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Rendite finanziarie: il governo studia una tassazione unica al 20%

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ROMA – L’ ipotesi è sul tavolo che fu di Quintino Sella da anni. Ci hanno pensato Visco, Padoa-Schioppa, l’ha accarezzata lo stesso Tremonti, ma al dunque si è sempre rimandato. In questo caso avrebbe potuto essere una delle misure utili a finanziare, nei prossimi mesi, la riforma fiscale. Le ultime indiscrezioni dicono invece che l’armonizzazione delle rendite finanziarie potrebbe essere varata immediatamente con il decreto-manovra da quaranta miliardi di euro. Se si escludono i titoli di Stato (per i quali dovrebbe rimanere la tassazione in vigore), un’aliquota unica al 18-20% su tutti i prodotti finanziari (esclusi i titoli di Stato) vale circa 1,5 miliardi di euro. Si tratta in buona sostanza di uniformare due imposte: quella al 12,5% su interessi, dividendi e plusvalenze con quella – oggi al 27% – su depositi bancari, conti correnti e certificati.

Al Tesoro il lavoro sulla manovra triennale 2012-2014 procede a pieno ritmo. Giulio Tremonti è determinato a portare il provvedimento in Consiglio dei ministri martedì prossimo. A meno di colpi di scena, oggi illustrerà i contenuti della manovra a deputati e senatori della maggioranza. I mal di pancia non si contano, come sempre accade quando si ha a che fare coi sacrifici.

Ministri e sottosegretari protestano per le previsioni di tagli a ministeri ed enti, alle auto blu e per l’accorpamento di enti inutili. Sindacati e opposizione dicono no ad interventi sulle pensioni. Sul tavolo c’è un pacchetto corposo di misure: dall’anticipo al 2013 (invece del 2015) del meccanismo che aggancerà l’età alle aspettative di vita all’aumento da 60 a 65 anni dell’addio dal lavoro delle donne dipendenti del settore privato. Un’altra ipotesi è quella di anticipare di un anno (dal 2013 al 2012) l’entrata in vigore di «quota 97» per l’accesso alla pensione di anzianità a 60 anni. Si tratta dell’obbligo di avere almeno (per i dipendenti privati) 37 anni o (nel caso degli autonomi) 38 anni di contributi. «Un’idea del tutto recessiva», dice la leader Cgil Susanna Camusso. Raffaele Bonanni chiede prima «corposi tagli ai costi della politica».

I Comuni temono minori trasferimenti per almeno tre miliardi, le Regioni sono sulle barricate per le voci di tagli (dal 2013) della spesa sanitaria per cinque. «Non possiamo essere informati dai giornali», lamenta il presidente della conferenza Vasco Errani annunciando la cancellazione della consueta riunione Stato-Regioni. Se non bastasse, i governatori attendono notizie sui 500 milioni necessari a rifinanziare l’esenzione dai ticket sulla diagnostica e sul miliardo promesso lo scorso Natale per azzerare i tagli di quest’anno al trasporto pubblico locale. La risposta del Tesoro – sebbene indiretta – è eloquente: ieri il dipartimento delle Finanze ha confermato per Campania, Calabria e Molise l’aumento delle addizionali Irap (in misura dello 0,15%) e Irpef (0,3%) per via del mancato rientro dal deficit sanitario dell’anno scorso. Insomma, per dirla con le parole di Tremonti nel Paese è partita la gara a «taglia l’altro».

Chi per il momento resta in silenzio è il premier, da ieri a Bruxelles per il vertice che incoronerà Mario Draghi a governatore della Banca centrale europea. Molte voci lo danno pronto a dare battaglia a Bruxelles per ottenere un allentamento del termine ultimo per il pareggio di bilancio (previsto per il 2014) al 2016, e così annacquare la stangata. In realtà Berlusconi è perfettamente consapevole che, visti i chiari di luna sui mercati, non otterrà nulla. Di più: l’ipotesi di mettersi di traverso sulla manovra gli creerebbe più grane di quelle che gli risolverebbe accontentare la maggioranza che sbuffa. L’unico no deciso di Berlusconi oggi non è alla manovra, ma ad una delle voci utili a finanziare la riforma fiscale: l’aumento dell’Iva. Parlando all’assemblea di Confcommercio – contrarissima all’ipotesi – il suo fidato ministro Paolo Romani si è voltato verso il presidente Carlo Sangalli con fare rassicurante: «Carluccio, su questo potete stare tranquilli».

