Società

Rifiuti elettronici: valgono più di quanto inquinano

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Roma – Altro che gioiellerie. Il 7,7% della produzione mondiale di oro (320 tonnellate) nel 2011 è finita dentro un computer, telefoni cellulari e apparecchiature elettroniche, oltre a 7.500 tonnellate di argento. Perciò l’immondizia elettronica fa gola, in barba ai rischi per la salute dei consumatori e delle popolazioni dei Paesi poveri che vivono nelle pattumiere tecnologiche globali.

Nel nostro Paese il sistema ufficiale di gestione della spazzatura elettronica sfiora un costo di 180 milioni di euro che, secondo stime, nel 2019 potrebbe superare i 700 milioni di euro. Il cosiddetto canale informale di smaltimento è invece costituito da operatori privati, prevalentemente intermediari, riciclatori, recuperatori di metalli e organizzazioni per il riutilizzo che raccolgono, trattano e smaltiscono almeno il 35% dei rifiuti elettronici: oltre 300 mila tonnellate.

Secondo uno studio di ReMedia, uno dei principali “sistemi collettivi” no profit per la gestione eco-sostenibile di tutte le tipologie di scarti elettronici, i Raee generati in Italia nel 2011 ammontano a circa 880mila tonnellate, pari a 14,6 chili per abitante, ma i “sistemi collettivi” ne hanno raccolti soltanto 4,3 chili per persona, pari al 37% dei flussi complessivi. Circa 5 chilogrammi per abitante vengono gestiti dal “canale informale” e altri 5 chili vanno a comporre il “disperso”. Come se 10 chili per italiano non seguissero il flusso ufficiale generando un grave danno a livello ambientale, economico e della salute dei cittadini.

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