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REPORT RISERVATO AI GESTORI: COME POSIZIONARSI IN AUTUNNO

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(WSI) – Se l’interrogativo dominante del mese di agosto era incentrato sulla possibile continuazione o meno del rally azionario, quello invece più gettonato degli ultimi giorni fa riferimenti al mancato verificarsi di andamenti correlati tra diversi mercati.

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Proviamo a sintetizzare le principali “anomalie” che vengono riscontrate:

– perché mai i tassi governativi (soprattutto in area Euro) scendono ed i corporate spread si assestano e non continuano a restringersi pur in un contesto di borse che nel frattempo sono salite;

– perché mai le principali materie prime (in modo particolare il petrolio) continuano a rimanere elevate anche se nel frattempo l’indice dei noli ha registrato un marcato calo (-30% circa nel solo mese di agosto).

L’interrogativo è diventato sempre più frequente fino a che lo stesso FT ha pubblicato un articolo dal titolo “Questions over strength of recovery” in cui è contenuta una rapida carrellata delle principali argomentazioni addotte:

– il mercato azionario sconta una ripresa a V mentre invece quello obbligazionario teme che il miglioramento segnalato da diversi indicatori sia temporaneo, essendo troppo legato ad incentivi statali;

– il mercato azionario è risalito in buona misura su ricoperture di posizioni speculative corte: non a caso tra i titoli con performance migliori nel listino Usa furano quelli (ad es. AIG, Fannie Mae, Freddie Mac, Citigroup) sui quali erano aumentate in modo rilevanti le posizioni corte;

– il mercato obbligazionario starebbe anticipando la stagionalità settembre-ottobre, storicamente sfavorevole al mercato azionario;

– il mercato dei corporate bond avrebbe già corso molto e pertanto gli investitori starebbero preferendo spostarsi nuovamente sui bond governativi;
l’elevata liquidità in circolazione in cerca di investimenti profittevoli sta portando paradossalmente in rialzo i prezzi sia dei bond sia del mercato azionario.

Questa rapida sintesi contenuta in modo più esteso nell’articolo citato recante diverse citazioni di trader e gestori, aiuta ad avere un quadro più articolato e completo di come gli operatori cercano di interpretare gli andamenti che essi stessi in aggregato producono.

Proviamo allora a fornire una ricostruzione del quadro attuale. Procediamo in questo modo:

1) innanzitutto una breve analisi delle informazioni dai fondamentali,
2) una rapida carrellata di come sono posizionati i gestori mondiali;
3) infine il tentativo di proiezione in avanti.

Indichiamo i singoli punti in modo che, chi non fosse interessato può andare direttamente al punto di maggior interesse. La parte macro e quella inerente il posizionamento degli operatori è descritta in corsivo.

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1) Quadro macro

Il quadro macro è indubbiamente migliorato, complici soprattutto gli effetti dei piani governativi implementati un pò in tutte le aree del mondo.
Cronologicamente è partita per prima la Cina con un piano da circa 600Mld$ approvato a novembre 2008 ed implementato già nel primo semestre con l’appoggio rilevante anche del fortissimo incremento dei prestiti delle banche domestiche. Le autorità cinesi però, nel corso dell’estate hanno progressivamente irrigidito i toni delle dichiarazioni e dei provvedimenti per evitare un surriscaldamento eccessivo degli investimenti, richiamando le banche al rispetto di requisiti patrimoniali più stringenti fino a porre in essere manovre per ridurre l’eccesso di capacità produttiva in alcuni settori chiave come quello dell’acciaio e del cemento.

