Società

Regioni: tanti sprechi al posto di misure anti disoccupazione

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ROMA – C’è la Toscana che ha investito 13.760 euro di fondi pubblici in un “corso professionalizzante di caffetteria estrema”. C’è l’Emilia Romagna che ha speso 39,5 milioni per formare parrucchieri, acconciatori e hair stylist. La prossima volta che qualche politico localesi lamenta dei tagli ai trasferimenti alle amministrazioni locali, occorrerà ricordargli pure che l’Umbria, regione solitamente virtuosa, ha speso 104 mila euro in due corsi per “esperto nella gestione del cicloturismo”, tenuti però da un ente convenzionato con l’Associazione italiana psicologi. O cha le Valle d’Aosta ha destinato 4.457 euro a uno studio sul “bulbo olfattivo adulto dei roditori”.

Sono solo alcuni degli esempi tra i migliaia di canali che gli enti locali si sono inventati per buttare via i soldi pubblici. Quelli del Fse, il Fondo sociale europeo che nei 7 anni tra 2007 e 2013 assegna loro la considerevole cifra di 15,32 miliardi di euro (metà di provenienza europea e metà nazionale) da usare principalmente per combattere la disoccupazione e l’esclusione sociale. In realtà, con quei soldi, le regioni italiane hanno fatto e continuato a fare di tutto e di più. E. ciliegina sulla torta, non riescono neppure a spenderli interamente.

Nelle ultime settimane il tema ha guadagnato la ribalta del dibattito politico, con il Ministro della Coesione territoriale Fabrizio Barca che ha pubblicato online tutti i capitoli di spesa sul sito www.opencoesione.it. Mentre Matteo Renzi, candidato alle primarie del Pd, ne ha fatto l’archetipo della lotta agli sprechi e, contemporaneamente, di come si potrebbero trovare facilmente altre risorse da investire nella crescita.

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