Società

Riforma pensioni: via dal lavoro a 64 anni con taglio del 3%: la proposta del governo

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Novità in arrivo per la riforma delle pensioni. Dal 2023, a meno di interventi del governo, tornerebbe in vigore la Legge Fornero che prevede il pensionamento a 67 anni. Per questo obiettivo del governo è fissare un’età uniforme per tutti i lavoratori.

Andrebbe considerata l’ipotesi di convergere gradualmente, ma in tempi rapidi, verso una età uniforme per lavoratori in regime retributivo e lavoratori in regime contributivo puro”.

Queste le parole del presidente della Corte dei conti Guido Carlino parlando qualche giorno fa in un’audizione sul Documento di economia e finanza (Def) davanti alle Commissioni congiunte Bilancio di Camera e Senato.

Riforma pensioni, le ipotesi sul tavolo

La proposta a cui starebbe lavorando è quella di andar via dal lavoro da 64 anni con almeno 20 di contributi e una penalizzazione del 3% al massimo per ogni anno di anticipo. Ma sul tavolo di riforma pensioni ci sono anche le proposte dei sindacati. Qualche tempo fa Paolo Capone, Segretario Generale dell’Ugl aveva dichiarato:

“L’apertura del Governo alla previsione di meccanismi che incentivino la flessibilità in uscita dal mondo del lavoro va nella direzione auspicata dall`UGL, tuttavia non siamo favorevoli al ricalcolo interamente contributivo. Quota 102, attualmente in vigore, scadrà a fine anno e, in assenza di una riforma previdenziale, a partire dal 2023 tornerebbe in vigore la Legge Fornero che prevede il pensionamento a 67 anni … ci opponiamo fortemente ad un graduale ritorno della Legge Fornero e riteniamo che la soluzione migliore resti Quota 41, che prevede 41 anni di contributi a prescindere dall’età lavorativa. E’ fondamentale, dunque, tutelare i diritti acquisiti dei lavoratori, garantendo, al contempo, il turnover generazionale e l`ingresso dei giovani nel mondo del lavoro”.

Capone in sostanza sottolinea che In Italia da 10 anni si va in pensione a 67 anni di età, mentre in Europa la media solo ora raggiunge i 63 anni. Anche il presidente InpsPasquale Tridico ha messo nero su bianco poco tempo fa la sua proposta di riforma previdenziale, preparando una legge – che sarebbe sostenibile per le casse dello Stato, andando a costare 400 milioni all’anno invece dei 10 miliardi di quota 41 –  e che prevede di dare a chi va in pensione a 64 anni solo la parte contributiva dell’assegno maturata fino a quel momento, per poi pagare la quota retributiva totale della pensione una volta raggiunti i 67 anni, seguendo quanto stabilito dalla legge Fornero.

È un binomio che ripeto già da qualche anno. La flessibilità è possibile all’interno del modello contributivo. Io propongo un compromesso: si può anticipare l’uscita a 64 anni ottenendo solo la quota contributiva dell’assegno. Poi dai 67 anni si riceverebbe anche la parte retributiva. Credo che sia una soluzione accettabile anche per i sindacati. Ma credo anche che dovremmo imparare a maneggiare con cura l’informazione sulla sostenibilità dei sistemi previdenziali… La sostenibilità del nostro sistema – continua il presidente – è fortemente connessa al fatto che ci sono troppe poche persone che lavorano, soprattutto giovani. Da decenni siamo inchiodati a un numero: 23 milioni di lavoratori”.

Quota 102 ancora in vigore fino a fine anno

E’ bene ricordare che fino a fine anno è in vigore Quota 102, l’anticipo pensionistico introdotto dall’Esecutivo di Mario Draghi per sostituire Quota 100 e che dà il diritto alla pensione anticipata al raggiungimento, entro il 31 dicembre 2022, di un’età anagrafica di almeno 64 anni e di un’anzianità contributiva minima di 38 anni. I nuovi requisiti pensionistici devono essere maturati entro il 2022.

La prestazione non è cumulabile con altri redditi derivanti da lavoro dipendente o autonomo, a eccezione di quelli prodotti da attività autonoma occasionale, nel limite di 5mila euro lordi annui.

Sono invece redditi ininfluenti ai fini dell’incumulabilità con la pensione quota 102: le indennità per cariche pubbliche elettive; i redditi di impresa non connessi ad attività di lavoro; le partecipazioni agli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione senza apporto di lavoro; i compensi percepiti per l’esercizio della funzione sacerdotale; le indennità percepite per l’esercizio della funzione di giudice di pace; le indennità percepite dai giudici onorari aggregati per l’esercizio delle proprie funzioni o per l’esercizio della funzione di giudice tributario; l’indennità sostitutiva del preavviso; i redditi derivanti da attività socialmente utili svolte nell’ambito di programmi di reinserimento degli anziani; le indennità percepite per le trasferte e missioni fuori del territorio comunale; i rimborsi per spese di viaggio e di trasporto; le spese di alloggio.

Ai fini del diritto a Quota 102, è bene precisare che i periodi assicurativi coincidenti devono essere considerati una sola volta. Se ci sono periodi coincidenti, i contributi vanno contati una volta soltanto.

Il requisito contributivo – ossia i 38 anni di anzianità contributiva  può essere raggiunto in regime di cumulo, cioè sommando i versamenti accreditati in casse diverse, con esclusione della contribuzione accreditata presso le gestioni di previdenza dei liberi professionisti.