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Fisco, Tremonti punta all’aumento dell’aliquota sulle rendite finanziarie.

Il Tesoro studia una tassazione unica intorno al 18-20 per cento. Esclusi i titoli di Stato. Intanto il governo si divide sul rincaro dell’Iva

di ROBERTO PETRINI

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ROMA – Debutta nel menù del governo la “mina” dell’aumento della tassazione delle rendite finanziarie. Secondo indiscrezioni circolate ieri, sul tavolo del ministero del Tesoro ci sarebbe una prima ipotesi di lavoro sul tema delle imposte sui prodotti finanziari che oggi sottostanno ad un regime che va dal 12,5 per cento (Bot, Cct, obbligazioni sopra i 18 mesi) al 27 per cento (depositi e conti correnti, certificati di deposito, obbligazioni sotto i 18 mesi).

Il ministro dell’Economia Tremonti non aveva escluso l’ipotesi (disse il 12 giugno scorso a Lavico Terme che non era disposto a tassare il risparmio delle famiglie ma che si poteva fare un “ragionamento”). La Lega sembra favorevole, mentre in passato An sponsorizzò una misura volta a portare la nostra tassazione a livello europeo. L’ipotesi di lavoro prevederebbe una aliquota unica, ma escluderebbe i titoli di Stato.

Secondo quanto si apprende, potrebbe entrare tra le misure la determinazione di una aliquota tra il 18 e il 20 per cento: potrebbe fruttare 1,5 miliardi l’anno. Nell’attività di monitoraggio dei tecnici potrebbe confluire anche la revisione della tassazione dei capital gain (azioni, future, swaps): oggi hanno una imposta sostitutiva al 12,5 per cento con la sola eccezione della cessione delle partecipazioni qualificate che entrano nell’Irpef per il 40 per cento.

Mentre si ragiona di rendite finanziarie l’esecutivo si divide sul rincaro dell’Iva. E’ stato il fedelissimo di Berlusconi, Paolo Romani, a rassicurare la platea
della Confcommercio. “Non è assolutamente intenzione del governo – ha detto il ministro per lo Sviluppo economico – costruire la riforma fiscale su un incremento dell’Iva. Sarebbe uno strumento che frena la crescita mentre serve un forte stimolo alla domanda interna”. “Sull’Iva state tranquilli”, ha aggiunto Romani.

Una affermazione in contrasto con quanto annunciato da Tremonti 1 dieci giorni fa a Santa Margherita Ligure di fronte ai giovani di Confindustria: “L’innalzamento delle aliquote Iva – aveva detto il ministro dell’Economia – è una questione che dobbiamo studiare”.

Si allarga così, dal Pd alla Cgil alle associazioni dei commercianti il fronte del “no” al rincaro dell’Iva, mentre il leader della Cisl Bonanni ribadisce e precisa: “Fingono di non capire. Siamo d’accordo se l’Iva viene aumentata sui beni di lusso”. Ma la Confcommercio risponde con le cifre e valuta che un eventuale aumento dell’Iva possa generare una contrazione del Pil dello 0,6 e dei consumi dell’1 per cento. E insiste sul malessere fiscale: “Bisogna ascoltare e capire chi non paga le tasse perché non ce la fa”, ha detto il presidente Carlo Sangalli.

In movimento il fronte delle pensioni. La mossa allo studio del governo di anticipare al 2013 2 il percorso di innalzamento dell’età pensionabile di anzianità e vecchiaia divide le parti sociali. “Siamo alle solite si tenta di fare cassa con il Welfare”, ha detto la leader della Cgil Camusso. Mentre per la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, “la stretta sull’età dà credibilità alla manovra”.

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