Società

RISPARMIO
NON CONVERTIBILI

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(WSI) – In una giornata da dimenticare per Piazza Affari, c’è però qualcosa che si può segnalare: il buon comportamento dei titoli di risparmio. Non si può mai generalizzare, ma resta il fatto che tra i dieci migliori titoli del listino compaiono ben quattro rnc: Ras, Impregilo, Banco Desio e Telecom. Di norma, la primavera è una stagione favorevole per questa categoria di azioni, perché in prossimità dello stacco della cedola si assiste a una riscoperta da parte degli investitori. Ma qui la stagione è un po’ avanti, e infatti Telecom, Ras e Banco Desio hanno già distribuito il dividendo.

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Inoltre le rnc avvertono in misura maggiore la concorrenza dei bond, e una fase di rialzo dei tassi come questa non dovrebbe avvantaggiarli. E allora come si spiega questo andamento? Forse non c’è una spiegazione univoca. Tuttavia, un genere di rumor che di solito fa bene alle risparmio è quello della imminente conversione in ordinaria.

È l’ipotesi suggerita ieri da Deutsche Bank sulla big cap delle risparmio, ovvero su Telecom. In uno studio, Db segnala che lo sconto rispetto all’ordinaria è ridotto ai minimi, vale a dire intorno al 5 per cento. L’ipotesi di un buy back non è percorribile, perché il rapporto debito/Ebitda salirebbe a 4 mettendo a rischio il rating del gruppo telefonico. D’altra parte, una conversione avrebbe forti effetti diluitivi, rendendo Telecom più esposta a take over. L’ipotesi formulata da Db è che i titoli di risparmio vengano per due terzi riacquistati e convertiti in ordinarie per la parte restante. In questo modo, tra l’altro, si avrebbe un aumento del 12% dell’eps sul titolo, circostanza che ha una valenza difensiva per il titolo.

Uni Land
Comprare terreni per ricostituire il flottante. È questo il senso di un’operazione in via di perfezionamento (è stata firmata la lettera d’intenti) attraverso la quale la società acquisterà un appezzamento agricolo di 75mila mq a Castelfranco, in provincia di Modena. L’operazione, rende noto la società, è condizionata all’inserimento dell’area nel piano regolatore di Castelfranco, con destinazione residenziale. Anche per questo l’importo della transazione non è definito, ma Uni Land precisa che non sarà inferiore a 5,2 milioni. A vendere sono sei privati, che verranno pagati in azioni della società. In questo modo Uni Land, che è controllata al 95% dalla Cemlux di Alberto Mezzini potrà ricostituire la soglia minima di flottante, che per l’Expandi il 10% del capitale.

Lunedì scorso anche un’altra small cap aveva annunciato un’operazione finalizzata al medesimo obiettivo. Si tratta della Garboli, rilevata (con alcune vicende tempestose) dal gruppo Pizzarotti. La società ha depositato il prospetto informativo relativo alla vendita di 2,69 milioni di azioni, attraverso la quale il flottante passerà dallo 0,1 al 10 per cento. Attraverso queste operazioni due small cap riusciranno a soddisfare il requisito della diffusione tra il pubblico e quindi a restare in quotazione. Ma si tratta pur sempre di controvalori molto modesti: il 10% di Uni Land vale 5,8 milioni, quello di Garboli 6,3. Già ora – ma a maggior ragione nel grande circuito delle Borse mondiali al quale Piazza Affari vuole aderire – sono grandezze irrisorie, anche se spesso è questo il genere di aziende che si affaccia al listino. Ma il gigantismo delle Borse richiede delle regole particolari per questi emittenti.

Fidis

Sorpresa, e anche un po’ di irritazione. Sono i sentimenti che si raccolgono tra le banche italiane sulla vicenda Fidis, e che hanno provocato il passo indietro dal tavolo della trattativa con la Fiat. La convinzione comune ai banchieri era che chi fosse stato il partner prescelto avrebbe avuto il controllo della società di credito al consumo. Sergio Marchionne, invece, li ha spiazzati: il socio bancario non avrà oltre il 50% mentre la gestione dovrà essere condivisa con il Lingotto. La questione ha una valenza industriale da non sottovalutare: forte dei nuovi modelli e con quote di mercato in ripresa, l’amministratore delegato della Fiat non intende rinunciare a uno strumento come la Fidis, che considera strategico. Anche al prezzo di apparire un po’ brusco nei confronti degli attuali propietari (il 51% di Fidis è oggi condiviso da Intesa, Sanpaolo, Capitalia e Unicredito, ma la Fiat ha un’opzione per acquistare il pacchetto che può esercitare entro il 2008 e che le consente di tenere il coltello per il manico). D’altra parte, anche questa prova di forza è il segno che il Lingotto ha svoltato.

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