La sintesi è stata l’emblematico linvito del premier Wen Jabao a non essere ciecamente ottimisti. L’effetto sulle borse locali (quelle cioè cui possono avere accesso solo gli investitori cinesi) è stato immediato: nel mese di agosto i listini sono scesi di circa il 25%. Inoltre dalla fine del 2008 e per tutto il primo semestre 2009 le autorità cinesi hanno deciso di porre in essere una corposa politica di incremento delle scorte di importanti materie prime, tra cui il petrolio ed il rame, approfittando dei prezzi da saldo che la crisi aveva prodotto. In questo senso spingono a pensare i dati relativi alle scorte sul solo mercato di Shangai che recentemente hanno evidenziato una ripresa della politica di riaccumulo, con le scorte di alluminio sul mercato di Shangai addirittura ai massimi storici.

Può sembrare paradossale che le stesse autorità governative promotrici del piano di stimolo, siano poi le stesse a gettare acqua sul fuoco per frenare gli effetti delle loro stesse manovre. In realtà i timori cinesi sono meglio comprensibili se si pensa che:

1) una parte della liquidità immessa nel sistema è verosimilmente stata investita in asset immobiliari e finanziari gonfiandoli in modo eccessivo rispetto alla reale domanda. Uno dei principali esponenti dell’agenzia di ricerca del paese (Development and Research Center) ha stimato che nei primi 5 mesi del 2009 circa 170Mld$ sono finiti sul mercato azionario. Le autorità cinesi pertanto stanno cercando probabilmente di contenere i rischi di una bolla;

2) il prossimo 1 ottobre saranno tenuti i festeggiamenti per il 60° anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese e probabilmente le autorità del paese cercano di contenere il rischio di brusche correzioni dei mercati. In altri termini, meglio prevenire che essere costretti ad intervenire proprio quando si accendono i riflettori mondiali in occasione della citata ricorrenza.

Gli Usa hanno approvato a febbraio il piano di supporto all’economia da 787Mld$. Il piano originariamente prevedeva pagamenti una tantum ai consumatori. In altri termini si lasciava ai consumatori libertà di scelta su come spendere i fondi ricevuti. Il risultato è stato un marcato aumento del tasso di risparmio. I consumatori Usa infatti, hanno preferito risparmiare quasi tutti i fondi ricevuti verosimilmente per far fronte all’enorme mole di debiti. Nel secondo semestre l’amministrazione Obama ha provato allora a cambiare strategia, decidendo di incentivare singole voci di spesa. 3 Mld$ del piano sono stati così dirottati verso il piano di rottamazione auto ed il successo è stato formidabile: in poche settimane i fondi sono andati esauriti.

E’ probabile che al rientro dalle vacanze il Congresso decida di rimodulare ulteriormente il piano: meno fondi concessi con discrezionalità sulla spesa e più incentivi specifici. Così ad esempio potrebbe accadere per il settore immobiliare. Al momento vi sono incentivi per l’acquisto della prima casa pari a 8000$ sotto forma di credito di imposta. L’importo potrebbe essere portato a 15.000$ estendendo i potenziali beneficiari anche agli acquirenti di seconda casa.

L’area Euro in parte si è agganciata al piano cinese. L’economia tedesca è quella che ne ha tratto maggior beneficio attraverso le esportazioni soprattutto di beni durevoli. L’elevato contenuto tecnologico di impianti e macchinari tedeschi rappresenta infatti un elemento di elevato vantaggio competitivo sui mercati asiatici. Nel secondo semestre potrebbero essere più evidenti gli effetti del piano tedesco da 80Mld€ approvato in due tranche tra la fine del 2008 e gli inizi del 2009.

In prospettiva emergono due opposti atteggiamenti da parte dei diversi paesi europei: chi (si veda il caso di Spagna e Francia) non è in periodo elettorale sta cominciando a far emergere l’intenzione di rialzo delle tasse. E’ quanto si sta discutendo in questi giorni in Spagna, in vista della definizione della manovra finanziaria d’autunno: le ipotesi contemplano un aumento dell’Irpef sui redditi più elevati oltre che un incremento dell’Iva.

