’s».
La società di investimenti
Cumberland Advisor
(www.cumber.com) ha
sede a Vineland
nel New Jersey (Usa).

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