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Private banking, perché le criptovalute sono adatte ai clienti private

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Le criptovalute? Sono un affare da clienti private. “Spesso questi clienti sono portati da private banker, cui la loro rete non fornisce accesso alle criptovalute. Lavoriamo con reti non monomandatarie e con consulenti finanziari indipendenti, che sono più liberi e aperti”. Così Ferdinando Ametrano, cofondatore e ceo della fintech italiana CheckSig e professore di bitcoin e blockchain technology presso l’Università Milano-Bicocca.

Che ai microfoni di “Wall Street Italia”, ha spiegato: “Le criptovalute sono state un’asset class molto remunerativa nell’ultimo decennio e quinquennio, ovviamente a fronte di rischi di volatilità proporzionatamente alti. È una questione di domanda: gli investitori più maturi vogliono inserire le criptovalute in un’asset allocation diversificata. Infatti, sebbene siano ancora viste come investimenti speculativi, potranno affermarsi come beni rifugio in caso di turbolenze, specialmente i bitcoin”. Fermo restando che bisogna “investire una percentuale di capitale di cui si può sopportare la perdita o l’indisponibilità” e sapere ciò che si fa. “Quando si investe, bisogna prima capire correttamente in cosa si investe”, precisa il ceo di CheckSig.

“Oggi l’investimento in criptovalute non è adatto a tutti”, ha aggiunto Michele Mandelli, managing partner di CheckSig. “Occorre un preciso profilo di rischio-rendimento, un elevato livello di educazione finanziaria (e/o il supporto di un consulente qualificato), un orizzonte temporale di medio/lungo periodo. Da questa forte convinzione siamo partiti per costruire un range di servizi pensato da una parte per gli operatori professionali (investitori istituzionali, banche private, piattaforme di scambio), dall’altra per singoli investitori, come HNWI o clienti private, disposti a effettuare un investimento minimo di 20.000 euro in criptovalute”.

Rischi e opportunità delle criptovalute

Il maggior rischio delle criptovalute è la speculazione. “C’è la possibilità che siano viste come un gioco d’azzardo associato al desiderio di arricchirsi facilmente, rischio comune a tutti gli investimenti”, avverte Ametrano. Ma è un rischio che a suo avviso si può disinnescare con l’educazione finanziaria e un regolatore che liberi il campo dai ciarlatani senza stroncare l’innovazione. Un primo segnale positivo è l’approvazione del regolamento europeo MiCA (Markets in Crypto-Assets), che è un primo segnale di miglioramento sulla scia di quanto successo in Usa, dove la consapevolezza sulle criptovalute è molto avanzata.

Vi sono poi rischi legati a volatilità e incertezza. “Quando scoppiò la bolla delle dot.com, Amazon aveva perso oltre il 94% del suo valore, ma nel tempo è emerso il suo valore reale in modo chiaro. Lo stesso sta accadendo alle criptovalute: il tempo ci dirà quali sono solide. Le criptovalute sono rischiose ma remunerative con un orizzonte temporale di medio lungo periodo; l’importante è che siano pesate nell’allocazione di portafoglio coerentemente con l’appetito per il rischio. È come salire sulle montagne russe: c’è chi sale e fa 5 giri di seguito e chi è meglio non salga proprio”. Ma “il Bitcoin è qui per restare”, come ha detto Rick Rieder, cio del fixed income di  BlackRock.

Infine, abbiamo il rischio e l’opportunità di uno scenario macroeconomico e storico di svolta. “L’ultimo decennio ha evidenziato la fatica della modelli tradizionali centralizzati di controllo della moneta: tassi negativi prima, adesso inflazione fuori controllo. Le soluzioni genuinamente decentralizzate non sono solo una provocazione ma anche un’opportunità storica, che potrà progressivamente concretizzarsi nelle valutazioni di mercato”, dice il cofondatore di CheckSig.

A livello operativo, per quanto concerne le criptovalute su cui puntare, Ametrano suggerisce: “Chi è stato alla finestra finora dovrebbe partire dal bitcoin per significatività di mercato e affidabilità tecnologica. Essendo il bitcoin trasferibile ma non duplicabile, e quindi scarso, come l’oro, può essere definito oro digitale. Subito dopo direi Ether. Le altre criptovalute hanno una valenza speculativa, per cui non si vedono per ora progetti con una maturità sufficiente da scommettere che saranno in piedi tra cinque anni”.

Chi è CheckSig

Nata nel 2019 come spin-off del think tank Digital Gold Institute, CheckSig è una fintech italiana che offre soluzioni bitcoin e cripto per investitori privati e istituzionali, con la missione di rendere semplice e sicuro l’accesso a questa nuova asset class di investimento. CheckSig è in grado di offrire a questi target di investitori un ecosistema sicuro, affidabile e trasparente, in quanto è unico custodian bitcoin al mondo a dare prova di riserva pubblica e unica realtà cripto in Italia ad avere coperture assicurative per la custodia degli asset investiti (Satec, società del Gruppo Generali) ed audit esterni e  indipendenti sulla qualità dei controlli di sistema e organizzativi (Deloitte). Nel dettaglio, CheckSig offre agli investitori privati i seguenti servizi:

  • Compravendita e best execution: il cliente dispone l’ordine e CheckSig lo esegue, individuando la piattaforma con il prezzo migliore;
  • Conti di custodia: i crypto-asset sono conservati in uno spazio sicuro, usando il protocollo di custodia più robusto al mondo;
  • Reportistica fiscale: i clienti sono guidati nella raccolta di informazioni e documenti ai fini della dichiarazione dei redditi;
  • Educazione finanziaria: corsi e lezioni per comprendere appieno l’universo delle criptovalute.

I servizi di CheckSig per gli investitori istituzionali sono

  • Accesso ai mercati: tramite brokerage desk specializzato o infrastruttura tecnologica;
  • Custodia professionale: i fondi custoditi costituiscono un patrimonio segregato e, unicum in Italia, assicurato;
  • Consulenza: accesso ai migliori esperti in ambito tecnologico, legale e di consulenza strategica;
  • Soluzioni B2B2C: i servizi sono offerti agli intermediari finanziari, che a loro volta li propongono ai propri clienti utilizzando il loro brand.

CheckSig ieri ha annunciato l’apertura di un aumento di capitale, al fine di crescere in Europa e a livello internazionale, oltre che di far conoscere i suoi servizi. Il round è aperto a fondi di private equity e soprattutto di venture capital. “Abbiamo un fabbisogno di 3 milioni per il 2023 e altrettanto nel 2024. Puntiamo a raccogliere 3 milioni con l’aumento di capitale e di chiuderlo entro fine anno”, ha concluso Ametrano.