Chi invece è prossime alle scadenze elettorali come nel caso tedesco (elezioni il prossimo 27 settembre) potrebbe invece indirizzarsi in senso opposto. In Germania ad esempio i 5Mld€ di dotazione del fondo per la rottamazione auto potrebbe esaurirsi nel giro di 15 giorni, con possibilità di proroga almeno parziale. Inoltre c’è chi ipotizza un taglio dell’Iva, annullando in parte o in toto l’incremento entrato in vigore ad inizio 2007.

Con riferimento al Giappone, la recente schiacciante vittoria dei democratici nelle elezioni per i rappresentanti della Camera Bassa, porterebbe a pensare (stando almeno alle intenzioni dichiarate in campagna elettorale) a manovre finalizzate al rilancio della domanda interna tra cui: circa 2500€ annui per ogni figlio, scuole superiori gratis, azzeramento pedaggi autostradali, meno tasse sulla benzina e per le piccole imprese, divieto di lavoro temporaneo nel settore manifatturiero.

In sintesi: i piani dei governi rimangono ancora indispensabili per supportare l’economia globale. Entro fine anno alcuni piani potrebbero essere rimodulati (caso Usa) per accelerarne l’efficacia, qualche altro potrebbe essere frenato nei suoi effetti eccessivi (caso Cina). Altri paesi infine (vedi Giappone e Germania) potrebbero implementarne altri nuovi.

2) Posizionamento gestori mondiali

Osservando i dati forniti dai sondaggi di alcune banche Usa (nel nostro caso abbiamo preso in esame quello di BofA-Merrill Lynch) su un campione ampio di gestori mondiali, si può osservare come i gestori non credessero nel recupero di marzo che li ha colti in contropiede. In quel momento infatti erano fortemente sottopesati di azionario. Il movimento al rialzo li ha pertanto costretti ad una ricorsa violenta nel secondo trimestre con effetti notevoli sulle performance dei mercati azionari. Nel secondo semestre e fino ad oggi le posizioni sono state completamente ribaltate al punto che ad agosto i gestori dichiaravano posizioni in sovrappeso di azionario ai massimi dall’ottobre del 2007.

Nel primo semestre è stato fatto molto “uso” dei corporate bond in portafoglio, verosimilmente perché lo scetticismo di fondo sull’effettiva efficacia dei piani governativi spingeva verso asset sì più rischiosi (come i corporate appunto) ma non ancora verso quelli a massimo grado di rischio (le azioni). Nel mese di agosto la continuazione del rally azionario ha poco alla volta convinto a spingersi più decisamente verso le azioni. Il ragionamento alla base potrebbe essere così sintetizzato: i corporate bond sono stati utili nel momento in cui la fiducia sul recupero del’encomia era ancora tiepida.

I dati consuntivi hanno certificato però una fase di stabilizzazione che agli occhi degli operatori è apparsa come un’imminente ripresa a V, ed allora meglio rivolgersi direttamente al più performante mercato azionario. Di conseguenza si è assistito ad una fase di arresto del forte restringimento degli spread corporate dei mesi scorsi.

Un breve flash sul fronte della politica monetaria: al momento la discussione riguarda solo il se, come e quando verranno poste in essere manovre di fuoriuscita dalle forti immissioni di liquidità ma sul fronte tassi di riferimento la percezione è che almeno nei prossimi 6/9 mesi le acque dovrebbero rimanere tranquille. Ed anche se vi fossero manovre di rialzo tassi si tratterebbe di qualche timida schermaglia, dal momento che il sistema finanziario ed economico necessita ancora del forte supporto delle banche centrali e dei governi. Piuttosto potrebbero emergere manovre innovative ulteriori per stimolare l’immissione della liquidità nel circuito del credito.

