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Rame: per gli analisti “è il nuovo petrolio”. Prezzi ai massimi storici, ma non è finita

Continua senza sosta la corsa delle commodity. Ieri è stata una giornata da incorniciare per il rame, che ha toccato i massimo storico a 11 mila dollari,  mentre i fondi scommettono sulla prossima scarsità delle forniture e cercano di coprirsi dall’inflazione. Da inizio anno le quotazioni hanno segnato un aumento del 30%.

Materie prime: quotazioni sempre più calde

Il rally del rame ha contribuito a sollevare i prezzi di altri metalli industriali, dall’alluminio allo zinco. Ma quella di ieri è stata una seduta da ricordare anche per l’oro, che ha rivisto il precedente record a 2.450 dollari l’oncia e l’argento (ampiamente utilizzato nell’industria dei pannelli solari), che ha sfondato i 30 dollari l’oncia troy per la prima volta in un decennio.

Il 13% dei gestori di fondi globali intervistati da Bank of America ha sovrappesato le materie prime a maggio, la percentuale più alta dall’aprile dello scorso anno. Secondo il sondaggio, negli ultimi tre mesi si è registrato il maggiore aumento dell’allocazione alle materie prime dall’agosto 2020.

“Il rame è il nuovo petrolio”

Ma che cosa si nasconde dietro il rally del arme?  Precisiamo subito: il rame è stato a lungo un importante indicatore industriale, grazie ai suoi vasti impieghi, che spaziano dall’industria manifatturiera all’elettronica. Ma negli ultimi anni l’avvento dell’intelligenza artificiale, l’esplosione dei data center e la rivoluzione dell’energia verde, oltre allo sviluppo di nuove armi, ha rimesso in moto l’interesse verso questa commodity.

Secondo Jeff Currie, chief strategy officer di Energy Pathways presso Carlyle, il rame sta diventando una materia prima sempre più indispensabile, come lo era il petrolio nei decenni scorsi

“Il rame è il nuovo petrolio”, ha dichiarato martedì a Bloomberg TV, sottolineando che anche le sue conversazioni con i trader rafforzano il suo ottimismo. “È l’operazione più convincente che abbia mai visto”.

Ma i miliardi di dollari che si riversano sull’intelligenza artificiale e sulle energie rinnovabili sono una parte relativamente nuova delle prospettive del rame, ha osservato Currie, riconoscendo di aver fatto una previsione simile nel 2021 quando era analista presso Goldman Sachs.

“Sono fiducioso che questa sia la volta buona e credo che vedremo un maggiore slancio”, ha spiegato l’espero, suggerendo che questa volta ci sono tre fonti di domanda – l’intelligenza artificiale, l’energia verde e il settore militare – invece della sola energia verde di tre anni fa.

E mentre la domanda è elevata, l’offerta rimane limitata, poiché la messa in funzione di nuove miniere di rame può richiedere dai 12 ai 26 anni, ha sottolineato Currie. Questo dovrebbe far salire i prezzi a 15.000 dollari per tonnellata. A un certo punto, il prezzo diventerà così alto da creare una “distruzione della domanda”, ovvero gli acquirenti si rifiuteranno di pagare così tanto.