La banca centrale svedese (Riksbank) a luglio ha aperto le danze su questo fronte, chiedendo alle banche del paese una remunerazione per i depositi che le banche detengono presso la Riksbank (tasso negativo pari a -0,25%) per disincentivare la pratica di mantenimento di fondi presso l’istituto centrale. Si tratta di una pratica ancora molto diffusa invece in area Euro e negli Usa. I depositi overnight presso la Bce (attualmente remunerati allo 0,25%) che erano scesi verso i 15Mld€ a metà luglio, sono ritornati in media pari a circa 180Mld€ dopo la storica immissione di liquidità ad un anno (la prima nella storia della Bce) da oltre 400Mld€ a fine giugno. Con riferimento alla Fed, la riserva in eccesso rispetto a quella obbligatoria detenuta dalle banche presso la Fed a fine agosto era pari a circa 800Mld$, un valore molto elevato se si pensa che tale variabile era pari a circa 2Mld$ prima del fallimento di Lehman.

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3) e quindi…?

Facendo un po’ una sintesi delle indicazioni fornite in precedenza su quadro macro e posizionamento degli operatori si arriva alle seguenti conclusioni:

– i programmi governativi e delle banche centrali hanno prodotto un effetto stabilizzatore dando l’impressione di un’imminente ripresa veloce dell’economia;

– gli operatori inizialmente scettici hanno seguito i segnali di miglioramento prima rivolgendosi al mercato dei corporate bond e poi spostandosi sulle più rischiose azioni, fino a presentare ad agosto un sovrappeso di azionario ai massimi da circa 2 anni;

– nel frattempo la liquidità parcheggiata presso le banche centrali, in particolare Fed e Bce, rimane su livelli molto elevati;

Una volta ricostruito lo status quo proviamo a spingerci ad immaginare il futuro prossimo venturo.

Uno sguardo rapido alla storia:

il bimestre settembre-ottobre presenta una stagionalità storicamente sfavorevole al mercato azionario mentre invece il terzo trimestre è tipicamente più favorevole ai bond. Le ragioni di questo andamento piuttosto frequente risiedono nel fatto che i gestori tendono ad essere più propensi al rischio nella prima parte dell’anno quando un eventuale errore di posizionamento di portafoglio può essere ancora corretto in tempo. Inoltre diverse banche Usa hanno un bilancio fiscale terminante a novembre. Pertanto eventuali operazioni di presa di profitto sugli asset più rischiosi vengono effettuati proprio nei due mesi prima della chiusura.

A favore dei bond governativi nel terzo trimestre giocano da un lato la citata minore propensione al rischio ed anche la consueta minore pressione dal lato dell’offerta. Quest’anno i tassi governativi stanno seguendo un percorso in linea con gli ultimi anni: fase di rialzo nel primo semestre (soprattutto secondo trimestre) con picco a giugno e successiva fase di discesa nella seconda parte dell’anno. Il tutto si è verificato malgrado un miglioramento notevole della percezione del quadro macro e soprattutto nonostante il contestuale recupero del mercato azionario. Il mondo corporate invece ad agosto, come già segnalato, ha segnato una battuta di arresto in termini di spread. Ad inizio commento abbiamo segnalato le principali spiegazioni addotte a questo fenomeno.

L’impressione è che gli operatori cerchino da un lato di approfittare del forte rally azionario e dal’altro di bilanciare il rischio con i più sicuri bond governativi. Tutto ciò che sta nel mezzo (i corporate bond appunto) veine temporaneamente trascurato, senza arrivare per ora a vere e proprie vendite nette dal momento che la percezione sullo stato di salute dell’economia sta comunque migliorando.

I mesi di settembre ed ottobre si presentano al momento come quelli in cui maggiormente si colloca la possibilità di eventuali prese di profitto sul mercato azionario, anche in considerazione della forte pressione esercitata dalle autorità cinesi per scongiurare a tutti i costi un rischio bolla, cercando di pilotare il calo dei listini azionari interni ed indirettamente influenzando in parte anche quelli internazionali.

Sullo sfondo per fine anno occorre tenere in considerazione la possibilità di ulteriori piani di supporto alla crescita o la rimodulazione di quelli attuali, contribuendo pertanto a mantenere un clima in cui la percezione di miglioramento del quadro potrebbe prevalere. I rischi maggiori al momento sembrano collocarsi piuttosto verso la metà del prossimo anno quando verrà il momento cruciale per banche centrali e governi, ossia decidere se e come rientrare dai piani implementati cercando di evitare mosse affrettate pena una ricaduta, ed allo stesso tempo evitare spinte inflattive generate dall’enorme mole di liquidità.

In ogni caso sul fronte tassi governativi nel corso del primo semestre del prossimo anno e forse già a partire da fine 2009, potrebbero cominciare ad aumentare le spinte al rialzo soprattutto sulla parte a lungo termine. Se infatti le manovre continueranno ad avere effetto, allora aumenteranno le aspettative di inflazione. Se viceversa il clima dovesse diventare meno ottimista aumenterebbe l’aspettativa di ulteriori corposi piani governativi alimentati da ulteriori corpose emissioni, tenendo anche in questo caso sotto pressione il comparto (alias nuovamente tassi al rialzo).

Inoltre non va trascurato il rischio che le aspettative di inflazione (e quindi l’andamento dei tassi a lungo termine governativi) vengano ancora guidate non tanto da considerazione inerenti la domanda, quanto piuttosto dalla variabile energetica, dove rimane ancora elevata l’influenza della componente finanziaria, che potrebbe temporaneamente essere limitata laddove la commissione Usa sui mercati delle commodity dovesse adottare provvedimenti volti a contenere le posizioni speculative.

Il tema dell’andamento dei tassi di mercato sarà ancora molto importante per i governi dei principali paesi che verosimilmente dovranno ancora sostenere per diversi mesi l’economia a fronte di un sensibile incremento della spesa pubblica e quindi delle emissioni.

Le prime indicazioni in questa direzione le avremo dopo l’esito delle elezioni tedesche del 27 settembre, quando il nuovo governo sarà probabilmente chiamato ad implementare un secondo round di manovre con eventuali ripercussioni in termini di politiche di emissioni in ottica 2010.

Infine un breve riferimento al tema andamento dicotomico tra indice dei noli ed andamento delle materie prime. Il calo dei noli testimonia il fatto che globalmente il commercio mondiale si sta contraendo. Il rialzo delle materie prime a ben vedere si concentra su quelle più rappresentative per ogni comparto. Questo è il caso del petrolio per gli energetici, il rame per gli industriali, lo zucchero per le c.d. soft e l’oro per i preziosi.

Si tratta probabilmente del riflesso di una crescente presenza della componente finanziaria sui mercati delle commodity, in particolare dei c.d. index funds (soprattutto fondi pensione, fondi sovrani ed Etf, questi ultimi acquistati da tutti i principli gestori mondiali) il cui obiettivo è quello di replicare indici di commodity per beneficiare dell’eventuale rialzo in chiave di performance di portafoglio, difesa dal rischio inflazione (soprattutto fondi pensione) e dal rischio deprezzamento dollaro (soprattutto fondi sovrani).

I “replicanti” tendono pertanto ad acquistare solo le commodity principali. La conseguenza è evidente in alcuni casi come quello del gas naturale in forte calo malgrado il rialzo del gregggio, o ancora se si osserva la netta sottoperformance dell’alluminio rispetto al rame.

In estrema sintesi la dicotomia tra le indicazioni del Baltic Dry Index (prezzo noli navi) e andamento materie prime potrebbe avere come spiegazione il maggior peso della componente finanziaria come fulcro dell’andamento dei prezzi nel mercato delle materie prime rispetto alla percezione dello stato della domanda.

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*Questo documento e’ stato preparato da Antonio Cesarano, Head of Market Strategy di MPS Capital Services ed e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori qualificati, così come definiti nell’art. 31 del Regolamento Consob n° 11522 del 1° luglio 1998 e successive modifiche ed integrazioni. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.